1. In
un'estrema solitudine scava buche, tenta tane.
2. Le
storie deragliano, vanno pei fatti loro, quindi
oramai, lascia andare.
3. Al
riparo. Da cosa. L'ha dimenticato, ammesso l'abbia mai
saputo. L'ansia del topo o il rettile
che cova nell'amigdala. Intorno gatti fantasma.
4. In
un'estrema solitudine molti buchi a volte, non li
cura. A volte è la cosa migliore. Si mangia e si lava,
c'è tutto. Sciacqua i
giorni.
5.
Finirà. La lagna delle voci. Costa fatica rispondere
oggi. Pesano le labbra. Non ha urli. Discorsi.
Pensieri. E' molto
impegnato a respirare.
6.
Quanti miliardi di persone stanno facendo l'amore? O
morendo. Triliardi di larve si stanno agitando anche ora attorno.
Sicuro. Un brulichio
continuo che neanche vede. Salva una cimice, verde brillante, caduta,
chissà
come, a pancia sotto.
7. In
un'estrema solitudine ha bisogno di acqua, aria e
d'energia. Il corpo si ribella, ha ragione. A camminare si calma.
8. Se ne
sono andati quasi tutti. Sono venuti in tanti. Un
casino di pezzi di ricambio. Un casino, ha smesso di seguirlo. Sospira. I tubi si logorano. Stupidi.
Stupidamente ha bisogno di sole, come le piante.
9.
Frullano tortore, buffo. C'è abituato, in qualunque posto
prima o dopo c'è sempre un vortice di piume frecciate. Potrebbe
significare
qualcosa. Non ha alcun senso invece ma ugualmente gli piace. Avesse
senso
sarebbe un bel senso. Oggi così, basta.
10. In
un'estrema solitudine abbassa la testa. Cammina,
sotto c'è terra scura, grassa. S'attacca l'odore di gas
esuberanti, semi. Li
beccano i merli, abbassando la testa.
11. Proietta film
sugli altri, quelli proiettano su di lui. Zoomate di dettagli, diversi.
A
grattare resta lo schermo bianco. Per fortuna.
12. Un vecchio si
arrabbia, perché le cose non funzionano, incluso il suo corpo.
Lo capisce,
gli succede uguale ma non s'arrabbia.
Facesse quello che vuole, il corpo. Anche la rabbia. Lui è
sparito. Gli resta
un vibrato di sangue. La lacca, sbavata dagli operai.
13. In un'estrema
solitudine c'è una festa, cibo riscaldato, bevute annacquate.
Trillano in
molti, trova una sedia. La buona notizia è che il festeggiato
è fallito, ma non
si può dire. Si rifiuta di
ammetterlo.
14. Pezzi, di carta e
metallo. Plastica, i tempi, di rilascio e degrado. E’ abbastanza
ridicolo e
triste insieme, una volta si usavano conchiglie, si fa finta di
mettersi
d’accordo. Ne ha un poco, di denaro, averne troppo o niente non va
bene. La
felicità dell’equilibrio è mantenerlo, a riuscirci. Nel dolore.
15. Affanni,
continuano a presentarsi. Per fissazione, ci si fissa. Lui si fissa,
testardo.
Un amico musico cambia ritmo, spartito. Suona altro. Come vengono, gli
affanni
se ne vanno.
16. In un’estrema
solitudine lo splendore, chi può dirlo, a chi. Non c’è
davvero nessuno adesso.
Neanche dopo, si figura,
sparite le orecchie, le corde, i velopenduli
o meno. Spariti anche alla vista. Le parole sono palloncini
d’aria, si sgonfiano da sole,
un soffio, avvolge,
o libera
la bestia acquietata, poverella.
17. Prepara il
pane, qui. E’ semplice, ci vuole
solo cura. Ne ha sempre avuta, col pane. L’aveva suo zio, gliel’ha
passata.
Passare la cura è un’arte. Cancellare un’altra. Non servono a molto ma
splendono lo stesso. Piove. Saranno felici
le rane, probabilmente.
Tutto questo pane, al caldo con la crosta rugosa, come suo zio. Lo
regala.
Mensa dei poveri, in aumento. La ressa accalcata che bracca – se
stessa. Mai si
trova.
18. Piove. Sorride,
con il mondo, è il mondo, tutto, un mare d’acqua è, la
fine replica
l’inizio. Tutto va splendidamente
bene, l’ha sempre saputo ora. Si appanna un
chiaroscuro, limpido, pulisce. In un’estrema solitudine, il
balzo, oltre.
Compiuto.
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