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Cristanziano Serricchio, Il tempo di dirti Fermenti, Roma,1999, pag. 103, lire 18000
Il poeta pugliese Cristanziano Serricchio, che ha già alle spalle
numerose raccolte di poesia, accolte con favore dalla critica, ci
presenta questo Piccolo canzoniere per Delia, scritto per la triste occasione
della morte della moglie con la quale aveva condiviso cinquanta anni di
vita. La qualità essenziale che denota questo testo tout-court d'occasione,
oltre l'indiscussa limpidezza del dettato, apparentemente elementare, ma
sotteso ad uno stile nitido e sicuro, è la sua capacità di
coniugare compostezza e sicurezza formale, con una poesia velatamente
gridata, filtrata dal dolore. espressione di una delle possibili funzioni
del fare poetico, quella della sublimazione della catarsi, del rivivere
le situazioni come in un sogno ad occhi aperti.
Non c'è compiacimento in Serricchio, il suo non è uno sfogo,
ma il caparbio tentativo di ricomporre parti di realtà ormai assenti
nel suo universo privato, di rivivere quello che è stato, un vissuto
quasi da riattualizzare con immagini a volte assolute nella loro naturalità,
a volte quotidiane, che risentono del peso dell'assenza, dove la memoria
agisce per fermare fotogrammi di vita attraverso una narratività
che a volte interrotta da forti scarti e illuminazioni.
Quello che contraddistingue questa raccolta è la sua forma, che
è un serrato dialogo con Delia, a volte permeato da un vago misticismo,
quasi a considerarla una persona ancora viva nel suo universo consueto
e domestico. C'è quindi un "tu", quello della donna, creatura che
esercita, recita, ancora il ruolo d'interlocutrice, per necessità,
per dare vita ad un tempo nuovo nella vita del poeta, appunto Il tempo
per dirti:-/ Mi siedi di fronte/ al tavolo del nostro pane/ e guardi la
tua mano/ sulla bianca tovaglia.// Hai i movimenti/ lenti degli occhi/
che mi cercano col cuore/ d'adolescente.// Ieri oggi domani/ sempre la
trasparenza/ di quella luce/ per non smarrirla mai.// Dall'alba delle rondini/
sul sonno amico/ al sonno dei capelli/ fino al calmo cenno.//..."
Il genere del canzoniere in morte della creatura amata, in particolare
della moglie, esemplificato tra i moderni da Xenia di Montale, trova
qui ancora un esempio, molto ben definito e compiuto. La forma del verso
breve, molto spesso praticata dall’autore, crea una concentrazione e un'icasticità
notevoli che si confrontano e rendono bene gli spazi domestici dove rivive
la vicenda: è proprio la casa rimasta immutata, con gli oggetti
sempre uguali, i piatti, il televisore, le forbici, a manifestare, attraverso
tracce minime, la presenza di Delia, quasi che l'universo delle cose, potesse
diventare un tramite per ricongiungersi con l'amata, insieme a parole,
gesti, abitudini: la solitudine, il lutto che sottende ogni fine di un
amore, anche non per morte fisica, viene rielaborato, con la forza salvifica
della poesia, che pur manifestando il fuoco di una passione mai estinta
pare essere, con un cambiamento di tono, una conquista di pacatezza, un
ridestato riscatto morale: pare di vedere il poeta confrontarsi ancora
con la realtà fisica della casa, nel suo immaginario rivolgersi
a Delia, come se fosse ancora presente, dove la rievocazione di un cammino
è sottesa alla persistenza, al continuare ad esistere di un luogo
che in ogni sua parte inviolata, rimane indispensabile correlativo oggettivo
di un passato, di presenze, spazio scenico del microcosmo di Serricchio
ricostruito nella compatta raccolta. L'epica del quotidiano domestico,
così, pare protrarsi oltre il tempo tra riflessi iridescenti, tra
barlumi e sprazzi:. /Sei nei riflessi dello specchio/ che più non
guardavi/.../Tutto è uguale a prima/ tranne la vita/....e quindi
questo canzoniere si presenta grondante di linfa vitale, di tensione tutta
terrena pur nel colloquio incessante nella sua eleganza e grazia con Delia.
Il fluire dei versi dove il rivolgersi alla moglie avviene quasi sempre
al presente, in sintonia con la dimensione stilistica di cui si diceva,
ci immerge in un mondo che possiamo sentire sia struggente che rassicurante,
dove i contrasti si placano, tuttavia e, pare, si possa continuare a vivere,
nell’avvicinarsi, anche attraverso la feritoia di un attimo, a pensieri
proiettati nel futuro:-“/So che non sei/ dove non sono./ A piccoli passi
percorri/ la mia assenza../.”, in un cammino fatto anche di sogni e visioni,
di immagini e sensazioni che rendono il tempo del titolo della raccolta,
quasi fuori dalle durate dei giorni e delle ore, assoluto, espressione
che solo la poesia può rendere. 4 gennaio
2001
Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |