VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Paolo Scarfoglio

   
Amsterdam
Autunno
Gioventù nel Sud
Alberi a Posillipo
Golfo di Policastro
Inverno
Invito
Notti d’inverno
Parigi
Shopping


Amsterdam

So che temi
la trebbia del dolore
che macera illusioni,
come fienagioni d’assenzio.
L’acqua gialleggia
nei canali vistosi
che scorrono
a scavare
le asfissie dell’angoscia
che tengono ancora,
le nostre mani intrecciate,
sotto la peste grigia
di questo cielo,
che s’ottunde a Nord,
senza il brillio
d’una stella,
senza lo sciupar
d’un tramonto.

Autunno

Sui tetti divelti
d’ocra scura,
i terrazzi,
e in autunno le case,
ammalano,
di terra bagnata
e di caverne
infittite di muschi
e l’aria s’addensa
di miche e di fumi.

Insieme
guardiamo nel cielo
il fosco teatro
che lento consuma
le meteore d’estate

Cade la stessa livrea,
sul tuo viso lontano,
ammainato,
sul tuo pallido sogno,
cui t’abbandoni,
solitaria,
come vergine impura.

Gioventù nel Sud

Fu solo nel dolore
che ritornai,
alla dolce allegria,
ai pianti sospesi
in un alito di cuore,
di quando giovane
subivo il peso,
misericordioso,
dell’avvenire mio
ch’era conforto
al mio perdermi
per  strade
desolate ed assolate
e il gusto perbene
della miseria
m’accompagnava
come un cane allegro
per non scoprire
l’olezzo putrescente
delle disperanti estati
della città morta
d’assassinii e di fame;

Mediterranea,
oziosa nutrice,
percorrevo le tue strade,
mi lasciavo abbacinare
dal selciato rovente
e non vedevo,
e non vedevo
la rovina,
alla fine della strada.

Alberi a Posillipo

Alberi,
avvitati al cielo,
s’affiocano di verde
sui palazzi gialli,
di rose liberty.
S’abbruna ,
in mezzo ad essi,
l’olmo accartocciato,
a sporgersi sul mare,
come un esule.

Nel cielo,
muto di grigio,
lontani mantici,
nuvole di mercurio
s’affabulano,
nella loro lingua
 di vapori.

Strapparmi
a queste parole,
a questi miasmi,
come un suono,
tracciato a caso
fra le stelle.

Golfo di Policastro

Ed io, stravolto,
in faccia,
a questo arido mare
che intenerisce
d’increspature tremanti,
faccio a meno di tutto:
di questo spaventoso
sole d’autunno,
che squarcia
gli anfratti segreti
dei graniti,
di quest’aria,
di cristallo solvente,
della imperiosa collina
che s’affatica
a costruire geodi
d’alabastro grigio.

Faccio a meno
della vita
che riduco in parole,
come fossero semi,
che lascio cadere
sul  selciato del porto,
accanto ai miei passi,
come fossero inizi
d’altre parole,
come piante
d’altro linguaggio,
come atomi
d’un’altra vita
che ora potesse
germogliare,
come un’isola
di lava bruciante,
da questo mare,
da questo granito,
da questa cimante collina.

Inverno

Neve,
molecole bianche
di memoria,
hanno ridestato
gli inverni,
ove s’acciambellava
la mia scuola
quando giochi e passioni
erano già dispersi
nel delirio del giorno.

Rimaneva alla sera
l’aria invasata,
dalla mesta giornata,
dal maestro leggero
che ci  scioglieva
in un gesto,
la gioia all’uscita.

Muto deserto,
a volte s’accodava,
alla fine del giorno,
come un singhiozzo
come un guado,
quando tornavo
alla scuola,
senz’altro tremore
che l’abbandono
del gualcito quaderno
o della penna malva,
volto a ritrovar
le preziose schegge,
lasciate a morire
per una notte.

Solo m’avviavo
al viale
nella fosca assenza
di colore
dell’inverno inoltrato,
foglie ingiallite
maldestramente calciavo
e mi smarrivo
allo svanire
della casa lontana,
ma mai m’accorsi
del gelo,
sui sampietrini intrisi.

A volte una campana
m’assiepava il cervello
col  suono severo.
A volte il Luna Park,
misterico pronao
dell’assenza,
m’accoglieva
nel suo sonno di luci
A volte,
la pioggia
m’avvolgeva
nella sua scure
di liquida ombra.
Rade luci,
affiocate dal vespro,
limitavano la strada,
che s’infittiva,
di rami striminziti,
dal carico del gelo.

Come una foglia
scendevo,
giù per il viale,
ondeggiando,
alle sottili calure
dell’aria
e perdevo per strada
altre schegge,
di carne, di reni
di  fegato, di  cuore
che la pioggia,
pietosamente m’occultava,
nel suo velo di madre.

Invito

Stringiti a me,
che è lieve
il grigio spolverarsi
dei cieli
su queste case
di Amsterdam,
scacchiere clorate,
terre maculate,
disperse,
lungo i canali,
evanescenti faglie,
ove dimorano
i riflessi tremanti
del giorno
e delle nostre vite.

Stringiti a me,
ci specchieremo,
come un ricordo,
che sbiadisce,
al calar
della luce cinerina.

Notti d’inverno

Questo giorno d’inverno
s’attarda la sera
a morire,
seminando la luce,
come grani in autunno,
aggrappandosi al cielo,
che già s’addensa
dei suoi bistri notturni
d’antimonio.

Come arbusto malato,
mi nutro
di quei germi,
dissipati nell’aria,
vaccino ai veleni,
della notte che attendo.

Parigi

Dicemmo
in questa stanza,
ricordi a Parigi?
Dopo dieci anni
ricordi i marciapiedi
cristalli
dei nostri passi,
per la pioggia,
laghi,
di frammentarie luci.
Ricordi
le nuvole arcane,
in primavera sospese,
lungo una linea,
a tendere  il filo
alle nostre parole.
Ricordi le foto
in uno specchio?

Ora il fondaco
del cielo
stramazza di bianco
sopra l’Arc de Triomphe;
il cielo
ci regala una tregua.

Dieci lunghi anni,
senza parole,
senza pagine,
immersi,
come attinie,
nel nostro mare
di silenziosi “tu”.

Ricordi a Parigi?

Shopping

Bruna,
la giovinetta,
dal miserevole antro
di detersivi e vari,
mi sorrise
in un dialetto
di farsa;
una brace bianca
eternamente accesa,
truccata a dovere,
come per chissà cosa,
nel suo abito nero,
di povera eleganza,
mi rivolse lo sguardo
e  sussurrò
“Desidera?”

Te avrei voluto!
la tua vita
semplice e intatta,
i tuoi ozi
d’innumerevoli giorni,
le tue chiacchiere inutili
e sedermi un poco,
a fianco a te,
a contemplare il mondo


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