|
||
Accade che nel viaggio testuale di Ettore Bonessio di Terzet il peregrinare sia sonda di una scrittura che rinviene nella piega del pensiero la visionarietà: Visioni del Viaggio, appunto. E se prima del cammino c’è una sosta, questa è la soglia che consente l’attraversamento del dire quando chiede d’interrogare il silenzio, perché, già dagli Antefatti, si scateni il vedere altro e altro si accompagni a costituire il rigo. E’ per tanto che in un’aria constativa si può praticare l’esercizio della libertà e avvicinare così in sillaba il destino. Il fenomeno è di stretta risonanza poetica: intende chiamare a sé il ritmo della voce, il colore dell’indistinzione tra natura e cultura fin che arte non avvenga; e chiama a sé una sensorialità sempre all’erta che passa per lo sguardo: E’ uno sguardo che non disdegna il passo del leggendario, se ad esempio in “ Finisterre “, irrompono l’eco di Eliot e di Archibald MacLeish innalzando la citazione ad atto. Questioni di Dettagli: le cose sono la terra e la terra è nell’avventura della parola. Nell’avventura il poeta viandante si ritrova separato, la meta si porge indistinguibile, eppure è la fermezza della lettera che lo accerta che tutto è abitato dallo spirito dell’enunciazione. Il percorso scandisce propri Momenti: città come luogo d’occasione del verbo, storia dell’oggi trasformata da una pittura fonale finissima, temporalità del figurativo sempre desta a realizzarsi. Nella maturità stilistica del verso si fa viva l’anima letteraria; quasi una lettera dantesca spedita agli amici, la poesia sigilla il progetto, le intenzioni. Che sarà, alla fine, dell’hopkinsiano naufragio? In Titanic e ( tra parentesi ) mimesi e diegesi degli affetti e delle pulsioni ci porgono la poesia come fede irrinunciabile, lanciata oltre la catastrofe. Poesia quale futuro, salvifica rivelazione di là della morte dell’uomo.
Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |