Perché
scrivere fa
male
è
un tizzone sulla
lingua
che fra
canti e
litanie
acque
lustrali e
nuvole d’incenso
ti fa
invocare
e
maledire ad una
una
le sante
del
calendario
mentre
negli occhi
ad ogni santa
l’immagine
di un
corpo si accompagna
corpi
fatti di
carne e pensieri osceni
di
carezze profonde
e graffi sulla pelle
a
profanare il
sacro che s’incontra ogni giorno
il
mistero delle
grotte e delle curve
e degli
antri della
vita
quando
fra i solchi
dei sensi dove è forte
l’energia
dei sessi
che rigurgita dannata
ti
ritrovi a
chiederti se è dio a parlare
fra le
tue labbra
fatte secche dal desiderio
il dio
dei non
morti
il dio
di quelli
che hanno usato il tempo
per
vedere se
questo mondo può essere diverso
e si
ritrovano ad
essere essi stessi dio
un dio
dalle teste
in due parti
che sono
divise e
non sanno che l’altra
è
fatta di parole e
ombre e grumi densi
come le
more sui
rovi
o dolore
e amore
che nemico e a volte amico
è
come un ponte
sotto il
quale
l’acqua della vita si specchia
s’intorbida
e torna
chiara
la
parola allora
la
parola è condanna
dell’umana specie
per
ricchezze e
povertà che sia
come se
fosse il
destino fatto solo di dolore
di segni
potenti e
inefficaci
che
l’inferno che
immagini
quando
la notte è
fonda e non c’è luna
è
nulla se guardi all’inferno
d’ogni giorno
dove
alle parole
care alle sante del calendario
l’ombra
si
accompagna della materia
che urla
di dolori
e gioie e godimenti
che
è inutile
nomare
come
scrivere su un
morto morto
e
sull’acqua acqua
e ogni
volta
accorgersi che non ci sono morti
uguali e
uguali
acque
e donne
uguali e
uguali sante
perché
ogni giorno
è diverso dall’altro
e mai
parola è
uguale all’altra uguale
in
questa enorme
tragedia del sogno
che
è scrivere
e
parlare e
ascoltarsi
come se
il silenzio
di questa vita
fosse
percorso da
scie di fuoco e sangue
e graffi
nel cielo
e il
terremoto e la
nascita dei misteri
fossero
ogni volta
rimandati
come la
felicità
che
fugge via non
appena la guardi
mentre
tu sei fermo
sul ponte ad urlare
quasi
avessi
stuzzicadenti negli occhi
e pietre
rotolanti
di fiume nella bocca
e poi
alla fine sì
ma alla fine
ti
limiti a
soffiare
a
soffiare fin che
puoi
in
attesa che prima
o poi la specie riesca
senza
nomarlo
a
intuire che
l’altro è nelle carezze
che ti
regala senza
chiederti permesso
nelle
parole che ti
tagliano e potano il cuore
facendo
scempio di
ricordi
morsi e
rimorsi
questa
è la
speranza
credimi
questa
la sfida
delle genti
che per
il momento
non sanno fare altro
che massacrarsi
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