Vico Acitillo 124
Poetry Wave
 

Recensioni e note critiche
Antonio Spagnuolo: Rapinando alfabeti
di Mariapia Giulivo


Antonio Spagnuolo, Rapinando alfabeti
Ed. l’assedio della poesia, s.i.p.
 
(intervento letto in occasione della presentazione del volume presso il Teatro Rossini di Gioia del Collela sera del 26 gennaio 2002)

 

Per introdurre la figura di scrittore, poeta, intellettuale, così ricca,multiforme e sfaccettata come quella di Antonio Spagnuolo, avevo davanti a me due strade: una, quella piùaccademica e formale, che ponesse soprattutto l’accento sulla biografia, le opere, i premi vinti, le recensioni, i critici illustri che si sono occupati di lui, con qualche nota personale rivolta soprattutto all’aspetto letterario del poeta. L’altra, se vogliamo più atipica e per certi versi più difficile e insidiosa, che offrisse un ritratto dell’autore molto “a modo mio”, sottolineandone i risvolti umani oltre che letterari, colti con l’occhio di una donna. Antonio appartiene, secondo me, a quella categoria di scrittori in cui il tratto umano, interiore, del vissuto ,si intreccia magicamente con la scrittura, dando vita ad una straordinariaalchimia che non può essere ignorata. 

Ho conosciuto Antonio Spagnuolo esattamente cinque mesi fa…ma devo dire che è come se lo conoscessi da lunghi anni…di più. Come se lo conoscessi da sempre. Nello scorso luglio fu l’amico poeta Giacomo Leronnia stimolarmi ad inviare ad Antonio, valente poeta napoletano ricco di esperienza,la mia prima raccolta di Poesie “ALTALUNA”, per farmi conoscere e riceverne un parere. Con molta reticenza, e dopo vari tentennamenti, dovuti al fatto che spesso, i poeti e intellettuali più “importanti” di noi, hannoatteggiamenti spocchiosi, altezzosi e non sempre rispondono, mi decisia fare quello che Giacomo mi chiedeva, parlandomi di Antonio Spagnuolo con entusiasmo e affetto.

Due giorni dopo, già attraverso un messaggio di posta elettronica, Antonio mi dava riscontro di aver ricevuto il libro…con semplicità, gentilezza, e garbo, anticipandomi una risposta per lettera a distanza di qualche giorno. I giorni di attesa furono solo cinque. Ricevetti una risposta franca, sincera, senza fronzoli, incoraggiante ma senza mezze misure, senza false lodi, dallo stile asciutto ma partecipe. Lo stile “umano” di Antonio, che nelle vita esercita la professione medica ed è abituato al contatto “positivo” ma senza infingimenti con la gente. Questo mi stupì piacevolmente, era un atteggiamento senza paternalismi, deciso, costruttivo. Qualche settimana dopo Antonio venne in Puglia ospitato in una manifestazione culturale a Grottaglie e io e Leronnicogliemmo l’occasione per conoscerlo dal vivo. Mi trovai di fronte una persona completamente diversa da come l’avevo immaginata. E dico, senza remoreche ad intuito ho capito in quel momento, subito , la profonda umanità e al tempo stesso la caleidoscopica complessità di questo autore non solo ascoltando per la prima volta i suoi versi( che ho letto dopo) ma osservando i suoi occhi.

Uno sguardo saggio, dovuto alla lunga militanza in poesia ,filosofia e letteratura, oltre che all’esercizioappassionato della scienza medica. Uno sguardo a tratti malinconico, dovuto- ora lo so –al dolore celato e profondo di vicende famigliari pesanti come un macigno che hanno segnato gran parte della sua vita e della sua poesia.

Main quello sguardo filosoficamente pensosocolsi un guizzo metallico, il lampo scintillante della creatività e dell’ironia, della vivacità intellettuale, il bagliore di un ‘intelligenza viva, curiosa ed ancora attivissima. Giacomo e mio marito ricorderanno le considerazioni che feci sullo sguardo di Antonio, che devo dire , a me sembrò propriolo sguardo che avevo sempre immaginato e mai visto in un poeta.

Dopo quella sera d’agosto è nata una gran bella amicizia, fatta di stima reciproca, affetto, ma anche di accese dispute intorno alla poesia, alla metrica, alle letture, alla preghiera, al ruolo del poeta nella attuale società, al mondo della poesia sempre troppo avaro di partecipazione e soddisfazioni.

Un dialogo vivacissimo costruito tra messaggi di posta elettronica e qualche lettera che è stato ed è tuttora sempre ricco e stimolante e non esente da polemiche, soprattutto da parte mia.

E’ perciò che con vera gioia ho accolto questa occasione per presentare Antonio Spagnuolo, persino con un sottile trasgressivo compiacimento.

Tento di spiegare perché. Chi non ha mai letto Spagnuoloha quasi sempre un impatto molto fortecon l’enigma dei suoi testi, che sono sensuali, avviluppanti, densi, pittorici, musicali , provocatori.

In essi, e lo ammette lo stesso autore, c’è un “tu” poetico a cui egli si rivolge, con cui accenna un dialogo privo di costrutti, assolutamente sospeso nella atemporalità enella magia di luoghi e penombre immaginate. Se glielo domandate, Antonio vi risponderà che i suoi “tu” sono rivolti alla donna…Attenzione: non ad una donna in particolare, ma alla donna come figura , immagine, proiezione di non definibilipercorsi mentali. Una donna che l’autore “sublima” ma non angelicamente…bensì nei suoi aspetti più carnali e appassionati che al tempo stesso sono paradossalmente eterei , filosofici, impulsi prodotti dall’inconscio e dalla psiche… Una immagine femminile spesso sfuggente, morbida,che offrendosi all’eros sconfigge iltanatos,e dunque ,la morte. Personalmente ho avuto e ho tuttora difficoltà a capire questa affermazione, tanta è realistica la fisicità nei versi eperché forse cerco un senso logico che in tutta la produzione poetica di Antonio non esiste o precede la logica stessa…Mi è difficile pensare a cose soltanto immaginate… Io credo cheuna logica esista, anche se essa è abilmente celata fra le pieghe e le allusioni di un verso fluido, ammaliante, stordente, inebriante, duro, difficile, articolato, e solo un lettore attento e smaliziato può “sezionare” la parola, scomporla e tentare la lettura di un contenuto che ad Antonio pare non interessare, tutto preso com’è dal gioco del non senso, del testo in quanto formae musica, che comunica attraverso suggestioni e non significati. E’ poesia del non detto, del non svelato, con spezzoni deldolore del quotidiano, pur attraverso una corporeità spesso violenta, sanguigna, intrisa di tormento, sudore, profumi, che non insegue mai la“narrazione” in quanto tale. I temi, apparentemente inesistenti ma spesso scabrosi, lucidi, pensosi,dove l’illusione e l’inadeguatezza dellarealtà si fondono in scorribande oniriche, scandite con terminiforti e inequivocabili tratti dallainfinita geografia del corpo femminile, a volte racchiusi in potenti metafore di straordinaria plasticità, forse possono persino far arrossire, soprattutto una donna. Parlando di me stessa, dico che non solo non arrossisco, ma sono sempre intrigata dal dubbio che la poesia di Antonio insinua nella mente, dallacapacità di penetrare metaforicamente un mondo complesso, oscuro, fragile e misterioso quale è quello dell’eros inteso in una accezione limpida etotalizzante: non pura materia e neppure solo spirito, non solo corpo maanche psiche, non solo parola ma anche evocazione di gesti e lussurie,e soprattutto ansia di eternità nell’unico modo possibile per il poeta,in un universo spesso disperato che si concentra e si libera solo nella scrittura e nel sogno. Il verso diventa veicolo ed approdo, sosta e fuga, invenzione e realismo crudo, sconcertante, spiazzante, irridente, rapinoso, clandestino, non catalogabile nella sfera della semplice comprensione ma piuttosto in quella della continua ricerca testuale. E’ quasi una sorta di preghiera che profanamente dà senso di infinitezza alla vita, la sintesi suprema dell’essere che per realizzarsi pienamente nella poesia, in quella scritta e in quella vissuta, deve abbandonare preconcetti e pudori e sciogliersi in un canto che esprima lacomplessità del mondo interiore, anche nei suoi aspetti più azzardati e incofessabili e deve proiettarsi all’esterno come divenire continuo di una suggestione linguistica che è atto creativo urgente,irrinunciabile, sofferto, trasgressivo. C’è molta sacralità, molta “purezza”, molta ansia di verità e difede nella apparente dissacrante carnalità della poesia di Antonio. Ma bisogna saper leggere, saper cercare…Davvero numerosissimi sono stati i critici che hanno tentato una lettura dell’opera di Spagnuolo: ne cito solo qualcuno. Alberto Asor Rosa, che lo ospita nel suo Dizionario della letteratura Italiana del 900,Carmine Di Biase, Giò Ferri, Stefano Lanuzza, Alberto Cappi, Mario Lunetta, Gian Battista Nazzaro, Felice Piemontese, Giovanni Raboni…e molti altri.Citerò solo un passo,che a me pare molto significativo, tra i tanti, quello di Giuliano Manacorda, tratto da “I limoni” -la Poesia italiana nel 199: L’attività poetica di Antonio Spagnuolo si è frequentemente mossa tra una professionale consuetudine con il lessico scientifico e l’abilità di usufruirlo e di estenderlo a sensi ampi, totali, che alludono ad una condizione , che non è soltanto fisica, dell’uomo immerso nella storia, nella sua storia…La poesia è legata all’inconscio, coincide con l’eros ed in esso si identifica per quella forza necessaria ad interrompere il sopraggiungere di Tanatos. E’ questa l’ utopia del testo, che può trasformare gli strabici segnali della realtà in chimere inaspettate. Poesiadella vita e della morte è questa ancor più che poesia dell’amore, un amore anche fisico che ne avvolge il tormento in una dizione sapiente e, forse, pacificatrice. Le opere in poesia pubblicate da Antonio sono numerosissime, tenendo conto che il primo libro è del 1953,ORE DEL TEMPO PERDUTO. Ne cito altre, in ordine sparso:AFFINITA’ IMPERFETTE, GRAFFITO CONTROLUCE, con prefazione di Giovanni Raboni, INGRESSO BIANCO, FOGLI DI CALENDARIO, con prefazione di Gian Battista Nazzaro, CANDIDA, con prefazione di Mario Pomilio, DIETRO IL RESTAURO, LE STANZE, IO TI INSEGUIRO’.Egli è inoltre presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali ed internazionali ed è inserito in varie e qualificate antologie e riviste, tra cui, Altri Termini, Hebenon. L’immaginazione, Issimo, Mito, Terra del Fuoco, Vernice ed è stato tradotto in francese, inglese, greco moderno e spagnolo.Ricordo l’ottimo volume di Massimo Pamio che ha preso in esame le sue opere edite tra il 74 e il 90 e che Antonio coordina in Internet la rassegna “Poetry wave/ vico Acitillo nel sito www. beatricia.net.Ha pubblicato anche saggi, opereper il teatro, e testi in prosa ,tra cui ricordo “Pausa di sghembo”, appunti per un romanzo scritti in una prosa poetica davvero senza veli, morbida, sensuosa, affascinante. Dalla copertina di questo romanzo, pubblicato nel 94 per “Rispostes” abbiamo tratto l’immagine riprodotta sulla locandina e sugli inviti, l’opera “L’abbraccio” del 1917 di Egon Schiele, grande pittore viennese allievo di Klimt, che riprese il contorno sinuoso del suo maestro e lo ritorse in disegni nevrotici e impetuosi, componendo splendidi nudi femminili sempre in bilico tra erotismo e patologia. Un ottimo e raffinato abbinamento a descrivere visivamente la poesia di cui vi sto parlando. Antonio è nato e vive a Napoli, città di cui soffre le mille contraddizioni ma che in fondo ama molto. Continua ancora a fare il medico, con caparbia passione, anche se potrebbe tranquillamente dedicarsi soloalla scrittura, avendo raggiunto l’età della pensione.Quest’ultimo libro,aperto da una esauriente prefazione di Plinio Perilli, si stempera, si semplifica, si addolcisce, rispetto ad esperienze precedenti…L’autore gioca però sempre a rimpiattino con se stesso, è imprendibile e al tempo stesso molto presente nelle pagine…ma solo per chi fa lo sforzo, lo ripeto, non privo di impegno, implicazioni, coinvolgimento di andare alla sua scoperta, nelle vibrazioni di un verso che a volte diventa altissimo e di una densitàammaliante…è un libro che “rapina” non solo alfabeti ma sensi e cuore di chi legge.

Ai critici illustri che ho citato, c’era davvero poco da aggiungeree non so se Antonio ha gradito questo mio intervento al femminile, poco critico ma molto sentito. Io spero di aver aiutato il pubblico a comprendere ,anche se sono consapevole che la poesia più che spiegata vada letta esoprattutto, con i tempi che corrono, vada vissuta. Io ho solo aggiunto, a voci importanti, la mia piccola, esile voce fuori dal coro, per dimostrare, forse persino a me stessa, che le donne sanno osare…

Sanno liberarsi da una comunicazione ingabbiata nei formalismi e sanno “sfidare” un poeta così difficile e spiazzante , che non vuole farsi scoprire, anche se tutta la sua poesia è un grido rabbioso contro il tempo, un dialogoverso il possibile , la ricerca di una voce che sappia ancora ascoltare.

23 febbraio 2002

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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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Otto Anders