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Antonio Spagnuolo, Rapinando alfabeti Ed. l’assedio della poesia, s.i.p. (intervento
letto in occasione della presentazione del volume presso il Teatro Rossini
di Gioia del Collela sera del 26
gennaio 2002)
Per
introdurre la figura di scrittore, poeta, intellettuale, così ricca,multiforme
e sfaccettata come quella di Ho
conosciuto Due
giorni dopo, già attraverso un messaggio di posta elettronica, Antonio
mi dava riscontro di aver ricevuto il libro…con semplicità, gentilezza,
e garbo, anticipandomi una risposta per lettera a distanza di qualche giorno.
I giorni di attesa furono solo cinque. Ricevetti una risposta franca, sincera,
senza fronzoli, incoraggiante ma senza mezze misure, senza false lodi,
dallo stile asciutto ma partecipe. Lo stile “umano” di Antonio, che nelle
vita esercita la professione medica ed è abituato al contatto “positivo”
ma senza infingimenti con la gente. Questo mi stupì piacevolmente,
era un atteggiamento senza paternalismi, deciso, costruttivo. Qualche settimana
dopo Antonio venne in Puglia ospitato in una manifestazione culturale a
Grottaglie e io e Leronnicogliemmo
l’occasione per conoscerlo dal vivo. Mi trovai di fronte una persona completamente
diversa da come l’avevo immaginata. E dico, senza remoreche
ad intuito ho capito in quel momento, subito , la profonda umanità
e al tempo stesso la caleidoscopica complessità di questo autore
non solo ascoltando per la prima volta i suoi versi( che ho letto dopo)
ma osservando i suoi occhi. Uno
sguardo saggio, dovuto alla lunga militanza in poesia ,filosofia e letteratura,
oltre che all’esercizioappassionato
della scienza medica. Uno sguardo a tratti malinconico, dovuto- ora lo
so –al dolore celato e profondo di vicende famigliari pesanti come un macigno
che hanno segnato gran parte della sua vita e della sua poesia. Main
quello sguardo filosoficamente pensosocolsi
un guizzo metallico, il lampo scintillante della creatività e dell’ironia,
della vivacità intellettuale, il bagliore di un ‘intelligenza viva,
curiosa ed ancora attivissima. Giacomo e mio marito ricorderanno le considerazioni
che feci sullo sguardo di Antonio, che devo dire , a me sembrò propriolo
sguardo che avevo sempre immaginato e mai visto in un poeta. Dopo
quella sera d’agosto è nata una gran bella amicizia, fatta di stima
reciproca, affetto, ma anche di accese dispute intorno alla poesia, alla
metrica, alle letture, alla preghiera, al ruolo del poeta nella attuale
società, al mondo della poesia sempre troppo avaro di partecipazione
e soddisfazioni. Un
dialogo vivacissimo costruito tra messaggi di posta elettronica e qualche
lettera che è stato ed è tuttora sempre ricco e stimolante
e non esente da polemiche, soprattutto da parte mia. E’
perciò che con vera gioia ho accolto questa occasione per presentare
Tento
di spiegare perché. Chi non ha mai letto Spagnuoloha
quasi sempre un impatto molto fortecon
l’enigma dei suoi testi, che sono sensuali, avviluppanti, densi, pittorici,
musicali , provocatori. In
essi, e lo ammette lo stesso autore, c’è un “tu” poetico a cui egli
si rivolge, con cui accenna un dialogo privo di costrutti, assolutamente
sospeso nella atemporalità enella
magia di luoghi e penombre immaginate. Se glielo domandate, Antonio vi
risponderà che i suoi “tu” sono rivolti alla donna…Attenzione: non
ad una donna in particolare, ma alla donna come figura , immagine, proiezione
di non definibilipercorsi mentali.
Una donna che l’autore “sublima” ma non angelicamente…bensì nei
suoi aspetti più carnali e appassionati che al tempo stesso sono
paradossalmente eterei , filosofici, impulsi prodotti dall’inconscio e
dalla psiche… Una immagine femminile spesso sfuggente, morbida,che
offrendosi all’eros sconfigge iltanatos,e
dunque ,la morte. Personalmente ho avuto e ho tuttora difficoltà
a capire questa affermazione, tanta è realistica la fisicità
nei versi eperché forse cerco
un senso logico che in tutta la produzione poetica di Antonio non esiste
o precede la logica stessa…Mi è difficile pensare a cose soltanto
immaginate… Io credo cheuna logica
esista, anche se essa è abilmente celata fra le pieghe e le allusioni
di un verso fluido, ammaliante, stordente, inebriante, duro, difficile,
articolato, e solo un lettore attento e smaliziato può “sezionare”
la parola, scomporla e tentare la lettura di un contenuto che ad Antonio
pare non interessare, tutto preso com’è dal gioco del non senso,
del testo in quanto formae musica,
che comunica attraverso suggestioni e non significati. E’ poesia del non
detto, del non svelato, con spezzoni deldolore
del quotidiano, pur attraverso una corporeità spesso violenta, sanguigna,
intrisa di tormento, sudore, profumi, che non insegue mai la“narrazione”
in quanto tale. I temi, apparentemente inesistenti ma spesso scabrosi,
lucidi, pensosi,dove l’illusione
e l’inadeguatezza dellarealtà
si fondono in scorribande oniriche, scandite con terminiforti
e inequivocabili tratti dallainfinita
geografia del corpo femminile, a volte racchiusi in potenti metafore di
straordinaria plasticità, forse possono persino far arrossire, soprattutto
una donna. Parlando di me stessa, dico che non solo non arrossisco, ma
sono sempre intrigata dal dubbio che la poesia di Antonio insinua nella
mente, dallacapacità di penetrare
metaforicamente un mondo complesso, oscuro, fragile e misterioso quale
è quello dell’eros inteso in una accezione limpida etotalizzante:
non pura materia e neppure solo spirito, non solo corpo maanche
psiche, non solo parola ma anche evocazione di gesti e lussurie,e
soprattutto ansia di eternità nell’unico modo possibile per il poeta,in
un universo spesso disperato che si concentra e si libera solo nella scrittura
e nel sogno. Il verso diventa veicolo ed approdo, sosta e fuga, invenzione
e realismo crudo, sconcertante, spiazzante, irridente, rapinoso, clandestino,
non catalogabile nella sfera della semplice comprensione ma piuttosto in
quella della continua ricerca testuale. E’ quasi una sorta di preghiera
che profanamente dà senso di infinitezza alla vita, la sintesi suprema
dell’essere che per realizzarsi pienamente nella poesia, in quella scritta
e in quella vissuta, deve abbandonare preconcetti e pudori e sciogliersi
in un canto che esprima lacomplessità
del mondo interiore, anche nei suoi aspetti più azzardati e incofessabili
e deve proiettarsi all’esterno come divenire continuo di una suggestione
linguistica che è atto creativo urgente,irrinunciabile,
sofferto, trasgressivo. C’è molta sacralità, molta “purezza”,
molta ansia di verità e difede
nella apparente dissacrante carnalità della poesia di Antonio. Ma
bisogna saper leggere, saper cercare…Davvero numerosissimi sono stati i
critici che hanno tentato una lettura dell’opera di Spagnuolo: ne cito
solo qualcuno. Alberto Asor Rosa, che lo ospita nel suo Dizionario della
letteratura Italiana del 900,Carmine Di Biase, Giò Ferri, Stefano
Lanuzza, Alberto Cappi, Mario Lunetta, Gian Battista Nazzaro, Felice Piemontese,
Giovanni Raboni…e molti altri.Citerò solo un passo,che a me pare
molto significativo, tra i tanti, quello di Giuliano Manacorda, tratto
da “I limoni” -la Poesia italiana nel 199: L’attività poetica
di Antonio
Spagnuolo
si è frequentemente mossa tra una professionale consuetudine con il lessico scientifico e l’abilità
di usufruirlo e di estenderlo a sensi ampi, totali, che alludono ad una
condizione , che non è soltanto fisica, dell’uomo immerso nella
storia, nella sua storia…La poesia è legata all’inconscio, coincide
con l’eros ed in esso si identifica per quella forza necessaria ad interrompere
il sopraggiungere di Tanatos. E’ questa l’ utopia del testo, che può
trasformare gli strabici segnali della realtà in chimere inaspettate.
Poesiadella vita e della morte è
questa ancor più che poesia dell’amore, un amore anche fisico che
ne avvolge il tormento in una dizione sapiente e, forse, pacificatrice. Le
opere in poesia pubblicate da Antonio sono numerosissime, tenendo conto
che il primo libro è del 1953,ORE DEL TEMPO PERDUTO. Ne cito altre,
in ordine sparso:AFFINITA’ IMPERFETTE, GRAFFITO CONTROLUCE, con prefazione
di Giovanni Raboni, INGRESSO BIANCO, FOGLI DI CALENDARIO, con prefazione
di Gian Battista Nazzaro, CANDIDA, con prefazione di Mario Pomilio, DIETRO
IL RESTAURO, LE STANZE, IO TI INSEGUIRO’.Egli è inoltre presente
in numerose mostre di poesia visiva nazionali ed internazionali ed è
inserito in varie e qualificate antologie
e riviste, tra cui, Altri Termini, Hebenon. L’immaginazione, Issimo, Mito,
Terra del Fuoco, Vernice ed è stato tradotto in francese, inglese,
greco moderno e spagnolo.Ricordo l’ottimo volume di Massimo Pamio che ha
preso in esame le sue opere edite tra il 74 e il 90 e che Antonio coordina
in Internet la rassegna “Poetry wave/ vico Acitillo nel sito www. beatricia.net.Ha
pubblicato anche saggi, opereper
il teatro, e testi in prosa ,tra cui ricordo “Pausa di sghembo”, appunti
per un romanzo scritti in una prosa
poetica davvero senza veli, morbida, sensuosa, affascinante. Dalla copertina
di questo romanzo, pubblicato nel 94 per “Rispostes” abbiamo tratto l’immagine
riprodotta sulla locandina e sugli inviti, l’opera “L’abbraccio” del 1917
di Egon Schiele, grande pittore viennese allievo di Klimt, che riprese
il contorno sinuoso del suo maestro e lo ritorse in disegni nevrotici e
impetuosi, componendo splendidi nudi femminili sempre in bilico tra erotismo
e patologia. Un ottimo e raffinato abbinamento a descrivere visivamente
la poesia di cui vi sto parlando. Antonio è nato e vive a Napoli,
città di cui soffre le mille contraddizioni ma che in fondo ama
molto. Continua ancora a fare il medico, con caparbia passione, anche se
potrebbe tranquillamente dedicarsi soloalla
scrittura, avendo raggiunto l’età della pensione.Quest’ultimo
libro,aperto da una esauriente prefazione
di Plinio Perilli, si stempera, si semplifica, si addolcisce, rispetto
ad esperienze precedenti…L’autore gioca però sempre a rimpiattino
con se stesso, è imprendibile e al tempo stesso molto presente nelle
pagine…ma solo per chi fa lo sforzo, lo ripeto, non privo di impegno, implicazioni,
coinvolgimento di andare alla sua scoperta, nelle vibrazioni di un verso
che a volte diventa altissimo e di una densitàammaliante…è
un libro che “rapina” non solo alfabeti ma sensi e cuore di chi legge.
Ai
critici illustri che ho citato, c’era davvero poco da aggiungeree
non so se Antonio ha gradito questo mio intervento al femminile, poco critico
ma molto sentito. Io spero di aver aiutato il pubblico a comprendere ,anche
se sono consapevole che la poesia più che spiegata vada letta esoprattutto,
con i tempi che corrono, vada vissuta. Io ho
solo aggiunto, a voci importanti, la mia piccola, esile voce fuori dal
coro, per dimostrare, forse persino a me stessa, che le donne sanno osare…
Sanno
liberarsi da una comunicazione ingabbiata nei formalismi e sanno “sfidare”
un poeta così difficile e spiazzante , che non vuole farsi scoprire,
anche se tutta la sua poesia è un grido rabbioso contro il tempo,
un dialogoverso il possibile , la
ricerca di una voce che sappia ancora ascoltare. 23 febbraio
2002 Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare: Otto Anders |