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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Anna Maria Farabbi

   
Il segno della femmina


Il segno della femmina

I

Cosa portargli se non quattro elementi per cena
e l’animale rosso che batte
sangue
dentro le mie costole.
Aprirò il pane con un solo taglio
di lingua.
Il suo petto
con la mia nudità regale.

Offrirò gli anelli
della mia spina dorsale
i miei diecimila anni per terra. Quello che vuole:
entrare:

un lunghissimo viaggio preistorico
dentro la mia aorta
meraviglia.  

II  

Che cosa racconti non so
le parole

se non in bocca quando mangiano il mio rosso tenerissimo
capezzolo
la rotondità il respiro il ritmo.
Mi dispiace non capisco

l’alfabeto le cose non so
capire. Non ho il peso
né la testa.

Sono in amore: comanda leggerezza
cuore e pancia
la resurrezione allegrissima
del mio inguine.
Ronzio estivo e frizione dei globuli nel sangue:
l’accoglienza concava tra le mie cosce
mi allarga.
Mi rende non semplice ma elementare.

Gioco nel tuo bosco: l’ascella.
Mi trasformo in arte. Piena di grazia:
Ave.
Silenzio e grazie
per la tua lingua in bocca che mi attraversa
per il tuo portarmi in cielo con le mani.
Al sole.
Fare abbondanza felicissima:
qui ora
in tutta  la nostra terra.  

III 

Com’è il tempo

la mia saliva calda piove
con leggerezza minuta lentamente:
sbriciola le tue pietre l’io
i nomi le facce le date scende
crolla tenerezze
riempe i pozzi segreti della tua fronte.
Le rughe offese.

Sei nudo perché faccio estate l’intimità
che ho voluto vedere.
Baciarti rospo e principe:
la mia stregoneria.

Lecco il sole che brucia dentro il tuo orecchio.
Il tuo equilibrio nel labirinto.
Le correnti dei fiati.
La lunghissima curva camminata con un dito
mi porta alla nuca. Ti stordisco. Segno
il silenzio primordiale
nelle profondità tremende del tuo ombelico.

La mia lingua cade tutta tua
per il piacere.
Qui cielo terra mare. L’apertura. Il divenire

del linguaggio:
tu l’ultimo abitante del creato
che entra esce viene
mi rende il corpo felicità intera.
Sperma e miele.  

IV 

Quando i miei amori benedicevano la natura

tra le mie cosce.
La calda tenerezza della mia coppa
con cui brindare all’avvento
della meraviglia:

la loro lingua pesciolina in silenzio 
lì.
 

IL GIOCO NELL’ORTO
TRA LA MIA BOCCA
E L’UNICA CILIEGIA DI MAGGIO
 

Cos’è questo zucchero intero
che non conosco non vedo
che ogni volta non conosco

Lo sento lo voglio
re
e l’incorono dentro


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