Dicono
troppo e
nulla
di tutto
voraci
e di niente
affamati
mentre
mettono in
fila
rumori e
parole e
ragionamenti
e
incontinenti
finzioni
il
catalogo del
mondo
insomma
tra
l’antipasto e
il dolce
per
divorarlo.
Parlano
a caso i
parlanti
stanziali
di
geografie logiche
come a
caso volano
le mosche
che gli
spazi normano
del vuoto smisurato percorrendo.
Nell’angolo
destro
dove i
giochi delle
latitudini e delle longitudini
varchi
aprono e neri
passaggi
nelle
sintassi e
nelle grammatiche
dei
ricordi
e
rimbalzi di trasalimenti
nel
pianeta degli
sconti e dei saldi
e delle
assoluzioni
un ragno
antico
vive bene
nel
silenzio
dove tutto è pesante
al punto
giusto
e
attento ascolta i
soffi
delle
parole
incolori
come
incolore è
l’ovvio
che
affoga il mondo.
E non
c’è
intelligenza né tecnica
che tenga
per
evitare
inconsistenze e smottamenti
di parole
e aborti
e gelate
invernali
e treni
notturni
che viaggiano
nel
nulla
e
aggettivi acidi
come il caglio
e verbi
intransitivi come rovi
come
solo può esserlo
un cuore in inverno
e non
c’è
intelligenza o tecnica
o gioco
del pari e
dispari
sulle
tabelle delle
assonanze
per darsi una ragione
e un
canto e una
disperazione
e una
dispersione o
semplicemente
il
coraggio di un
mestiere di ragno
che ancora e ancora
dia un
colore ai
sensi della specie.
Sola
resta la
pazienza
di
aspettare che al
vento delle stelle
si
asciughi il
dolore del mondo
così giovane
dopotutto e così morto.
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