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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche Paul Celan e l'inconscio
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“Già stavamo distesi
nel profondo della macchia, allorché
tu finalmente ti accostasti carponi.
Ma non potemmo unirci a te
attraverso il buio:
regnava
luce coatta”. (2)
Come un percorso circolare, che ogni volta descriva circonferenze più ampie e si diffonda in ondulazioni musicali, così l'aspetto tragico della sua vita si ripresenta nel ritmo poetico delle pagine, riuscendo con magistrale sintonia a cancellare il tono più informe della conversazione, della comunicazione, quello che sfugge ad ogni sonda letteraria, ai limiti della insignificanza, per sfiorare in un abbraccio fuggitivo tutti i colori che coinvolgono il sogno, seducendo Tanatos verso quella realtà sepolta, compatta ed essenziale nella sua brevità temporale. Qui gioca la parola dirompente nella prepotenza dell'Eros:
“Attinti con il mestolo della cenere
dal trogolo dell'Essere,
saponosi, al
secondo
tentativo, l'uno
sull'altro,
e ora inspiegabilmente rimpinzati,
di molto
fuori di noi e già - a che scopo?-
scomposti,
poi (al terzo
tentativo?)
soffiati
dietro il corno, dinanzi
al rudere di lacrime
ancora in piedi
una, due, tre volte,
dallo spaiato,
scisso e gemmante,
sventolante polmone.” (3)
Il respiro, l'affanno della battaglia amorosa, qui simbolicamente si presenta, in maniera vittoriosa e sfacciata, come un polmone sventolante, qualcosa che assomigli alla bandiera, ben piantata al vento, testimone di quei tentativi materializzatisi dalla cenere al rudere delle lacrime, dalle scissioni asincroniche del sesso spaiato alla finale soluzione scomposta. Densità estetica della dimensione verbale capace di restituire attraverso la poesia la realtà che ci circonda.
“Una parola, per cui volentieri
perdetti te:
la parola
mai-più.
Era,
e talvolta anche tu l'hai saputo,
era
una libertà.
Noi nuotammo.
Ricordi che io cantai?
Cantai con l'albero cigliato, con il timone.
Ricordi che nuotasti?
Giacevi aperta dinanzi a me,
mi giacevi, tu giacevi
dinanzi la mia in-
calzante anima.
Io nuotai per entrambi. Non nuotai.
Nuotò l'albero cigliato.
Veramente nuotò? Era tutto attorno
un acquitrino. Era lo stagno infinito.
Nero ed infinito, e pendeva
così
divallando sul mondo.
Ricordi che io cantai ?
Questa-
oh questa deriva.
Mai-più. Divallando sul mondo.
Non cantai. Aperta tu giacevi
dinanzi all'anima mia in viaggio.”(4)
Aperta, aperta tu giacevi, profondo crepaccio, scendendo dall'empireo verso il mondo, in un palese capovolgimento del non-detto ove la trasgressione non è necessariamente peccaminosa, ma assoluta disperazione del non-riconoscersi. Ove il dubbio dei mai-più risuona nel solco assoluto delle assenze, purificate dal lavacro che deborda, ma nel contempo impaurito alla presenza di un acquitrino, stagno infinito dal quale difficilmente l'anima sarà capace di riprendere il viaggio.
Ancora il destino allucinato e trasposto cerca il poeta, nel momentostesso in cui il poeta va incontro al destino, quando il pensiero sembra schematizzare la realizzazione degli incubi e delle tristi previsioni, o quando la pagina si colora di sanguinose testimonianze oniriche, per spingere la vicenda verso la elaborazione mitica. Il richiamo della morte diventa imperioso, quasi da offrire un punto di riferimento materializzantesi nel ricordo della madre, morta violentemente in un giorno imprecisato.
“Cotto come oro, un tacere
fra carbonizzate
mani.
Figura di sorella
grande, grigia, prossima
come tutto ciò ch'è perduto:
Tutti i nomi, tutti quelli
che insieme
arsero. Quanta
cenere da benedire. Quanta
terra conquistata
al di sopra
di leggeri
anelli d'anima,
così leggeri.
Grande. Grigia. Senza
scorie.
Tu, a quel tempo,
Tu, con il pallido germoglio
intaccato dai denti.
Tu, nel vino a fiotti.
(Non è vero, anche noi
dimise quell'orologio?
Bene, come la tua parola
qui trascorse nella notte. Bene)
Cotto come oro. Un tacere
fra carbonizzate, carbonizzate
mani.
Dita, esili siccome fumo. Come corone,
corone d'aria attorno –
Grande. Grigia. Senza
tracce.
Regale.”(5)
Celan scrive i suoi versi come se il potere onirico avvolgesse le pagine in un cerchio che lo costringa ad accorciare i tempi, quel tempo che prima o poi ci avvicina alla fine della esistenza terrena, e contro il quale o dentro il quale noi scaviamo nei meandri dell'ordine simbolico, nel tentativo, quasi sempre impossibile, di liberarci dell'atto finale. Anche se la storia è perduta, andata in frantumi, spesso le sfaccettature attraverso le quali la poesia scintilla viva ed imperiosa, cercando di adeguarsi alle dimensioni impersonali della materia ed all'essenza casuale ed imperiosa del corpo, diventano la forza necessaria per districarsi dalla solitudine e dalla distimia, così da rompere la fiaba contro l'improvvida sensazione che qualcuno prema, d'un tratto, il ferro arroventato sulla pelle, penetrando sino alle midolla, ricercando quella risposta che nessuna indagine scientifica riesce a trovare.
Il corpo del poeta fu ritrovato, da un anonimo pescatore, incagliato in una chiusa della Senna, una decina di chilometri a valle del ponte Mirabeau di Parigi, nel maggio del 1970.
Note: