Alfonso
Maria Di Nola, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna
italiana, Ed. Bollati Boringhieri, 2001, pagg. 344, L.45.000
La frenetica
fantasia, il giocoso ripetersi del magico, la selvatica tenerezza della
credulità contadina, divengono, in queste brillanti pagine di un
autore sino ad oggi ingiustamente ritenuto di secondaria importanza, il
motivo dominante di una ricerca condotta in maniera assolutamente interessante
e completa.
La nozione
antropologica di cultura è l’elemento costantemente ricercato dall’autore,
il quale instancabilmente si impegna a rileggere ed a riportare in luce
molti degli elementi che hanno caratterizzato le credenze ed i miti
della gente meridionale.
Dal simbolo
del serpente – ed oltre che simbolo l’animale stesso – presso le contrade
abbruzzesi, ove la folla dei partecipanti è composta non solo dalla
gente del luogo, ma da centinaia e centinaia di emigrati che ritornano
dalle loro sedi anche lontane per intervenire al rito, al cerimoniale di
un pellegrinaggio ricco di devozione sacrale, per una schietta frequentazione
dell’immaginario.
Fra uomini
e donne che partecipano a questo fantasmagorico revival il passato sembra
essere ancora un presente, che si rispecchia e che corrisponde alla valenza
delle misteriose formulazioni delle attese.
La costumanza
apre notizie ed informazioni segnalate nelle metamorfosi della civiltà,
una impronta che non viene cancellata dagli anni, né dalla evoluzione
della “storia”.
Nella realtà
delle esperienze umane è riconducibile una “logica” come materializzazione
dei sentimenti, per cui i caratteri della sequenza festiva consentono agli
“eletti” di definire i momenti rituali e di sprigionare ancestrali rievocazioni
nel dettato e nella cerimonia.
La dimensione
pastorale si contrappone alla sicurezza culturale rielaborando quei miti
che hanno fatto epoca e che sono tuttora motivo di festività.
Così
A.M. Di Nola ci traspota attraverso capitoli delicatissimi e coinvolgenti.
“La reliquia
del dente”, “il ciarallo come operatore rituale”, “la qualificazione
dei serpari di San Domenico”, “incubazione e incantesimo della fecondità”,
“la sacra rappresentazione del lupo”, “la festa di Sant’Antonio Abate”,
“la relazione mitica e rituale fra santo e porco”, “la questua e la consumazione
gratuita dei beni alimentari”, “le feste rurali del bue e del solco dritto
in abruzzo”, in un rilievo fonetico per il quale anche dalla parola critica
traspare un romantico desiderio di modernità – straordinario
potere incantatorio di un insonne rabdomante.
“I ritorni
alla festa non assumono il valore di una reviviscenza dei miti che sono
dietro l’occasione festiva – scrive nella prefazione Francesco Pompeo –
ma quasi divengono il recupero di una identità umana perduta e frammentata,
un riattingimento delle radici”.
E’ questa
una privilegiata ricerca di ricomposizione storica.
Indice
generale
Immagine:
Antonio
Belém,
Phorbéa,
Napoli 1997
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Otto
Anders |