|
||
Andrea Zanzotto, Sovrimpressioni Mondadori, Milano, 2001, pagg. 141, Lire 18000 Libro
importante, questo di Andrea Zanzotto, uscito nel giugno 2001 e già
alla prima ristampa, cosa quanto mai rara, in tempi così brevi,
anche per un poeta già tanto noto e apprezzato. Scevro dal seguire
correnti e, comunque, fin dai lontani inizi del suo iter creativo, elaboratore
di un linguaggio ontologico, inconfondibile, originale, sotteso ad una
ricerca sulla parola e sul senso di fare poesia per certi aspetti totale
e sperimentale, seppure non assimilabile a quello dei novissimi del gruppo
'63, il poeta veneto con Sovrimpressioni, giunge ad un nuovo capitolo della
sua poesia, pur collegato ad altre precedenti esperienze, eppure con elementi
di novità, sia dal punto di vista tematico, sia da quello formale.
Ancora una volta, come per un comune denominatore, che riallaccia questa
alle prove precedenti, soprattutto a quelle più recenti della "pseudo-trilogia"
composta da Il Galateo in bosco (1978), Fosfemi (1983) e Idioma (1986),
l'autore si esprime attraverso un discorso che vede, come coordinate
espressive, come variabili strettamente legate tra loro, il tema del paesaggio
che si fa parola contemplato e ricreato (vedi lo stesso titolo Sovrimpressioni)
attraverso un io poetico che guarda la natura in ogni suo macro o microelemento
e pare immergersi in essa attraverso il linguaggio, subirne una fortissima
fascinazione e una grande suggestione, sperdendosi continuamente in essa
e riemergendone continuamente, cogliendone rimandi e influenze che, in
ogni componimento, superano la mera descrizione (per esempio dei Palù,
zone acquitrinose, della rosa canina, della neve in tutte le sue iridescenze),
per divenire parti del suo io, della sua identità attraverso i luoghi,
la natura del suo Veneto. Una natura, dunque, quella di Zanzotto, che non
rimane mai scenario o pittura, ma che invece coinvolge, commuove, estensione
del suo io, della sua storia personale, interiorizzata, che, efficacemente
viene rivelata al lettore. A questo proposito è centrale mettere
in rilievo che Sovrimpressioni, testo composito, la cui ultima sezione
è in dialetto veneto, ha come tema prevalente, e questo è
un elemento di novità nella produzione di questo autore, quello
che si potrebbe definire ecologico: il degrado e la distruzione del paesaggio,
la trasformazione dell'ambiente naturale, vissuta drammaticamente, ma anche
con accenti di speranza e affetto: è tutta una ricerca, un perlustrare
luoghi vissuti come mitici, quasi che gli occhi stessi di chi osserva,
tramite la parola, potrebbero preservarli e difendere dall'avanzare inevitabile
della tecnologia e del progresso, con le loro ragioni economiche e politiche,
prima che a misura d'uomo:-"Dov'è sparita, o finalmente/essa è
vera nel suo sparire, nel suo nuovo look,/ nel suo essersi fatta esodo
senza lacrime? Ssst di echi di mille mute cose/ guscio o coffin di inaudibili
adii/ ma non è proprio così il suo puro esser qui?//…"; facilmente
quindi si rileva, lo struggimento reattivo del poeta, la sua energia nel
far divenire anche il lettore, testimone di un mondo, il mondo di Zanzotto
ma anche di tutti noi, che cambia secondo le coordinate del profitto. In
ogni caso, comunque, la natura, in ogni sua fibra vivente e vibrante, viene
resa mirabilmente attraverso immagini che hanno qualcosa di luminoso nella
loro evocativtà, e dove ogni tinta o rifrazione viene mirabilmente
sublimata; il poeta nomina con il nome preciso, ogni specie, ogni elemento
che viene ad incontrare e, ad esempio, chiama il fiore rosa canina e non
rimane mai nel vago: anche questo accresce la bellezza e il senso di meraviglia
a volte eccezionalmente pervasiva che domina in queste pagine. E' il pensiero
che si svela come indomita presenza tra sopravvissute meraviglie, ancora
più eccezionali perché in contrasto nella visione tragica
e desolante con la spazzatura che adesso regna antitetica alle incomparabili
bellezze naturali. Sicuramente,
in questa fase della scrittura di Zanzotto, rispetto ad esperienze ormai
lontane, il poeta ritrova nei suoi tessuti sintattici e semantici, una
forte quota di senso e il recupero pieno del significato e del discorso:
questo fa parte del suo rinnovarsi continuo, attraverso un dire poetico,
che è sempre altissimo e originale nella sua capacità di
reinventarsi. 10
settembre 2001
Indice della sezione Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |