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Ranieri Teti : Il senso scritto, ed. Anterem, 2001, s.i.p. Celata, allusiva, ipotetica, implicita come luogo estremo, ancora una volta la poesia spezza il discorso per dare spazio ad un soffio (pneuma) riconquistando le labbra per la parola enunciata e non ancora ascoltata. Non si celebra nulla di utopico, ma, nel mettere in fuga gli eventi, la visione, che è significanza, rincorre a più livelli l’evocazione onirica della memoria a brandelli, ove l’intreccio si ripulisce dall’accumulo, provocando la crisi della rappresentazione per un elogio della trasformazione. “dagli scogli alfabeti dai valichi nella ripetizione dei minuti per tutti i reliquati, quello che rifluisce a dis- misura al punto che moltiplica differenze, per ogni volume all’inizio o parola divisa, per indici e indizi a tutte le intenzioni di passo andando, vacanti a quale grado d’angolo la partizione la prospettiva nella traversata del vano, nel silenzio che si sfoglia in marmo dai rilievi come osservazioni, solo nei frammenti solo nell’andamento o in esilio” (pag. 17) “La voce del poeta – scrive Tiziano Salari nella nota critica – esce dal silenzio e dall’ombra, cioè dal luogo dove dimora e da dove rinasce attraverso la scrittura. E’ nell’abbandono all’infinita inessenzialità della sua finitudine e singolarità, il punto a cui non è giunto, ma in cui è da sempre avvenuto e sta avvenendo, che il poeta scopre con un soprassalto la spazialità in cui si trova ad essere.” Una miopia storica diviene spazio di libertà a mutare categorie fuori della realtà , a rimodellare azioni che sono rimaste sospese, o al contrario un evento storico, consapevole della sua stessa vanità, si decora in metafora per una nuova apparizione. Il senso del tempo riconquista gli specchi nella ulteriore dissoluzione, così che un volto apparso sulla superficie dell’acqua può andare al fondo senza distogliere lo sguardo del riflesso. “luoghi ulteriori in vitro verticali nel correre specchiarsi in risonanza a modulazioni di zona in sequenze balla dentro incorporei letterali frequenti accelerando a domani volumi e domani”. (pag. 42) Nel suo farsi la lingua, veicolo di cariche semantiche, recupera quei margini e quei bordi che la parola attesta, facendosi acquiescenza, scommettendo contro il segreto della conoscenza, e aggiungendo registri alla propensione del distacco per evitare di ricadere nel vissuto, corpo della ragione e fiato del silenzio. Nel proporre scelte aperte al “soffio” inatteso, Ranieri Teti conosce bene i suoi strumenti: ha cultura da proporre, suoni da celebrare, ossessioni da rimuovere, quasi sempre con toni che scandiscono la raffinatezza del ritmo. “se tutto vero tutto immerso in soglie tra la pagina bianca la pagina dietro per ogni pur vero o solo immaginato esito di altri a degradare per assenze per interposti mancare latenze mostrando in studio in audio lacerti per stanze vuote” (pag. 12) Non nuovo
al tentativo di re/interpretare il pensiero l’autore ci offre un suo linguaggio
confortato da una rara capacità di erosione progressiva e di evasione
linguistica. 4
luglio 2001
Indice della sezione Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |