Avessi
avessi
qualche
radice
qualche piccola radice
abbarbicata all'anima,
che si nutra del mio sangue,
io della sua linfa,
perchè io continui a vivere
anche oltre me stessa
(voci
che si
incontrano, mani,
non l'alfabeto muto del silenzio)
a volte
certi
semi bucano il cemento
e buttano macchioline di colore,
inaspettate. qui non accade
Canzoni
La torre s'è riempita di
muschio
fiori mitili
conchiglie.
Con le gambe
conficcate nella terra
e il capo
sporto nell'azzurro
(solleva
spesso le braccia
ad
acchiappare rondini e gabbiani)
un po'
sirena un po' capricorno,
nelle
ore del sonno,
quando quasi
tutto dorme,
recita
poesie. O canta.
Canzoni che
solo lei conosce.
Canzoni
d'una vita altra ,
d'un luogo
che non è
se non nella
sua mente.
Canta
d'essere torre
sirena
capricorno,
ragazza con
braccia d'aria
labbra
d'inverno e primavera.
Fiabe
d'aprile
I
dentro
la bocca ci sono cappelli
castelli
piccoli serpentelli
quasi sempre
addormentati
dentro la
bocca stanno le scale
della torre
regina ch'è chiusa
(forse
socchiusa)
le
mani le mani sono legate
intorno
tutto è franato
la piccola
donna di terra
si
sgretola e polvere
povera
dentro il castello
c'è
un vecchio lupo cieco
sonnolento
II
non sono
mai tornata.
sono rimasta in quel tempo
che il tempo gelosamente porta via.
flash suoni immagini migrano
nelle galassie della memoria
proiettano sui muri le ombre
di quello che è trascorso.
la nave è passata roboante sul fiume
e ne rimane l’eco vaga reiterante
che muore sul mio corpo di trent’anni.
III
la bambina muta apre la bocca
e,
premendosi al centro della pancia,
muove le
labbra e ne fa uscir parole.
là
nel cortile, da una finestra spalancata,
una musica
si tuffa a carezzarla,
la bambina
le manda baci con le mani
e infila una
parola dietro l’altra
per farne
una canzone
Doppio sogno
La casa ha due lati:
uno dove soffia inverno
e s'aggrumano grigi pensieri
e non c'è che farsi antichi e rassegnati.
L'altro
dove un vento di culla
buono e fresco di lontani paesi
un po' sognati e, forse, veri,
mi riporta un profumo di bambina.
E io
veleggio tra una sponda e l'altra,
con le mani a pugno (in una mano
il nulla e le sue strade scure ,
nel'altra castagnole colorate
che vanno in
alto
a illuminare
il cielo
Dovrei
svegliarmi
dovrei svegliarmi, invece
dormo ancora
mentre la
primavera ha fatto il nido nell’autunno.
potrei stare
qui, obbedire al bisogno,
tenere
chiusa la finestra,
con un
battito di ciglia salutare il giorno
e continuare
il sonno che mi dà riposo
ed è
così vicino – basta star qui, come
una foglia
sul selciato - così vicino
a tutte le
anteprime di morte che ho vissuto.
Famiglie
Dall’alto
mia madre gestisce le maree,
è madreluna, madre che io non sono stata,
io che m’ingravido di nuvole
e mi rovescio sopra il mondo
mi
disfaccio in pioggia in pianto
sono fiume senz’alveo
che s’infogna si perde trascina con sé
memorie intatte, e il tempo ch’è franato.
Indisturbata, quasi dea, da
trent’anni
mia figlia
sta sopra la credenza
mi guarda
assente imperturbabile,
marmellata
di fragole e lamponi.
Gli
alberi
Soltanto
gli alberi cantano nel silenzio
e l'erba che mi cresce in bocca culla
il mio sonno antico.
Vivo dentro una storia senza
personaggi.
E' un vuoto
un tempo azzurro, un tempo
in cui le
voci muovevano altri fili.
Grazie d'esser
venuta
E la
morte non avrà dominio.
Nudi i morti saranno una sola cosa
coll'uomo nel vento e la luna d'occidente [...]
Dylan Thomas
Grazie d'esser
venuta,
con un
sorriso stanco, sofferente.
Babbo, non
più duce, una cosa dolente
tra tubicini
e palpiti, quasi lontano,
quasi
pronto, anche se qualcosa,
a te e a me
che stavo lì a guardarti
perduto
ormai, leone massacrato,
qualcosa ci
schiacciava entrambi,
le parole
erano fiato breve, voglia
di pianto,
adesso che di tutto
venivi
assolto.
Le parole I
Io non
le comando, sono autonome
le lacrime, escono da sole, scivolano
lungo il viso senza miracoli.
Qualcuno piange, piange perchè
qualcun altro sta viaggiando nelle tenebre
e non ha lampade nè uno scialle
per coprirgli le spalle,
e qualcuno piange perchè nelle tenebre
ci sta dentro - un pozzo fondo
senz'acqua, buio senza stelle -
e le parole stanno fuori, lontane,
irraggiungibili, le parole degli altri,
che possono salvare.
Le
parole II
Stanno in qualche parte del mio
corpo
(là,
in quella valle sotto il collo?)
e dormono,
chiuse nel loro recinto silenzioso
confuse
abbandonate come in una casa vuota
e si
consumano
come si
consumano le ossa
come gli
occhi perdono la luce
come la
gabbia che mi contiene
la voce che
si perde
Stai scivolando via dalla tua vita
La bocca
è la colpevole:.
ingrassa di silenzio e sputa chiodi
Da vivi si va a fondo.
La casa era una nave, un corridoio lungo
(attenta
al parapetto, alle onde grosse,
hanno portato tutti via)
e falle d'acqua: così da vivi si va a fondo.
(mancavano
il fiato tiepido,
mani come fiori, mancava dire:
stringiamoci forte come una famiglia)
Attenta ai cocci che tagliano la
fune,
attenta alla
dismisura dell'assenza,
al vuoto che
ti beve ogni momento,
stai
scivolando via dalla tua vita.
Ti aspettavo
io l’aspettavo, ti aspettavo
nell’urlo
bianco dell’alba e dell’inverno,
un brusio
fitto prima,
poi una
litania che cresceva come una marea.
aspettavo
nel sangue
che
scivolava via dalle pareti del mio corpo
e macchiava
le pareti del tempo.
aspettavo e
aspetto.
ferma decisa
con un’ansia terrigna
la bocca
spalancata per comunione,
per
lasciarti entrare anche attraverso i denti
la lingua il
respiro
Viola
E' questo peso che mi porto, di
tutta l'infelicità inespressa,
i desideri
rimasti a lievitare, espandersi, prossimi ad esplodere.
Le labbra
strette, chiuse finchè non s'apriranno in un grande sbadiglio
o in un urlo
smisurato. Sono gravida di parole non espulse.
Il seme del
silenzio ha fecondato il mio ventre, i baci che la mia bocca riceve
sono baci di nuvole, di strade silenziose, la mia pelle
conosce
soltanto le mie mani.
Il bisturi
che mi ha scavato il seno non ha portato via soltanto muscoli
e carne e
sangue. Sono rimasta a morire lentamente
in quel
letto d'ospedale. E mando in giro la mia replicante muta.