I. Nuvola
e ancora
sento che non c’è direzione
nemmeno un seme che il pugno getta nel terreno
ha l’incertezza l’imbroglio del non saper dove andare
cadere
sì, cadere inutilmente, senza un
progetto
a lungo termine, qualcosa di chiaro, illuminato.
non
è così, io lo so che son caduta
embrione
e poi bambinastella con le braccine tonde
e già grumi di pianto dentro agli occhi
e
nostalgia del tempo che non era ancora
tempo, ma una favola nuova, una nuvola in testa
e poi dentro la pancia di mia madre
e poi e
poi bisognava cacciarla via,
farla
scoppiare prima che fosse pioggia e temporale,
quella
nuvola che poi sono diventata
II. La mosca
C’erano
i resti d’un pasto mai finito
un piatto sopra una tavola,
una sedia rovesciata,
qualcuno
che la pietà del cielo
aveva sgomberato
da una stanza senza pareti
una vita
senza stanze e adesso
un’altra vita, molesta, sudicia,
testarda, si nutriva dei suoi avanzi;
una
mosca che lo seguiva,
che aveva abitato le sue maniche
unte, le sue mani gialle di nicotina,
ora fiutava come un cane la sua
assenza,
si cibava di
lui, banchettava,
cinica e
ingorda, dentro il suo ricordo
III. Polvere e vento
e dimmi: quanto di questa polvere,
del vento
che la scuote e la trascina via,
quanto io
sono polvere,
quanto sono
quel vento
che mi fa
tremare, allontanarmi,
disperdermi
dentro l’aria gelida
che ingoia
il paesaggio, le cose,
le case, la
fretta inutile delle strade,
le storie
dentro le stanze,
i gemiti i
silenzi le parole
che vanno
via, si scompongono
mentre la
bocca le pronuncia;
quanto io
sono il vento che cancella,
la polvere
che s’alza
come se
avesse vita propria
e poi
rimane, s’adagia sulla terra,
arresa,
stanca, invisibile quasi.
quanto sono
polvere e vento.