VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Documenti


Ainsi parla Mafarka-El-Bar
di Glauco Viazzi
1978

   
E' certo di qualche utilità, datto che ribalta uno stereotipo vulgato, cogliere in flagrante reato di consapevolezza, dominio degli strumenti operativi, controllo estremo, insomma, del proprio modo di comporre, un autore che invece tanto volentieri, e con irruenza tanta, si proclamava fautore del dionisiaco, ostile alla lggica, avverso alla ragione, slegato, affatto anomalo, con continui, insistiti appelli all'intuizione, all'ispirazione, facendo suoi tutti i possibili elogi dell'invasamento e della follia ('stultitiae laus', proprio); e che tanto vi insisteva, da finire con l'essere, com'era
del resto prevedibile, e inevitabile, creduto.

Ora, per certo il Marinetti era effettivamente, ed attivamente, sprezzante dei limiti consuetudinari, insofferente dei vincoli, spregiatore delle norme ricevute, e trasgressore delle catalogazioni acquisite, quindi violentemente scatenato, perturbatore della quiete e irriverente, fiero sostenitore anzitutto, di contro alla logica delle constatazioni ed alla ragione dei ricalchi, dei diritti della fantasia e dei privilegi dell'invenzione. Senonché, ecco che viceversa di una sua non indifferente self-consciousness, e di un suo assai determinato senso dell'elaborare e costruire, non si peritava di dare notizia anche diretta, inequivoca e precisa, e magari subito, ad apertura di pagina, tanto per non, sí da non, lasciar sussistere equivoci. Indirizzando, 1910, Mafarka le futuriste ai «Grands poètes incendiaires! 0 mes frères futuristes! », difatti, precisava che il suo « roman africain » era « Comme notre âme à nous », « polyphonique »; tosto specificando: « C'est à la fois un chant lyrique, une épopée, un roman d'aventures et un drame ».
Non poteva, in prima istanza, dir meglio. « Polyphonique », difatti, chiarisce la composizione strutturale del testo, rimandando tanto a quel tematismo plurimo di tipo wagneriano che molta parte ebbe nelle teorie, e nelle pratiche, del simbolismo, quanto alle poetiche instrumentiste del Ghil - e invero con Mafarka le futuriste davvero intreccia, il Marinetti, alterna, interseca, sequenze di narrato proclamato enunciato cantato e gridato, delineando, tracciando ed articolando, con dosato ricalco, alcuni leit-motifs, netti, scanditi con timbro differente ed intensità mutevole; e li svolge e dipana su piani segnici diversi, ma lavorando d'interconnessione, dall’uno all'altro trascorrendo di continuo, cosí componendo una fitta rete e mobile di significanti-significati assai variabili, e variati, mossa da giunture di derivazione e da snodi a collegare intersezioni e sovrapposizioni (senza però, da réthoricien esperto, darlo a parere; tanto che ne risulta, alla fine una omogeneità densa e compatta: quella, calibrata, dei ben costrutti organismi, o delle ben funzionanti macchine, allorché par che il vitale prorompente della naturalità ed il metodico inesorabile dell'artificialità facciano tutt'uno, nella­ complessione dell'opera scritta, come suscitatori e trasmettitori dell’ energia - e in questi casi, anticamente, si diceva Letteratura, si diceva Poesia; Capolavoro, anche).
Ed è davvero in concreto, cioè nella sua concretezza testuale, grazie alla sua effettiva mess'in opera dei codici dichiarati (e gerarchizzati, e finalizzati), che Mafarka le futuriste risulta fatto di «chant lyrique», per la gran copia di materiali emozionali che reca, fissati in effusioni ed extroversioni fonoverbali ed iconologiche; svolge l'« épopée » di un eroe, in termini di dismisura, esorbitanza e frenesia, tracciando un 'percorso' (esplicitamente Mafarka è proclamato ulisside, «navigateur entre tous les navigateurs») lungo il quale si alternano vittorie e sconfitte, esaltazioni e crolli ,trionfi e disfatte, e che si chiude, e conchiude, epicamente, in morte e distruzione; procede, attraverso i colpi di scena, i capovolgimenti di situazione, gli scatti e scarti narrativi, le incessanti azioni (scontro, inseguimento, offesa, vendetta, iato, rivincita), del « roman d'aventures »; e inscena un « drame » a contrapposizioni frontali, dalle quali vengono le lacerazioni di una perdita e di un distacco, di una rinuncia, di una partenza, e di una fondazione ne' domini dell'utopie. Fatto certo non nuovo, un mististilismo siffatto, nella biografia intellettuale del Marinetti, se già La Conquête des Etoiles era un « poème épique » con forti implicazioni esoterici rilevanti complicazioni narratologiche nell'affabulazione romanzesca, e La Momie sanglante un «poème dramatique » fondato sulla premessa di una « légende créé par l'auteur », tutto tenuto sui congiunti piani dell'allucinazione psicotica e dell’evocazione magica di tra presenza ed assenza, e Le Roi Bombance una «tragédie satyrique » che di continuo si spostava dal visionario al concreto e dal lirico all'ideologico, rinviando, tramite una serie di metaconnessioni, dal fantastico al politico. E in un certo qual modo son parecchi, se non proprio molti, gli elementi che, da queste opere provenendo, nel Mafarka confluiscono, per ivi trasformarsi e risolversi: la costruzione scritturale di uno spazio simbolico, eppertanto onirico; il gusto per il 'racconto nel racconto', ad inserto, incastro, gesto musivo; la tensione tra emozionale e concettuale; la dimensione di una conflittualità radicalizzata e tesa insino all'esasperazione, con conseguente dilacerazione e rottura; il furore aggressivo di un rifiuto che subito si rovescia in una affermazione, enunciata, oppure gestita, comunque intenzionata a forzare, in quanto soluzione di « ottimismo artificiale», l'irresolvibilità delle contraddizioni; eppoi un continuo dislocare i dati dell'esperienza fattuale, mitograficamente, verso una dimensione di assoluto (e allora il relativo ed il condizionato, l'auto- e l'eterobiografico si convertiranno, e comporranno, in una totalità impregiudicata e favolosa).

Con questa sua prosa che scrive l'eccitato, l'immaginato, il parossistico, lo stravolto (« I...] Magamal, les yeux exorbités, poussa un hurlement de hyène [...] »; « [ ... ] tout à coup les Vents, jongleurs aux yeux fous s'élancèrent dans le tourbillonnement de leurs chevelures blondes, en grimpant avec l'agilité des singes jusqu'au zénith, de rayon en rayon, comme sur des longs gradins jaunes [ ... ] »; «[ ... ] les pas de la jeune femme arrachèrent du sol des notes graves de lyre, comme si elle eût marché sur la poitrine d'un fou [ ... ] »; «[ ... ] son esprit bondit en avant en aboyant [ ... ] »), alternando, ma sempre sugli stessi registri dell'iperteso e del tensivo, azioni, riflessioni e declamazioni inframezzate da gestualità esasperate e grida molte, Mafarka le futuriste si costituisce in, e costruisce una, realtà tutta inventata a gran furia di analogie e frenesia di metafore, nel cui tessuto però si innestano, senza soluzione di continuità, anche sentenze, spiegazioni, chiarimenti, chiose, glosse. Facendo convivere, insomma, in tutta naturalezza e coerenza, termini di discorso solitamente distinti, e distanti, componendoli in un sistema che accosta e lega asserti logici come « Et les yeux puissants de Mafarka contemplaient avec envie les coupoles vertes des mosquées » a sinestesie come « le cri violet du muezzin ».
