VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Elio Grasso

   
E' forte come un sogno
Perché abbattersi sotto una corriera
E per sempre le fitte
A chi andrà l'ultima orazione
E cos'altro tradiva il paese
A bordo del traghetto la vita
Cosa trattiene la forza nelle ferite
Il gelo qui non fa scricchiolare i passi
L'udito è tutto in questa fitta
Non è più una marcia il lavoro
Ci sono debiti lungo il corso
Benché si debba togliere l'aratro
E come varcare la porta dei debitori
Abbiamo come rovescio del mare
A volte si trovano sull'altra sponda
Ricordo un lampo
S'infuriano come creditori a un passo
Colpevoli, e forse consueti
Si adorava più dei cani
Forse non esiste più il legno
I fogli stretti alla forza
E per rimedio l'aria di Lerici
Che si prenda il debitore
La ruggine ha un'alba minima
Con i loro spruzzi hanno tolto
Una via di paese
 

E' forte come un sogno

E' forte come un sogno
questa notte irreparabile
questo femmineo disgregarsi
di voci portate all'umido domicilio
delle gallerie.
Dove la neve tocca, dove c'è neve
per lo sguardo ipocrita
uno sbaglio passerebbe per lampo
geniale. E' la caduta
del sostegno a rischiarare
offese come argille
e fango.

Perché abbattersi sotto una corriera

Perché abbattersi sotto una corriera
o incrociare il dondolio
del drogato dei treni,
perché agitare ancora le braccia
nel camminare distanti?
Ombre di varie ore, volute
come richiamo appena ventenne
ma già tolte dalla corrente
alla stazione.
L'amore troppo grande resta
come una bella preghiera
proprio lì dove niente rilascerà
la vita al suo grazie.

E per sempre le fitte

E per sempre le fitte
selve di Natale
confondono i presagi di strada,
tornano all'inizio con decisione
fendendo l'ultimo corpo dondolante
alla stazione della sopraelevata.
Alle Calate gli esanimi
continuano a contare i pellegrini
a ispezionare le partenze.
C'è accoglienza e lacrime sparse
ma anche tonfi sulle rotaie.
Ancora escono pensando di ritrovarsi
dopo la mezzanotte.
Per sempre.

A chi andrà l'ultima orazione

A chi andrà l'ultima orazione
vicino agli steli fortissimi del roseto?
Chi poserà le mani
sulle maniglie del treno per quel nome
di casa gridato sulle isole?
Dopo una sfida all'incrocio
qualcuno prende posto
volta le svolte
fiuta ogni bevuta
di vino. E pioverà
addosso al giusto cuore dell'anno.

E cos'altro tradiva il paese

E cos'altro tradiva il paese,
l'acqua perduta nel turbine della neve
le bombe nel fondo degli sguardi
senza verità -
soltanto le strisce verdi sul video
confermano l'esistenza del cielo.
La zona franca dell'anno finisce quest'anno.
Una morsa nel fiotto di sangue, una rotta
scaduta per colpa della temperatura.
E cos'altro c'è, senza febbre?

A bordo del traghetto la vita

A bordo del traghetto la vita
s'intravede come attraverso una vetrata.
E sarà un incontro
sul rovescio della memoria
un incontro al casellario della stazione.
La mescola delle rotte avvolge
come sorte folgorante
un'isola di scogli dove sbattere
prima dell'attracco.
In questo quartiere ritagliano
i ritratti dei dispersi
e piegano le nuche a riscattare
un altro scoppio sotto i piedi dei figli.
Poi l'intera terra è un mare interrato.

Cosa trattiene la forza nelle ferite

Cosa trattiene la forza nelle ferite
quale occhio macchiato per ogni scheggia
di rosa e di argilla da terrapieno?
Corrompono la festa
calcolando la rotta e il mare
gli scogli distinti e la ghiaia
che resiste ai passi.
E' appena arrivato un cielo
irresponsabile, un deposito celeste
per casa al guardiano dissennatamente
esatto.

Il gelo qui non fa scricchiolare i passi

Il gelo qui non fa scricchiolare i passi
di quel testimone a bassa voce -
cattura la tenerezza nascosta
nelle corde, nelle prolunghe che trattengono
tutte le navi. Scende
appena sotto la riva ma vorrebbe scavare
parallelo ai fiumi.
E' la sua inesorabile attesa
a scoprire la disgrazia dei palazzi
come per benedire il mezzo vento
la fulgida riuscita delle nuvole.

L'udito è tutto in questa fitta

L'udito è tutto in questa fitta
assoluzione generale, sentendo addosso
il pieno vivere dei rami piegati,
nel piegarsi dell'ultima notte
prima di avere un colore lilla
per il nostro bisbiglio.

Non è più una marcia il lavoro

Non è più una marcia il lavoro
delle gambe verso il sopramonte,
e nemmeno alimenta fumo questo grezzo
doppio inverno che porta al vivaio
marino dei pesci-angelo.
Ma c'è una strada per i cani
macchiati di tradimento, di silenzio?

Ci sono debiti lungo il corso

Ci sono debiti lungo il corso
raffreddato di levante
- e nessuno che prenda per mano
la stagione fino al fondo rosso
come questo sangue unito a chiazze,
al sale marino finito sulla strada.
Ci sono mille mari da prosciugare
mille frenetici corvi dentro la prossima
fuga.

Benché si debba togliere l'aratro

Benché si debba togliere l'aratro
dai solchi e le parole
restino poche e indolenti,
da qualche mese si destreggiano
per l'assunzione,
perché la macchina del secolo rotoli
sotto le mura.
Non tutti vogliono vedere dritto
al cuore del nostro inverno, scoprire
chi è caduto in mezzo ai campi.
Per ora il peso della terra corre
in alto.

E come varcare la porta dei debitori

E come varcare la porta dei debitori
senza sgretolare i fregi
come trincerarsi senza scavi dalla fiumana
di gallerie che arrivano al mare
dai monti.
Vorrei inciampare ancora nelle rotaie
davanti casa, ancora una volta se la morte
è un altro fronte.
Una lisca senza muscoli, un'illusione di forza
senza dimenticare la risata
e la generazione dell'acqua.

Abbiamo come rovescio del mare

Abbiamo come rovescio del mare
una menzogna prolungata.
La nave sul fondo è un tatuaggio
della costa che se ne va.
Per arrivare a sabato una stagione
basterà
- una sponda da folgorare
dopo la cenere sparsa
con gioia.
Abbiamo questa tenerezza di ferro
che spinge furba, ruota l'asse terrestre.

A volte si trovano sull'altra sponda

A volte si trovano sull'altra sponda
tenendo il respiro,
questi atleti del salto varcano
le reti del ponte monumentale.
Oggi non hanno più nemici
fra le molte luci e l'anno svelto
a continuare.

Ricordo un lampo

Ricordo un lampo
fino a pochi centimetri dal mare,
dalle crune nascoste sotto
i vestiti meritevoli e pagati.
Un agguato teso, facce spalancate
nel suono della piazza come un accordo
sulle ferraglie, rosse
oltre le vetrate della prua.
Quest'altra nave oltrepassa i Conservatori
del mare.

S'infuriano come creditori a un passo

S'infuriano come creditori a un passo
dall'infanzia, restano nel venerdì
della morte dei padri
sfiorando le crepe
nei muri e i tatuaggi
dei colpevoli infastiditi e pensosi.
Mantieni la rotta, ondeggia
ma cura il motore, restituisci
le mani al loro timone.
Era l'orizzonte dei circuiti
a volerci fragili nel male,
consueti al rimedio come concubine.
Era un fregio insolente, assurdo, ora
in disuso.

Colpevoli, e forse consueti

Colpevoli, e forse consueti
fino all'ultima desinenza di Dio.
Ma senza quel nome
che hanno rischiato sul molo -
flussi e riflussi tra palafitte
a bilanciare i detriti che scendono
dall'anfiteatro.

Si adorava più dei cani

Si adorava più dei cani
sciolti fra i Magazzini
il millennio delle villeggiature,
come ritrovo sulle sponde
una cadenza ruvida di suoni bassi
fra lampioni e container.
Gli angeli avevano una beata marcia
accalorandosi di bourbon e rincorse
fin lì dirette.

Forse non esiste più il legno

Forse non esiste più il legno
ma tutta la pietra nel rame
dorato di Castello.
Nell'ora aperta del secolo il midollo
è alcolico e spinge le gambe
incontro alla fame ultima
dell'evaso.
Cosa facciamo di un'improvvisa
offesa strisciata fino a qui,
al grido di veglia?  

I fogli stretti alla forza

I fogli stretti alla forza
conservatrice del mare. Colpisce
al fianco questo grezzo canto
che svolta
- alle sette di sera
un doppio bagno, una punta di grazia
lasciata stare
sciolta per l'esistenza.

E per rimedio l'aria di Lerici

E per rimedio l'aria di Lerici
impazzita nella sua laguna
insulare, travolta
da quel tratto di terra sparito.
Come insolito odore di gente
accampata, presaga
del lievito dell'anno arrivato
ai tendini.

Che si prenda il debitore

Che si prenda il debitore
su queste terre
andando veloci dalla città alla stoffa
del mare,
che ritorni fregio sul terreno
delle macerie sepolte.
Tra questo conservare i biglietti
e l'unione dei sassi
si rompa l'esilio del marinaio
per rimediare al male.

La ruggine ha un'alba minima

La ruggine ha un'alba minima
fra le rotaie di Granarolo.
Anche i cani indossano corrosioni
sulle alture, ai Caduti senza croce.
E' la contrazione della sete
a prolungare le curve in salita.

Con i loro spruzzi hanno tolto

Con i loro spruzzi hanno tolto
la rete delle polveri
alla piazza,
hanno sferzato il sepolcro volando via
imbevuti di neve e silice.
Prendo il loro amore come un'aria
sottile
scegliendo le piste dalla ghiaia
al finimondo.
Con questo ritorno all'irreparabile
e lungo il confine della Torre,
una mezza riva conosce il passo
l'altra mezza rivuole indietro
il volo.

Una via di paese

Una via di paese
ai sensi usati dal cielo sempre chiaro
- perché Genova rotoli su se stessa
potente sotto le gambe dei ladri
amica dei consigli di pace.
Le cartilagini frullano
dalle Mura fino alle grate porose di Banchi,
hanno tutta la forte pressione del peso
che respira dentro i toraci.
Ossa leggere per i debitori, per chi
ha ancora troppa sete.
 

Che sia un'ora dilatata pochi lo sanno, ma ci sono molti angeli accampati verso Castelletto - con le borracce semivuote e le poche briciole di pane rimaste, forse disturbano la gente, premono l'aria sui tetti dalla spianata a porta Siberia.
Fuori dal cuore resta l'ultimo secolo, sarà facile voltarsi con spalle leggere, chiudere gli occhi e aspettare che volino via.


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