Agneta
Falk: It's not love, it's love
traduzione
di Raffaella Marzano
Salerno,
Multimedia, 2000, pp. 121
Ha scritto Lawrence Ferlinghetti
che le sue poesie "danno a noi americani la possibilità di capire
fino in fondo la coscienza di un paesaggio grigio molto lontano dal nostro."
Di paesaggi molto lontani dalla solarità californiana si tratta,
indubbiamente, se è vero che Agneta è nata nella brumosa
Stoccolma nel 1946 e ha vissuto dal 1969 in Inghilterra, per lo più
tra Lincolnshire e Yorkshire. Le stupende poesie di "It's not Love, It's
Love", tradotte e pubblicate dalla Multimedia di Salerno, sembrano generarsi
nel chiaroscuro autunnale di un landscape geografico e umano ai limiti
della vivibilità. In un universo grigio dove "life's on low watt
("Opaque Hell", p. 10)", saturata com'è dalla pioggia incessabile
e dalla frammentazione delle relazioni, la speranza assomiglia al timido
raggio di sole che trapela tra le nubi in un momento di magico incanto
degli elementi.
Di questo incanto, la poesia
della Falk si fa magistralmente interprete, intessendo di una fitta trama
di interrelazioni metaforiche la gratuità e vacuità di un
agire quotidiano privato ormai di senso. In un crescendo di fiducia nella
forza umanizzante della parola, le liriche della raccolta rivelano barlumi
di luce intermittente sull'inagibilità di un quotidiano opprimente
come il cielo dello Yorkshire: "the clouds shift / play havoc with the
light / tear the hills apart / so you never quite know / when or where
you are. ("Whisperings", p. 8)." Fonte dell'angoscia esistenziale è
il "symbiotic rot", che determina la scissione tra la maschera implicata
dal nostro ruolo nella società e uno scomodo rimosso, i cui contenuti
sono innanzitutto sociali ("the exclusion of those / whose blood is thinning
/ to the point of powerless oblivion, / the isolated shape / in the street
or bar, / leaning on surfaces /that lay no claim to them, …(For Real",
p. 14)." Le implicazione socio-politiche che lo sguardo poetico comporta
sono ben presenti nella poesia della Falk, che non disgiunge mai il compito
di guardare il mondo con occhi diversi da quello di trasformarlo nel concreto.
Assumere una certa visuale significa allora simultaneamente prendere una
posizione, anche politica, di fronte alla violenza insita nei rapporti
sociali: è quello che succede in "Shivering Mountain", dove si parla
di una giovane prostituta uccisa dal suo protettore, o in "Post-cards",
dove la voce narrante si trova al centro di un episodio di guerrilla in
Guatemala. In "Old Blood" e in "Found Poem" sono gli orrori della guerra
nord-irlandese e di quella del Kossovo a suscitare i toni indignati di
"a poem decrying the injustice visited upon human beings by systems of
exploitation and oppression ("Afterword", p. 120)."
I toni delle prime liriche
di "It's not Love, It's Love" riecheggiano i modi confessionali delle americane
Sylvia Plath e Anne Sexton, con una forte insistenza sulla dimensione soggettiva
dell'esperienza e un tipo di metaforicità più discorsiva.
Man mano che la visione della poetessa si affina, tuttavia, il verso diventa
più slant (obliquo), alla maniera della Dickinson, o di una Hilda
Doolittle, acquistando attraverso la brevità una maggiore incisività
di prospettiva. La rarefatta sospensione di questi testi, mai fine a se
stessa, sottende sempre una dolorosa tensione esistenziale, che si manifesta
in primo luogo nell'irrequietezza del proprio essere donna e artista: "it's
in this space / between coming and going / she falls outside the circle
// of being at home / with the structures that / make up a dwelling //
to dance and sing / her own songs / where her tongue / can move freely
// toward new beginnings…("It burns", p. 34)."
La precisione dell'immagine è
per Agneta un imperativo etico irrinunciabile della poesia, soprattutto
quando questa sceglie di esplorare i terreni accidentati del feeling amoroso.
E' appunto la descrizione lucida e appassionata dell'estasi erotica a fare
da veicolo per una rinnovata fiducia nelle capacità dell'uomo di
reinventare un mondo (il mondo?) a sua immagine e somiglianza. L'amante
si con-fonde al limite dell'assurdo col corpo della donna e da questa fusione
scaturisce, finalmente, dopo un'attesa interminabile, la luce: "Her body
opens / to the light he pours / into her and together / they travel the
alleyways / of ancestral weeping…("Hand", p. 118.)" Luce e silenzio non
sono sinonimi di escapismo dal mondo per la Falk, ma vie di liberazione
del mondo e nel mondo. Sono esperienze che si pongono come "goads
to the deeper affirmation of love and the global victory of the spirit
("Afterword", p. 120)." Così in "Do you know", il silenzio appare
come qualcosa che "rises louder than a scream / that hurls itself against
/ the wall of indifference / that silence which has had / its tongue cut
out / but never ever stops screaming ("Do you know", p. 92)."
Nutrita alle fonti delle poetiche
d'avanguardia europee ed americane, la poesia della Falk non tradisce mai
la sua vocazione a un imperativo etico della scrittura, che si traduca
innanzitutto in un posizionamento strategico (in senso emozionale, ma anche
politico) della parola. La condizione della donna, del reietto sociale
e dell'artista sono il perno della sofferta quest per una continua ridefinizione
del senso del nostro essere nel mondo, in vista di una sua trasformazione
utopisticamente sempre più necessaria. E' solo accettando pienamente
"the burden of negation and chaos in contemporary life" che la voce del
poeta riesce a rivelare sprazzi di luce e speranza attraverso le maglie
di quella negazione. La poesia di Agneta assolve a questo compito mirabilmente,
regalandoci momenti di irripetibile incanto. Come il primo raggio di sole,
dopo la pioggia insistente dell'autunno.
16 maggio
2001
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Immagine:
Antonio
Belém,
Phorbéa,
Napoli 1997
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