Fanno da cerniera all'articolazione del discorso gli « ainsi que », i « comme des », i « tels des », i « qui ressemblait à », i « fasait songer à », per formare similitudini e associazioni, identificare corrispondenze e relazioni. Eppoi sono le metafore d'ogni modo e grado, dalle formazioni più semplici sul modello « l'huile noire de la haine » e « le vin rauque de la vengeance », alle apposizioni del tipo « voiliers, beaux papillons noeturnes »; e si va dagli oggetti c/o fenomeni metaforizzati in senso antropomorfo (le vele come « femmes étiolées », di « chair molle »; la città il cui « grand corps couché »è quello di un « lutteur fourbu », con la sua « musculature formidable des fortresses » e « l'ossature sursautante des remparts »), fino agli insiemi elaborati usando termini tanto astratti che concreti (il « Bouillonnement écarlate des flots qui brûlent de folie et de rage contenue sous les blocs de torpeur qui l'écrasent »), oppure astratti solamente (i « triangles d'aigre ambition verte »). E si va dalle macrometafore ai campi metaforici. Le prime sono solitamente formate dal susseguirsi di immagini che, generandosi l'un l'altra per rinvio associativo, si collegano, e ricollegano, per costituire una complessa aggregazione significante (il reticolo risultante dai passaggi che conducono da « [ ... ] tes prunelles où flambent toutes les torches d'un banquet royal! » a « [ ... ] les salles éblouissantes de tes yeux [ ... ] », cioè allo spazio nel quale entrare per « [ ... ] m'asseoir derrière ton front [ ... ] »); i campi metaforici risultano invece formati dalla varianza seriale del semantismo di una icona centrale, metaforico/metaforizzante, come al capitolo sesto, morte di Magamal, allorché la luna è scritta-vista dapprima con « pattes blanches et fourrées », dato che si riferisce, viene riferita, per analogia, agli idrofobi « Chiens du soleil », ma non appena si converte in « hallucination » presenta una esplicita « téte blanche de chien », dalla quale cola una « bave gluante et crayeuse », preavviso c/o anticipazione della « coulée blanchátre » che scenderà, da li a poco, dal capitello dove sta inerpicato Magamal sfigurato, « monstre » ormai « noirátre » che « ressemblait à la fois à un colimaçon et à un colossal oiseau nocturne ». Ma l'icona lunare muterà radicalmente di valenza, metamorficamente invertendosi nell'astro sacerdotale che «avait oint les visages des maisons d'une huile de tristesse extatique [...] », quando, per cambio di angolazione dcì discorso, dovrà rapportarsi all'ambiente che il trangosciato Mafarka percorre in spasmodica corsa.
La molteplice funzionalità ipersemantizzante della metafora, che è poi il luogo d'incontro e d'unificazione dei codici elaborati e realizzati, cioè della «lyrique », dell'« ép<)pée », del « roman d'aventures » e del « drame », costitusce anche l'asse ideologico di Mafarka le futuriste. Giusta la poetica del simbolismo, qui il 'reale referenziale' supposto, anziché esser scritto come denotante, si converte, per sostituzione o trasferimento, in un 'reale pensato', immediatamente esplicitato e scritto come segno connotante, pertanto promotore, e generatore, di una catena di signifìcazioni speculative, non già trasmettitore di ragguagli circa una fattualità oggettiva. In tal modo il dato fenomenico, sperimentato e/o sperimentabile (il romanzo ha sfondo, e fondo, anche autobiografico; il ritratto di Mafarka, « franc visage aux mâchoires carrées », « bouche grande et sensuelle; le nez fin et coupé un peu court, le regard prenant », è in buona sostanza un autoritratto del Marinetti giovine; e el-Bahr significando del-Mare, risulta chiaro il collegamento diretto tra il nome di Marinetti e quello del suo eroe), viene a disporre, sia invenendola che assumendola, di una pluralità di configurazioni di senso. Come a dire che il reale 'oggettivo', sensibilmente percettibile (fatto accaduto, paesaggio visto, stato psichico provato, ce.), essendo suscettibile di designazione per mezzo di piú coppie significante-significato, si colloca a piú livelli e trae beneficio da piú dimensioni. Anziché essere unitario, 'statico ', cioè 'formato da' (e definibile con un sol termine), è di struttura molteplice e mobile, cioè è dinamicamente 'formantesi da' (quindi definibile con piú termini). La 'morte di Mafarka/nascita di Gazourmah', per esempio, per i rinvii innescati dalla sua imagerie, significa il passaggio del Marinetti da poeta simbolista a poeta futurista, intende la fondazione del movimento futurista in quanto dottrina, indica e svolge i termini filosofici, etico-metafisici, del marinettipensiero, e significa anche talune componenti dell'immaginario dello scrivente, e taluni parametri del suo subconscio (simbologia dell'impeto di distruzione, del distacco, del ripudio della terrestrità tramite volo; con tutte le implicazioni sessuologiche del caso). Lo stesso significante, pertanto, rimanda ad una serie di significati appartenenti a campi differenti. Ma se nel caso della «naissance de Gazourmah », capitolo duodecimo, il significante agisce nell'ambito di una sola situazione, in altre circostanze, invece, varia di significato a seconda del variare della situazione. L'elemento segnico viene allora ad assumere senso e produrre significazione in modi fortemente contestualizzati, nell'atto di scrittura; si realizza cioè come projezione (con meccanismo di difesa ambivalente: funzione di consenso c/o funzione di divieto), sui materiali percepiti, di contenuti provenienti dall'inconscio. Quest'ultimi sono cosí portati a manifestarsi, rendersi palesi; e si organizzano a livello sia logico (la scrittura del Mafarka è affatto regolare, grammaticalizzata al massimo, scrupolosamente modellata secondo l'assai razionale e ferma logica della sintassi francese), che sur-logico (il modo metaforico). L'immagine marinettiana è insomma portatrice di significato e formatrice di significato a seconda del momento in cui viene a trovarsi, cioè giusta il suo inserirsi in quel dato e non altro punto della catena frastica, in funzione della situazione narratologica (quindi della struttura, e della posizione - sia essa pulsionale che coscienziale - dello scrivente rispetto alla struttura stessa). Cosí la /luna/, in un determinato segmento del narrato, quand'è morfema usato per connotare calma, appagamento, freschezza, stato di benessere, « [ ... ] brusquement éclata de lait, comme une noix de coco »; ma ciè facendo, provoca una tensione sensuale (in dosato accordo con la duplice serie di connessioni 'latte-->seno come zona erogena' e, con spostamento nel campo metonimico, 'latte-->zona erogena-->donna--->mitologema'): « [ ... ] le mát de misaine s'efforgait d'enfiler la noix de ecco lunaire [ ... ] ». Però immediatamente a ridosso, dovendo funzionare come segnale premonitore dell'agguato dei sicari di Sabattan, ecco che l'emblematico fresco latte ristoratore si cangia in materia putrida e nauseosa, « la lune versait entre les dents blanches de Mafarka un lait qui avait le goût rance et creux d'une sépulture! ». In altro segmento del testo, cioè in altro contesto, dovendo significare altro, la luna « [ ... ] comme une gazelle, se prit à bondir avec mille fólatrerics [ ... ] », e altrove ancora la si scorgerà « [ ... ] comme un rossignol au plumage nacré ». Similmente, il vento verrà scritto come (cioè sarà, nel sistema marinettiano) « [ ... ] torride et nu, au corps mélodieux tout ruisselant de sel marin comme un plongeur [ ... ] » (nel quadro di una assai caratteristica e ricorrente fenomenologia marinettiana del tuffo c/o della caduta); ma i venti saranno anche « fossoyeurs géants et aveugles », oppure «jongleurs aux yeux fous », o verranno identificati al femminile in quanto « Briscs Narquoiscs ».

Questo tipo di scrittura consente un duplice modo di discorso. Funziona anzitutto come procedura di trasferirnento, diventa icono-verbalizzazione di pulsioni ignorate oppur rifiutate, di momenti, e movimenti, e sommovimenti, del profondo; dice la rimozione, per esempio, com'è evidente proprio al capitolo sesto (ma anche altrove): il campo metaforico luna/cani immaginato-visto, a Mafarka anzitutto serve da difesa, per non pensare, quindi per non ammettere, quel che piú teme, che non vorrebbe confessarsi, ma che invece sa benissimo, e cioè che Magamal, essendo stato morso da un cane idrofobo, è destinato a morire. E favorisce al tempo stesso la realizzazione scritturale dell'intero status della struttura psichica dello scrivente: un discorso retto non tanto dal principio di causalità ('perché', 'affinché') quanto da quello di simiglianza o di identificazione ('come', 'nello stesso modo', 'similmente'), stabilendo con l'oggetto una relazione di tipo anaclitico, indica in chiaro le vere motivazioni dell'autore: obiettivo prioritario del Mafarka, e del mondo mafarkiano, che Marinetti scrive a questo modo, è il possesso dell'oggetto per procedere oltre; il suo pertanto sarà un 'piacere aggressivo' connesso al 'superamento della resistenza dell'oggetto'. Donde il prevalere della 'destrudo' sulla (pur presente, ma in tal modo per lo piú combattuta, respinta ed infine neutralizzata) 'libido', avversata in quanto dispendio energetico. L'erotologia mafarkiana, forse non esente anche da una componente esterna, dalle suggestioni di un certo alcoranismo, sta siffattamente, di tra impulsione e progettualità, in termini di ripulsa e disdegno: disapprovazione dello stupro collettivo delle negre prigioniere (al capitolo primo. La reazione immediata di Mafarka è affatto istintiva, ma tosto si converte in ragionata, ancorché gridata in termini moralistici, protesta: lo stupro viene condannato per il suo costituire una dissipazione di energia, oltreché per il suo rappresentare una manovra politica dell'opposizione); messa a morte (blasfema, trattandosi di 'danzatrici sacre ') di Libahbane e Babilli, dato che « Tout le poison de l'enfer est dans vos regards, et la salive sur vos lèvres a des reflets qui tuent [ ... ] » (un altro gesto difensivo, dunque, di protezione, di salvaguardia); furiosa reificazione schiavistico-fallocratica, sadiano-padronale, delle fellahine Habibi e Luba (« On dirait un loup qui écartèle un agneau, quand il nous embrasse toutes nues! »); infine rifiuto della natural funzione generatrice femminile: Gazourmah godrà dell'immortalità non solo perché, in quanto insonne, eviterà il degradante trascorrere del tempo, ma soprattutto perché, in quanto non nato da donna, sarà « [ ... ] beau et pur de toutes les tares qui viennent de la vulve maléficiante et qui prédisposent à la décrépitude et à la mort! ».
Ovviamente, questa ripugnanza, avversione, misoginia, significa un timore della donna, che in fondo, nel profondo, è paura dell'incesto (« Ne fait-pas le geste de ma mére », grida con orrore Mafarka a Coìoubbi che gli offre il seno). Ma il privilegiare la 'destrudo' rispetto alla 'libido', per riassorbire la seconda nella prima, secondo una sorta di congiunzione Adam-Mirbeau; l'usarla come strumento di costruzione-creazione nell'ambito di uno spietato e parossistico moralismo immoralista; lo scrivere la pulsione sessuale come continua ambivalenza, oscillazione e inter-reversibilità di tra positivo e negativo, di tra attrazione e repulsione, di tra accettazione e rifiuto; tutto ciò in Mafarka le futuriste si organizzerà anche come comportamentistica, e ideologia, e politica pure. Alle fanciulle vergini offertegli come « prix de la victoire », Mafarka dichiarerà che « [ ... ] ce que je go~ite le plus en vous c'est le desir de vous tuer! Que pouvez­vous demander à un poignard vivant tel que je suis?», palesando buona conoscenza, e coscienza, dei rapporti intercorrenti tra atto erotico ed atto thanatico, nonché di quelli esistenti tra metafora e metonimia (« poignard vivant » è sia l'una che l'altra, in questo caso). Ed è sulla medesima pulsionalità della 'destrudo' in sé conglobante anche la 'libido', che Mafarka costruirà la sua dottrina assolutistica dell'aggressività, « [ ... ] rien -i'égale la joie de fendre le coeur de nos ennemis comme une grenade mûre et d'en savourer les grains un à un! Le baiser des femmes est bien fade [ ... ] » (la 'destrudo' si fa cosí gesto rituale e magico, antropofagia di tipo agricolomarziale: il cuore come frutto), nonché la sua ideologia schiavistico-imperialista (« [ ... ] ce ne sont pas des sujets que ie veux, mais des esclaves»).
Quella dei rituali magici (danze, scongiuri, sacrifici, ce.) è una delle strutture portanti del narrato, in Mafarka le futuriste ' con alcuni punti di massima, per esempio al capitolo undecimo, Les Voìliers cruciflés, dove il compimento del rito propiziatorio ed esorcistico dell'offerta delle vittime all'Uragano, sarà demandato al fuoco, alla ignizione rettamente intesa come simbologia sessuale (saranno le fiamme, creando un 'inganno', a spingere i vascelli, con il loro carico umano, a fracassarsi contro gli scogli e le roccie): «L'essence crépitante du désir éternel se muait en des langues dardées pour lécher les sarments, nerfs tordus de délices. La première flamme se dégrafa brutalement et, jaillissant toute nue de sa robe de fumée, se coucha sur un tronc qu'elle couvrit de caresses. Puis elle retomba sur son dos, épuisée, tandis que le tronc sursautait sur elle avec un acharnement d'assassin et de mourant. Une seconde flamme plus puissante s'érigea triomphalement, en tenant dans ses bras trois beaux mâles feuillus, dont elle épuisait les reins. Et sa volupté folle, et sa cruauté sanguinaire, elle les jetait par-dessus sa tête en des cris rouges, avec sa chevelure d'étincelles lancée vers les abîmes, croulant en reflets roses sur la muraille lisse des falaises, jusqu'aux vagues impatientes de la mer».
Il discorso metaforico funziona dunque prevalentemente, in Mafarka le futuriste, per la elaborazione e costruzione, via mitologema (le fiamme sono «déesses rouges »), di un sistema magico. E ben logicamente, va detto, postoché è proprio la legge di similarità (cfr. Frazer) a stare alla base del pensiero magico, e nulla meglio del principio di simiglianza o identificazione potrebbe servire a scrivere, com'è nei propositi del Marinetti, ierofanie e cratofanie, ad elaborare e concertare, ordire una serie di interconnesse mitografie.
In questo sistema magico-mitico ha funzione centrale il culto solare, ed è noto quanto le ierofanie solari, tipiche della cultura nilotica, si connettano (cfr. Eliade), oltreché alla imago paterna, all'ideologia, quindi agli interessi, delle caste e classi dominanti. Donde,'per esempio, anche il significato dell'organizzazione statuale del regno di Tell-el-Kibir, rigidamente gerarchizzata in verticale, dominata e guidata da un elitario gruppo aristocratico-militare; nonché la disposizione anticontadina ed antioperaia di Mafarka, « Quant aux hommes de la campagne, qu'ils se nourrissent de fumier... Ils en sont dignes! », mentre gli operai, « marée ténébreuse », sono detti « hideuse race de lâches et de traîtres » - scatti invettivali, questi, che non impediranno poi, anzi, al signore assoluto, e assolutista, di porsi come giudice di pace nello scontro tra sottoposti che vede in urto elementi delle classi subalterne, i « forgerons de Milmillah » ed i « tisserands de Lagahourso».
Nel discorso marinettiano in Mafarka le futuriste, il Sole si forma principalmente, secondo le caratteristiche qualificanti del sistema magico, proprio come segno polivalente, quindi dotato di tutta la tipica multiformità, e contradditorietà, dei mitologemi: la contradditorietà nella quale si realizza, tra l'altro, anche quella coincidenza degli opposti che Jung definiva « caratteristica di ogni dato psichico in istato inconscio ». E' « le sinistre Soleil, dans sa galabieh de chaux vive », a 'dirigere' lo stupro delle negre; ma è lo stesso-e­diverso Sole ad essere anche il benefico massimo agricoltore, l'agente del culto della fecondità, « ce bon Solcil agricole » che « est bien notre premier labgureur». Deità da invocare con preci e richieste, da interrogare come un oracolo, da propiziare e ringraziare, questo Sole mafarkiano è soprattutto deità guerriera ed agricola: combatte (« Là-haut, averse de flèches vertes, hérissement de lances noires, écroulement de blocs incandescents contre la poitrine en fusion du Soleil, qui debout et tout nu sur le Zénith se défendait encore victorieusement, en faisant tournoyer sur sa tête une terrible cimiterre blanc, roue fantastique ») e feconda (« [ ... ] sous son énorme turban d'or massif, l'Astre avide était nu de la tête aux pieds et tout en nage; sa taille immense ruisselait d'une sueur soufrée, et sa vaste poitrine de chaleur blanche haletait sur la terre, tandis qu'il travaillait sans cesse, omniprésent »); ed appare, si 'manifesta' e 'rivela' nelle piú diverse guise: cavalca una « cavale noire à la crinière incandescente », è una « pesante roue », un « lion bondissant », un «grand pain appetissant et chaud », una « poéle », una « rosse efflanquée », un «sorcier », un « immense idole », un « nageur », un « serpent de braise » oppure, come da mitologia industana, un « fantastique serpent à sonnettes » - ma soprattutto è la « poule colossale de cuivre massif » alla quale è demandata la funzione di fecondare e covare il cuore di Mafarka per farvi nascere l'eroe e semi~dio Gazourmah. La sacralità solare si incrocia pertanto con una sacralità del cuore che sta di tra l'alchemico ed il veteroegizio: con quel cuore « Uovo dei filosofi » (e sede le Cielo, secondo Bóhme) che è anche, nella dottrina antroporeligiosa dell'antico Egitto, nether imy remet (= Dio nell'uomo), sede dell'intelligenza. Sarà appunto « de mon coeur couvé par le soleil », dice Mafarka, che « naîtra mon fils aux ailes mélodieuses! ». La creatio hominis, il dar vita a Gazourmah si presenta dunque, in Mafarka le futuriste, con movimento a doppio scatto. Comincia come projezione di un processo inconscio, in condizione onirica, « Et comme il dormait toujours, il rêva de s'assoupir dans les blés profonds », un 'sogno nel sogno' dunque, per subito divenire tipico 'simbolismo della seconda nascita', e non già per accedere all'ascesi o alla spiritualità, come nei rituali ineffabili ed intrasmissibili dell'esoterismo mistico, bensí per realizzare una condizione di ultravivenza, di immortalità, tramite una 'identificazione autoplastica esterna', con conseguente decisivo intervento, nella fase terminale dell'azione, del Super-lo. Gazourmah sarà allora, per Mafarka, dopo lo scontro di odio-amore con Coloubbi « sinistre gardeuse d'hyènes », « gardeuse de chacals » (il passato adolescenziale seduttore, la « divine jeunesse » con le sue pericolose memorie; ma anche imago della Madre, e della Terra), quel « beau fruit de ma voIonté », al quale spetterà l'assai futuristíco compito della distruzione (tra l'altro, anche dei miti mafarkiani stessi, ivi compreso quello solare. Per Gazourmah il Sole, destituito, degradato, avrà connotazione negativa, « astre perfide », ed assumerà subordinanza, sarà il « roi découronné dont j'ai », dice « détruit le royaume ».

E' in modi siffatti che I'' imaginatio' come evocazione attiva (scrittura) di immagini interne (psichiche) costruisce l'itinerario mafarkiano che conduce l'eroe, simbolisticamente 'en quéte d'Absolu', traverso una serie di prove e di rituali (alchemicamente il 'viaggio notturno sul mare', capitolo Le voyage nocturne, ha per scopo il ripristino della vita e il superamento della morte. Analogo carattere riveste la traversata di Les Hypogées. E' solo dopoaver compiuto questi due rituali di purificazione, che Mafarka potrà pronunciare il suo Discours futuriste), da monarca feudale assolutista guerriero, segnato da tratti misti ed alterni di ferocia e generosità, tracotanza e bonarietà, a profeta di una conclusiva thanatosofia contraddistinta da segno positivo (« Je glorifie la Mort violente au bout de la jeunesse, la Mort qui nous cueille quand nous sommes digne de ses voluptés divinisantes!... Gare à celui qui laisse vieillir son corps et se flétrir son esprit! ») e Io fa enunciatore e proclamatore del « verbe mystérieux » di una « religion » (con conseguente rinuncia al potere. Sul piano mondano, « La victoire obtenue, ma présence n'a plus aucune raison d'être! »), e ierofante pure. Via morte e rinascita in Gazourmah, Mafarka si realizza in una funzione antropogonica, promulga la lex futurista, e la mette in pratica, grazie alla volizione (« Vous devez croire en la puissance absolue et définitive de la volonté, qu'il faut cultiver, intensifier, en suivant une discipline cruelle, jusqu'au moment où elle jaillit hors de nos centres nerveux et s'élance par delà les limites de nos muscles, avec une force et une vitesse inconcevables »). Esprimendo in termini animistici una concezione di materialismo positivista (Mafarka intende lo spirito come « manifestation supérieure de la matière organisée et vitale »), l'intento è non solo di « changer la vie » ma anche di trasformare il mondo: « Notre volonté doit sortir de nous pour s'emparer de la matière et la modifier à notre caprice. Nous pouvons ainsi façonner tout ce qui nous entoure et rénover sans fin la face du monde ». Siamo all'autentica fondazione del futurismo in quanto opus che agisce sulla materia però sottendendo, ed intendendo, una trasmutazione psichica del soggetto destinata ad agire, a sua volta, sulla materia stessa, sulla oggettualità. Come Mafarka, anche Perelà e Sam Dunn percorreranno itinerari iniziatici, sperimenteranno, saggieranno, per sovvertirle, le legislazioni ed istituzioni; Sam Dunn, inoltre, provocherà con mezzi psichici, una rivoluzione sociomaterica (nell'assetto sociale ' e nella materia; non del e della). Poco più tardi, Balla e Depero diranno della « ricostruzione futurista dell'universo », Corra della necessità di « rinnovare il mondo ». Per i futuristi e costruttivisti sovietici, sarà questione di « ziznostroenie », costruzione della vita. Per i surrealisti di Francia sarà chiaro che « c'est vivre et mourir qui sont des solutions imaginaires; l'existence est ailleurs ».
Ci si aspetterebbe, a questo punto, e con legittimità alquanta, data anche la prossimità del Manifeste, l'elogio della tecnologia, l'ode per la macchina, il ditirambo alla produzione, la lauda alla robotica, insomma la lirica e l'epica della industrial modernità. Tutte cose che invece, a volerle proprio trovare, bisognerà andarle a cercare, oltre che in certo Zola, in Villiers de l'Isle Adam, cioè nel positivismo « enigmatique» e nei tecnicismi metafisici e gravi di L'Eve future, oppure, se si preferisce il versante patafisico, nel meccanicismo sportistico-sessuale del Surmále di Jarry, ovverosia in assai edinsoniani Stati Uniti ed in una molto politecnica Francia. Marinetti, per contro, in Malarka le futuriste, inventa una sua torrida Africa medioevale e precoloniale, e una capitale, Tell-el-Kibir, ch'è una sorta di Cartagine musulmana, di feudale arabo-negritudine, popolata da eroi seminudi armati di lancia e scimitarra, impegnati in efferate sanguinose risse dinastiche, guerre di conquista e rapina, scorrerie di sopraffazione ed incursioni di sterminio, e riti sacrificali, e cultualità magiche; un mondo insomma pretecnologico, nel quale la macchina, quando esiste, è anzitutto se non esclusivamente arme, fantasiosa si ma artigianale, manufatta, rozze e goffe catapulte (le « Girafes de guerre », « monstres bizarres de bois et de fer »), giavelotti fitomorfi o zoomorfi (« [ ... ] un javelot long de deux coudées, qui avait la forme d'une branche aplatie, dont les fleurs larges étaient pétalisées de lames tranchantes, et les bourgeons crochus comme des becs d'aigle», o un avvelenato «grand javelot en forme de homard », o altri «javelots en forme de scorpion », oppure « des casse-têtes semblables à des tortues à la carapace tranchante »). Talché in questo mondo 'barbarico' verranno ad essere elementi di spaesamento le tre mitragliatrici ed i duecento fucili catturati all’avversario re Brafane-el-Klbir. Sta di fatto che per il Marinetti di Mafarka le futuriste l'oggetto ha destinazione non già funzionale o utilitaria, ma magicoanimista; è feticcio più che utensile. Gazourmah, che non è un automa cibernetico come la Hadaly di Villiers, e neppure un golem meyrinkiano, diventerà, per 'trasfusione d'anima', creatura vivente a titolo pieno: la sua 'creazione' sarà, alchemicamente, « tam ethice quam physice »; e non sarà costruito secondo tecnologie avanzate, sibbene scolpito « dans le bo,is d'un jeune chéne », lo si provvederà di ali fatte d'una « toile indestructible tissée avec la fibre du palmier » poggiata su di un « treillis savant d'acier, de bambou et de nerfs d'hyppopotame ». Materiali semplici e primari, dunque, per una magia; strumenti simbolico-feticistici per una sorta di 'via mitologistica all'anarco-illuminismo'.
Come tutti i sistemi di magia, anche questo è retto da una sua logica particolare, rigorosa ma spinta continuamente al limite, mossa e frenetica, eccitata, esaltata, esasperata fino al fantastico, nondimeno coerente, inflessibile nel perseguire la tessitura di un disegno, il soddisfacimento di una « soif immémoriale de force absolue et d'immortalité», nel lucido furore dello scatenamento di una apocalisse tellurica, nella tensione spasmodica ma inesorabile rivolta ad un possesso cosmico e ad una dominanza spaziale (« Le firmament? J'en suis le maitre! »). D'altronde, il Marinetti stesso aveva dichiarato, nella Risposta alle obiezioni, di avversare non tanto la logica tout cour-t, quando la logica formale, fondata sul sillogismo, quindi aristotelico­tomista (quella dei suoi primi maestri gesuiti), in favore di una antilogica intuitiva che, a ben vedere, risultava in effetti non già, e non tanto, uno straripamento dell'irrazionale, quanto l'instaurazione di una molteplicità di logiche funzionale alla molteplicità dei livelli del fenomenico (con singolare convergenza, pertanto, verso i postulati di base delle formalizzazioni delle geometrie noncuclidee). Donde, anche, l'estrema 'disponibilità' dei partiti iconici di Mafarka le futuriste, cioè delle figurazioni scritte che ne costituiscono le varie significazioni. In Mafarka le futuriste Marinetti, da bravo simbolista, pensa per immagini, manovrando uno spettro di soluzioni assai largo, che può trovare il suo analogon in certa pittura di tra il nabi ed il fauve, da Ranson a Derain, ma slittamenti anche verso l'allegorico («Mafarka secoua son rêve, leva la tête d'un air menaçant et brandit la torche de sa volonté plus haut que son cocur pathetique ») e in taluni casi la (cosí anticipata) ' pittura degli stati d'animo', ovvero percorrendo lo spazio esistente tra l'orfico e l'astratto (che poi Sassu individuerà e realizzerà nei suoi disegni mafarkiani del 1928). Mentr'oggi invece, indizio non ultimo della sua modernità, l'equivalente figurativo andrebbe cercato nelle inquietanti brutali raffìnatezze e sgradevoli dello stile 'Métal Hurlant'.

ES 7 (gennaio-aprile 1978)


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