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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche La poetica
neocontemporanea di Raffaele Perrotta
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Da Pensare
D’Annunzio ad Alea,
la scrittura
di Raffaele Perrotta è di fatto l’esemplarità di come nel
mondo neocontemporaneo - quello che chiamano postmoderno - del XXI secolo,
si traduca con spirito autentico e conseguentemente originale - secondo
il dire di Auden – la parabola iniziata con le avanguardie storiche, Baudelaire,
Rimbaud, Mallarmé, pervenuta sino a noi, al meriggio di un’epoca.
Rottura
paradigmatica, il segno forte del pensare poetico, del poetare pensante
di Perrotta che
attraversando
Eraclito e Pound, D’Annunzio e Nietzsche, non dimentico che Poesia è
il luogo dell’incontro sintetico tra significante e significato, tra senso
e significato, tra simbolo e realtà, tra spirito e carne, non si
limita ad un’operazione chirurgica impropria, alla pars destruens lavorando
sulla grammatica, sul vocabolario, ma opera sulla sintassi, sapendo che
l’elaborazione delle parole, non intacca e non può intaccare la
parola.
Questo
diventa il significato pensante dell’agire e del fare perrottiano, la sua
marcatura di pensiero che è, naturalmente, complesso di idee, quindi
ideologia nel suo puro costituirsi: un’operazione chirurgica, dice Perrotta,
non si può limitare allo smantellamento di questo o quell’apparato,
di questo o quell’organo: l’operazione chirurgica come l’operazione letterario-poetica,
se tale è si completa nella sua naturale pars construens , nella
riattivazione di un organo e della sua funzione: se ciò avviene,
come avviene nell’opera perrottiana, siamo dinanzi ad un’opera di pensiero,
ad un’astrazione che si concretizza nella costruzione di una sintassi con
le nuove parole, con il dizionario nuovo che, in laboratorio, si
è andati costruendo.
Non, qui
letteratura e là filosofia: ma l’incontro fisiologico ed umano di
queste nella tentata e
avventurata
sintesi, unione come fu solamente nell’Inizio. Come è nell’Origine.
Perrotta
non si è fatto epigono dell’ultimissimo Joyce e non cade nell’incompletezza
di un Villa, che eccedono e stravolgono la loro stella ponendosi in una
posizione talmente eccentrica da risultare un posizione artefatta e psichica,
dove il senso e il significato, il significante e il significato non possono
più dialettizzare venendo a mancare un termine di mediazione che
è, poi, quello che si vuole – si deve – dire. Il dicendo.
Piuttosto,
nel panorama, vedi di Perrotta compagno di strada Sollers, anche lui veniente
dall’esperimento - l’esperienza e i moti di Tel Quel - adesso intelligente
scrittura di un recente Casanova. Ma Perrotta sa che non si può
non pensare; è meno letterato, essendo letteratissimo, e quindi
avendo spurgato: Perrotta ha fatto trasfusione di sangue. E quel sangue
perduto apparentemente, lo si ritrova nel sangue nuovo sotto le forme
di particole - parole – segni: sempre meno metafore sempre più
simboli.
E chi di
simboli vive, vive di legami e lega l’Antico con l’Attuale, il fu e il
sarà nell’è continuato, strada del presente che mostra il
futuro, sotto le forme della Forma – Rinnovellata.
E la Forma
sorprende per le sottostanti forme, quelle poetiche e quelle filosofiche
che si distinguono, perché la materia esiste, ma vivono contiguamente,
nell’unitaria ostia.
Presentare
l’ostia: ecco il punto cruciale dell’opera di Perrotta da cui si dipartono
e a cui convergono anche i cammini gnomici, magistrali – Perrotta
è anche magister – in una pòiesis che ancora una volta è
fatta di carne e di sangue aurati, di quell’aura che tanto profuma perché
legame – religio – di Terra e Cielo: manifestazione del Luogo Sacro - temenos
- dove gli dei hoelderliniani parrebbe possano ritornare.
Ettore Bonessio
di Terzet