La
seguente
analisi riassume, chiarifica, ed afferma in forma distillata gli
insegnamenti
fondamentali elaborati nel testo completo di Theonomy in Christian
Ethics,
di Greg L. Bahnsen.
1. Sin dalla
Caduta è stato sempre illegittimo usare la Legge di Dio nella
speranza
di stabilire il proprio merito e giustificazione a livello personale,
in
contrasto o come complemento alla salvezza ricevuta sulla base della
promessa
ed attraverso la fede. L'impegno ad ubbidire alla Legge è lo
stile
della fede, espressione di gratitudine per la grazia redentrice di Dio.
2. La Parola
del Signore è il criterio unico, supremo ed incontestabile per
le
azioni e gli atteggiamenti umani in ogni area della vita. Questa parola
include, naturalmente, le direttive di carattere morale (la Legge).
3. Il nostro
obbligo di osservare la Legge di Dio non può essere giudicato e
messo in questione sulla base di criteri extra-biblici, come, per
esempio,
se certe prescrizioni (quando siano correttamente interpretate) siano
congeniali
a tradizioni del passato o sentimenti e pratiche moderne.
[Quando
qualcuno dice: "Quelle leggi erano valide per quel tempo… erano
espressioni
della loro particolare cultura… oggi noi abbiamo sentimenti e pratiche
diverse" ecc. quale criterio usa per fare queste affermazioni? Su che
base
esprime questo giudizio? In realtà sottopone la Bibbia stessa a
criteri di giudizio ad essa esterni, assume un'autorità maggiore
di quella biblica. Qual è? È legittima? Mette così
in questione che la Scrittura sia Parola di Dio, regola assoluta di
fede
e di condotta, criterio ultimo di ogni cosa (questa è la
confessione
di fede cristiana). I criteri per valutare la legittimità di una
certa prescrizione biblica devono essere quelli della Bibbia stessa].
4. La Legge
dell'Antico Testamento a valenza universale, continua ad essere
moralmente
vincolante per il Nuovo Testamento, a meno che essa non sia
esplicitamente
abrogata o modificata da rivelazione ulteriore.
[Per "legge
a valenza universale" ("standing Law) si intende quella legge valida
per
tutti e sempre (come per es. 'Non ucciderai", 'Ubbidirai ai tuoi
genitori',
'commercianti, avrete bilance giuste', 'magistrati, metterete a morte i
violentatori') in distinzione da prescrizioni particolari e temporanee
date a determinati individuo (ad es. gli ordini dati a Samuele), o
comandi
specifici per particolari situazioni (ad es. l'ordine di Dio dato ad
Israele
di sterminare certe tribù cananite ad un certo punto della
storia)].
5. Rispetto
alla Legge dell'Antico Testamento, il Nuovo Patto sorpassa l'Antico
Patto
quanto a gloria, potenza e finalità (rafforzando così i
doveri
precedenti). Il Nuovo Patto, inoltre, si sostituisce alle "ombre"
dell'Antico
Patto, trasformando così il modo in cui vengono applicati i
principi
che regolavano i sacrifici, la purezza e la "separazione", ridefinendo
il popolo di Dio, ed alterando il significato della terra promessa.
6. Le leggi
di Dio a valenza universale sono il riflesso del Suo immutabile
carattere
morale e, come tali, sono assolute nel senso d'essere non-arbitrarie,
oggettive,
universali, e prestabilite per particolari situazioni (applicabili
così
a tipi generali di situazioni morali).
7. Il coinvolgimento
dei cristiani nella politica esprime il riconoscimento che la Legge
rivelata
di Dio ha un carattere trascendente ed assoluto e quindi è
criterio
secondo il quale giudicare ogni codice sociale.
8. Il magistrato
civile, in ogni tempo e luogo, è da considerarsi ministro di
Dio,
cioè al servizio di Dio per manifestare la Sua collera verso chi
fa il male, come dice la Parola: "egli è ministro di Dio, un
vendicatore
con ira contro colui che fa il male" (Ro. 13:3), e dovranno rendere
conto
all'Ultimo Giorno del loro servizio al Re dei re, loro Creatore e
Giudice.
9. La generale
continuità che noi presumiamo rispetto ai criteri morali
dell'Antico
Testamento si applica altrettanto legittimamente a questioni di etica
socio-politica
come si applica all'etica personale, familiare, o ecclesiastica.
10. I precetti
civili dell'Antico Testamento (leggi "giudiziarie" a valenza
universale)
sono modello di perfetta giustizia sociale per ogni cultura, persino in
come i criminali debbano essere puniti.
Commento
L'etica
teonomica, procedendo dal concetto di salvezza per sola grazia si
impegna
a sviluppare una concezione cristiana complessiva del mondo e della
vita , secondo il principio regolatore dei sola Scriptura
e all'ermeneutica della teologia dell'alleanza , a differenza dal
dispensazionalismo
(dove i comandamenti dell'Antico Patto sono considerati abrogati a meno
che non siano ripetuti nel Nuovo Testamento).
Qualsiasi
cambiamento amministrativo deve essere giustificato attraverso
specifiche
indicazioni della Scrittura ed è riconosciuto sulla base
del
fatto che in Cristo il Patto sia nuovo e migliore . Il relativismo
(situazionismo)
viene ripudiato, e l'etica divinamente rivelata non viene ridotta a una
prospettiva parrocchiale o tribale legata ad una storia evolutiva
dell'etica.
La Parola di Dio promuove una giustizia universale, non un criterio di
moralità doppio.
Respingendo
il positivismo legale, l'etica teonomica favorisce l'idea di "una legge
al di sopra della legge (civile)" come protezione contro la tirannia di
governanti o l'anarchia dei riformatori. Proprio perché Cristo
è
Signore su ogni cosa, ne consegue che anche i magistrati civili siano
Suoi
servitori e debbano ubbidienza agli standard stabiliti per loro. Non
c'è
alcuna giustificazione nell'esimere le autorità civili dalla
responsabilità
che hanno verso principi universali di giustizia che si trovano nella
rivelazione
che Dio ha fatto nell'Antico Testamento . Quindi, in assenza di
argomentazioni
biblicamente fondate che esonerino i magistrati civili dalle norme
sociali
dell'Antico Testamento, ne consegue che, nell'esercizio del loro
ufficio,
i governanti sono moralmente responsabili di ubbidire ai criteri
rivelati
di giustizia sociale della Legge dell'Antico Testamento. Il Nuovo
Testamento
conferma esplicitamente questa deduzione rendendo i magistrati
"vendicatori
con ira verso coloro che fanno il male" (Ro. 13:4), e rende legittimo
l'uso
della Legge di Dio per reprimere coloro che pubblicamente ne sono
trasgressori
come afferma 1 Ti. 1:8-10 "Or noi sappiamo che la legge è
buona,
se uno la usa legittimamente; sapendo questo, che la legge non è
stata istituita per il giusto, ma per gli empi e i ribelli, per i
malvagi
e i peccatori, per gli scellerati e i profani, per coloro che uccidono
padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per gli omosessuali
per i rapitori, per i falsi, per gli spergiuri, e per qualsiasi altra
cosa
contraria alla sana dottrina". Inoltre il Nuovo Testamento
legittima
il meritato castigo: "Già l'antico messaggio di Dio, portato
dagli angeli, si è dimostrato valido, e tutti quelli che l'hanno
trascurato o gli hanno disubbidito sono stati puniti come meritavano"
(Eb. 2:2 TILC).
La Legge
non è stata mai considerata come qualcosa che definisse la
giustizia esclusivamente negli stretti confini di
Israele. Tutti gli statuti
rivelati a Mosè per la nazione di Israele dovevano essere
modello
da emularsi anche da parte delle nazioni che pure non erano legate a
Dio
da un patto. "Li osserverete dunque e li metterete in pratica;
poiché
questa sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli
occhi
dei popoli, i quali, udendo parlare di tutti questi statuti, diranno:
"Questa
grande nazione è un popolo saggio e intelligente!". Quale grande
nazione ha infatti DIO così vicino a sé, come l'Eterno,
il
nostro DIO, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale
grande nazione ha statuti e decreti giusti come tutta questa legge che
oggi vi metto davanti?" (De. 4:6-8). Di conseguenza, la legge
mosaica
era pure il criterio secondo il quale erano state punite le
tribù
cananee non redente (Le. 18:24-27) e che i governanti "non
teocratici" erano chiamati ad ubbidire (Sl. 119:46; Pr. 16:12) e che i
profeti denunciavano d'aver violato (Is. 14:4-11; Gr. 25:12; Ez.
28:1-10;
Am. 2:1-3 ecc.).
Paolo Castellina,
giovedì 25 marzo 1999. Tutte le citazioni bibliche, salvo
diversamente
indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, ediz. La Buona
Novella,
Brindisi, 1991.