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Ersilia
Gioia, La pepita d’oro
Fermenti, Roma 2001, pagg. 64, € 7,746 Giocata
sul versante tra onirico e reale, questa felice prova narrativa di Ersilia
Gioia, venata icasticamente da toni new-age, accattivanti come sempre,
rivela la personalità di un’autrice, dotata di levità e grazia,
e, nello stesso tempo, da una forte coscienza letteraria, che crea, per
il lettore, uno stato di sospensione e di piacevole immersione nel reale.
Qui c’è il tema eterno della ricerca della verità, dell’essenza,
dell’etimo delle cose. Come afferma Stefano Giovanardi nell’introduzione-“E’
davvero una doppia favola questo racconto di Ersilia Gioia; per una buona
metà siamo trasportati nel mondo della tradizione fiabesca, con
un sultano che incarica l’uomo più potente del suo regno di andare
a cercare “il segreto della verità” e con le peregrinazioni di un
sapiente a fiore luna e stelle. Poi però ci viene comunicato che
tutto questo è un sogno di un professore, che s’insinua nella sua
vita reale mettendo in crisi un castello di certezze. Ci si rende
conto che, dai toni accattivanti della narrativa per ragazzi, c’è
un sottile passaggio alla narrativa tout-court, con un gioco di specchi
decisamente allegorico che costringe a riconsiderare le singole parti,
in una visione unitaria Il titolo “La pepita d’oro” evoca immagini della febbre dell’oroottocentesca, quando in America, un movimento collettivo, che è rimasto alla storia, portò molti cacciatori d’oro a vivere un sogno di ricchezza e felicità che per molti si realizzò. Ovviamente qui il dato economico non è presente, ma si tratta di una ricerca interiore per raggiungere stabilità e piena possibilità di raggiungere un rapporto armonico con se stessi e la natura. Ci troviamo
su un piano del tutto allegorico. E non c’è dubbio che in questo
tragitto, ci sia una inevitabile sconfessione della ragione. All’inizio
del libro l’autrice ha posto come citazione un brano tratto da un papiro
del terzo secolo d.C.:-“ Solleva una pietra e là troverai me:/
spacca un ceppo e là io sono/ colui che cerca non smetta finchè
non avrà trovato/ e quando avrà trovato sarà stupito. Il tema
della ricerca è dunque essenziale e, a volte, per l’essere umano
può essere utile proprio il medium della letteratura, della parola,
della scrittura su supporto cartaceo o on-line, per giungere ad una piena
consapevolezza di sé. La liberazione
della fantasia, il gioco disinteressato dell’invenzione creatrice, corrispondono
in fondo a quella simbiosi tra sentimento e natura. La felicità
espressiva che ne consegue è a portata di mano del fruitore di questa
prima prova di Ersilia Gioia, da conquistare per strenua intuizione del
sublime. “Stentò
a prendere contatto con la realtà. Quello che aveva ascoltato era
ancora nei suoi orecchi, il tocco che aveva percepito sulla mano era ancora
vivo, estrapoliamo in una delle parti del testo”. Questo per farci
capire che siamo ancora ad un livello strutturale. Corredato
da bellissime foto in bianco e nero, evocative di atmosfere particolari
e molto belle, il testo offre squarci luminosi: leggiamo ad esempio:-“
Il
professore si prese una vacanza. Il lungo sogno che, a brevi intervalli,
gli aveva fatto compagnia, aveva lasciato dentro di lui una stanchezza
insolita, fuori stagione2. Declinò tutti i suoi impegni, e programmò
per sé lunghe ore di tranquillità nel corso della sua giornata.
Poiché, d’un tratto, la vita intensa di lavoro e la routine pure
gratificante della sua realtà intellettuale avevano assunto la fisionomia
fuorviante di sentieri morti. Non portavano a nulla. Così, quella mattina, aprì le vetrate della sua casa, e lasciò che l’aria entrasse ad invaderla col profumo delle rose e dei gelsomini, che fiorivano nel giardino. Il lago sul quale affacciava la finestra aveva riflessi dorati che apparivano e scomparivano sulla superficie tremolante dell’acqua. E la luce che sovrastava tutto, diveniva per lui calore e vita, facendo vibrare tutto il suo essere. Un’affabulazione
affascinante, quindi, quella che qui si presenta: leggiamo, infatti: l’ultima
pagina del testo:- “Come vedi, figliolo, non è facile la tua domanda,-“Cos’è
più importante di tutto al mondo?” Perché l’esperienza sgorga
spontanea dall’esperienza di ogni uomo. E, finchè questi pensa,
gioisce e soffre, da qualunque altro quanto la vita gli elargisce. Infatti
la fine del monte che hai raggiunto da solo, è un traguardo più
prezioso di ogni suggerimento a consiglio”. Aspetta e lascia che il tuo
albero cresca, irrorato dalla linfa della conoscenza… E dato che sei unico
e irripetibile, questa piccola storia l’ ho raccontata per te, solo per
te. 5
giugno 2002
Indice
generale
Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare la direzione |