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Angelo Lippo, Le sillabe del vento edizioni dell’Oleandro, 2001, pagg. 48, L. 10.000 La simmetria, quella che domina il nostro corpo e ci fa conoscere a volte le irregolarità fievolmente apparenti del doppio profilo, o della non specularità del viso, la simmetria, quella che ci viene offerta dalle convoluzioni delle conchiglie o dalle architetture, i rosoni, i colonnati, segna un momento in cui l’artista, con un misto di candore, vive e rievoca l’ironia della storia o la spudoratezza del sentimentalismo. “Qui, dove
intuisco il confine,
il sapore
aspro della saliva negli occhi,
è un
tuffo per non perdermi.
Ogni giorno
mi nascondo qualcosa:
giacche, pantaloni,
camicie
non bastano
più. Pervicace
è la
moria dei gelsomini.
Non so perché,
neppure come.
Troppo frequenti
i rumori nel giardino
affossato
da smarrimenti di lucertole.
Anche la luce
giunge assonnata,
quasi perduta.
Nulla vibra sui fondali.
Resto la voce
dal timbro metallico
che percuote
il sonno della ragione.” (pag. 34)
Così
Angelo Lippo ritaglia spezzoni del tempo per ri/comporre quelle seduzioni,
che ci affascinano spesso senza lasciar traccia, o ci affogano attraverso
la curiosità delle innumerevoli frequentazioni, per inventarsi una
commensurabilità che possa privilegiare il sogno.
(al mio Galeso)
“Dalle salmastre
rive dello Jonio
dove a filo
d’acqua s’innalza bianco
il peana dei
gabbiani in volo a sera
si smorzano
le nenie dei pescatori
tutt’uno nel
risucchio delle reti,
un giorno
riascolterai
la scintillante
frescura del tuo nome.
E giustizia
ti resa.” (pag.26)
La memoria
nei suoi molteplici retaggi mediterranei (quello fenicio, quello bizantino,
italiano, greco, arabo, normanno, pagano, cristiano) respira, fra le pagine
di questo volume, quasi come un immenso presente che rivendica direttamente
o indirettamente la affabulazione dell’abbandono.
“…era umano
il canto
dei pescatori
all’alba,
alla marina,
e tra i vicoli
lo schiamazzo
dei ragazzi
un’allegra
baraonda.
Era caldo
di vita
il corpo della
donna
intenta a
lavare i panni.
E tutto aveva
il sapore
delle sere
affogate nelle
grida del caldarrostaio…” (pag. 21)
Lippo – scrive
Dante Maffia nella prefazione – ha avuto la capacità di rinnovarsi
senza disconoscersi, di ripensare la vita e quindi la poesia (o se volete
viceversa) non più o non soltanto come un diario di accensioni o
come scansione e annotazioni di traguardi perduti o da raggiungere a tutti
i costi.
Adesso il
suo approccio è più leale, innanzi tutto con se stesso, e
il suo sguardo è sereno (non pago, per carità, non conchiuso
e definitivamente soddisfatto), privo degli smarrimenti che lo avevano
caratterizzato quando tentava di frugare l’imponderabile dei sogni e delle
rincorse esaltanti delle rinunce obbligate.
Io aggiungerei
che la stagione di questo inistancabile poeta rimane sempre aperta a nuovi
orizzonti, portando con se le dimensioni del sogno e della illusione
per ritornare a casa prima che scoppi l’uragano.
9
marzo 2001
Indice della sezione Indice generale Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |