Vico Acitillo 124
Poetry Wave
 
 

Recensioni e note critiche
Pasolini e/o Sanguineti. Appunti
di Massimo Sannelli


Sanguineti si distacca da Pasolini attraverso l’interpretazione prosaica (de-mitizzata) del rituale poetico: cioè umiliando il più possibile il ruolo di “vittima predestinata” (Dario Bellezza, Morte di Pasolini, Mondadori, Milano 1995, p. 7; quindi, per Sanguineti, nell’intervista – Polemicain prosa – sul numero speciale di “Liberazione” del 29 ottobre 2000: “[…] ha avuto un peso decisivo la sua morte. Ne ha fatto per molti, soprattutto per i giovani, una sorta di eroe pieno di pathos, sventurato, così come è accaduto con Pavese”). A parte la questione dell’ideologia (comunismo scientifico contro comunismo estetico) e/o delle forme (avanguardia contro “largo esperimento”), Pasolini deve apparire il portavoce di una ritualità che impone la differenza e la morte: in questo senso, la morte fisica conclude una (auto)predestinazione poetica e profetica, imposta nella scrittura (cfr. la parte mitica e sognata di Una disperata vitalità, e in generale le ipotesi di Bellezza in Morte di Pasolini e in Ferdinando Camon, Il mestiere di poeta, Garzanti, Milano 1982, p. 220: “Lui ha voluto quella morte lì, l’ha cercata, l’ha prefigurata, l’ha individuata, l’ha anticipata, l’ha raccontata, e alla fine è avvenuta”). 

L’evoluzione di Sanguineti trasforma il rito suicida in una poesia-gioco, più o meno grottesca e auto-riduttiva, sia nella potenza sia nella conformazione dei temi: ad esempio, l’ostentazione della paternità e della famiglia, cioè di una forma di vita activa che offre altra vita al futuro, “(e il momento / più felice della mia vita, ho risposto, sono stati tre momenti: e ho detto quali):” (Reisebilder). L’“Altro” omicida e ‘sacro’ si tra-duce in un “altro” colloquiale e minuscolo (moglie, figli, amici, sesso, incontri sporadici: Reisebilder più forme di poesia depotenziata, giochi, acrostici, riscritture, ecc.). Lo schema segreto per cui il sensibile (ateo ma religioso) è ‘mortale’ e l’insensibile (totalmente ateo) è ‘vitale’ trasforma il “genus poetice narrationis” (Dante, Epistola a Cangrande, X [28]) in antropologia ‘ideologica’: o tragedia (dall’estetica – il corpo ‘sente’ – alla distruzione del corpo: un canto “fetidus ad modum hirci”) o commedia (dal Laborintus alla poesia di viaggio: “prospere terminatur”). O salute o malattia, secondo le impressioni di Camon (Il mestiere di poeta, cit.): “voce malata”, “occhi stanchi ma fermi”, “voce fievole”, “quando è provocato e soffre” (Pasolini: p. 141); “colloquio calmo ed estremamente cordiale”, “imperturbabilità”, nello “studio più bello in cui mi sia capitato di trovarmi nella serie di incontri con poeti” (Sanguineti: p. 183). Nel secondo l’“imperturbabilità” si unisce facilmente al ‘gioco’ e al “travestimento”: la famiglia e l’ironia dis-‘angelicano’ e raffreddano il poeta in quanto ‘diversità’ (vittima sacrificale, maudit, schizofrenico)

Dante e Guido Cavalcanti. Il dissidio per la “Vita Nuova” e il “disdegno” di Guido, Salerno ed., Roma 1997) – lo scontro riguarda il primato della Ragione rispetto alla Passione: l’armonia o la disarmonia (piacere-vita o dolore-morte, continuazione o autodistruzione) nell’incontro con l’Altro da sé. Nel momento della ricostruzione storica, tutto questo forma un nuovo problema: l’esistenza nell’arte di questioni di ‘destino’, ‘rito’ e ‘mito’ – fenomeni di elevazione o crollo dell’io, che in questo eroismo-vittimismo è un ultra-io esaltato – accanto all’‘espressione’, la cui altezza dipende dal fenomeno opposto: la dissoluzione dell’io “dell’uomo Archiloco” (“non genio”), da depsicologizzare in un “genio lirico” (Nietzsche, La nascita della tragedia, 5). Il percorso vitale dello stesso Nietzsche contiene entrambe le possibilità.

4 gennaio 2001


Indice della sezione
Indice generale
Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


Per informazioni, si prega contattare:
Otto Anders