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Giorgio Barberi Squarotti, Giuliano Gramigna, Angelo Mundula La quarta triade, Spirali, 2000, Milano, pagg. 251, lire 30000 La
quarta triade si propone come una ironica, oltre che provocatoria, antologia
tematica di tre autori di poesia italiani dalla lunga esperienza che, con
un intento ludico (ma non solo), dopo una lunga presenza nel panorama poetico,
costellata da indubbi riconoscimenti, spesso anche a livello di pratica
critica, (specialmente nel caso di Giorgio Barberi Squarotti e in quello
di Giuliano Gramigna), hanno deciso di mettersi in gioco, presentandosi
così come sono, magari con un intento polemico nei riguardi della
grande editoria che continua a pubblicare poesia, anche se, certamente,
non con un proposito di guadagno economico. In
un panorama come quello italiano, nel quale, a partire dal ‘300, le grandi
personalità poetiche sono state racchiuse appunto in triadi,
a partire da Dante, Petrarca e Boccaccio, passando per Carducci, Pascoli
e D’Annunzio, fino a giungere alla novecentesca serie di Montale,
Ungaretti e Quasimodo, quasi magia e sintesi del numero tre, può
destare l’interesse del lettore o del critico l’atto dissacratorio di questi
non più giovani autori, che raccogliendo testi già editi
in precedenti raccolte, in generale a partire dal periodo postbellico,
li hanno scanditi per temi, e li hanno presentati al lettore in questo
volume che vede una premessa dello stesso Barberi Squarotti e una puntuale
introduzione di Paola Pepe. E’
ovvio che l’opera, pur contenendo una componente di serietà d’intenti,
ha forte la valenza di un divertimento e forse, anzi sicuramente,
è nata sottesa a questa costellazione; è anche indubbiamente
vero anche che l’occasione di unirsi dei tre poeti sotto la cononica definizione
dell’epifania triadica, presenta come peculiarità essenziale,
proprio il carattere del’originalità ed è ovvio, che a parte
polemiche e provocazioni, il critico opterà per un sorriso, immergendosi
nei vari percorsi dei tre, che, tra l’altro, testimoniano la fede nella
parola poetica che qui si esemplifica per chi la legga, come testimonianza
del tempo, della creatività, che, uscendo fuori da ogni accademismo,
tendenza o gruppo, esce anche fuori dalla durata, dal tempo degli
orologi tipico della narrativa, pur rimanendo fondamentale per la stessa,
una forte valenza etica e storica. Come dice Squarotti nella suddetta premessa,
in molti casi, nell’approccio al mondo della poesia, scolastico e universitario,
si è persa molto spesso la fruizione, da parte degli studenti, di
quello che è il punto più importante, la dimensione testuale,
questo a causa di una mentalità didattica che privilegia l’analisi
al contenuto: in pratica non si leggono più i testi (o quasi mai),
per dare spazio alla loro interpretazione: ecco quindi un intento profondo
di questo libro che privilegia la dimensione testuale e la riconduce, procedimento
interessante quanto utile, alla tematizzazione dei vari
argomenti, restituendo
così ai lettori, come in uno specchio, il lavoro poetico di decenni,
filtrato attraverso una scelta e una misura appropriate. I
temi privilegiati sembrano toccare le sfere più classiche praticate
dalla poesia italiana contemporanea: Il sogno, Il sacro, L’io e l’altro,
L’immagine, Poesia e iperrealtà: essi forniscono per il lettore
di poesia, anche per i giovani o per i non cultori di questo campo, la
possibilità di un approccio al testo poetico, positivo, nel senso
che il carattere della poesia che qui leggiamo, pur essendo connotato da
una complessità, da una costruzione spesso raffinata e articolata,
non cade mai nell’incomprensibilità di tanta poesia contemporanea
e, per questo, può essere un buon viatico, proprio per chi volesse
scoprire il mondo della poesia, giovandosi anche oltre che della premessa
di Squarotti, dell’introduzione della Pepe che mette in evidenza la dimensione
della responsabilità dell’esperienza poetica che, nelle società
informatizzate, genera una parola letteraria che è misura storica
dell’alterità e della differenza. Non
essendo questa la sede per occuparsi degli stili o dei caratteri dei tre
singoli autori, si può però mettere in evidenza, sia pure
a livello superficiale, un loro punto in comune, in sintonia con il suddetto
discorso: il dato essenziale pare configurarsi in una resa del paesaggio
simbolico sospeso tra chiaroscuri di varie raffigurazioni, a volte onirico
nella sua irrealtà o realtà ulteriore che sia, in un fare
poesia, dove dominano i dualismi tra vita e morte, vero e finzione,
bene e male, pensiero ed essere, attività umana e processo naturale,
dualismi che trovano il denominatore comune della valenza etica dell’impegno
artistico nel suo adeguarsi all’aprirsi del Terzo Millennio, mantenendo
intatte le proprie possibilità attraverso i suoi messaggi in un
fluire diacronico che giunge fino ai nostri giorni, testimone di ricerche
da parte dei tre responsabili e definite. Indice della sezione Indice generale Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |