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Mario
Quattrucci, Variazioni
Fermenti, Roma 2001, pagg. 48, € 10.33
Questa
compostita raccolta, che comprende i versi dell’autore scritti tra il 1999
e il 2000, ed è inserita nella collana controsensi/ album di
Fermenti, ed è corredata da sei tavole di Tommaso Cascella, si connota
per una istanza etico-civile accentuata, elemento che ha sempre caratterizzato
la produzione di questo poeta: un quotidiano che va dal privato al pubblico,
attraverso un ventaglio di tematiche, dall’amore al viaggio:-“Ho chiuso,
disse, la stanza dall’esterno,/ seminato sui cocci/ di un cortile rossastro,/
perduto ombrelli e treni/ ciminiere e foulards./ Non si sa nulla di loro/
del loro ritorno?// L’uliveto di notte era nel silenzio/ e i tre dormivano:/
mai ci fu tanto orrore, / e dolore, paura per ciò/ che era, era
stato e sarebbe/ e ancora e ancora sarebbe,/ di persona in persona/ d’essere
contro sé/ e figlio contro padre, / e mai accettato quel solo/ chiaro
comandamento ./ Mai da nessuno o da pochi, e anche quelli soltanto/ per
il loro sé// Ma a chi chiederlo il conto/ di quella iniquità
(creata,/ o non sarebbe)/ del creato male, a chi/ dell’intrinseco male,/
delle lacrimae rerum?/Mysterium iniquitatis. Oppure/ egli è sé
stesso e delle due/ l’una cosa e anche l’altra./ dunque è così:/
ha giocato col mondo, a dadi,/ con norme conosciute/ ch’egli solo conosce.
Con
una dizione antilirica, con un fraseggio serrato, dal ritmo incalzante
e veloce, leggero e icastico nello stesso tempo, Quattrucci ci presenta
uno scenario lacerato nella sua intrinseca articolazione semantica, che
si riflette nel lettore o nel critico come la rappresentazione, (leggermente
pittorica) di una scena dilaniata, buia e misteriosa. C’è qualcuno
che chiude una stanza dall’esterno e semina cocci di un cortile rossastro
(qui c’è un valore oscuramente simbolico di quanto si afferma),
del resto, incontriamo, in questa Variazione n. 1 diverse volte
una più che accennata visione morale, quando vengono detti
il termine male e il termine iniquità. Si presuppone, in
un’atmosfera onirica e quasi fiabesca, che ci sia il male (un atto, qualcosa
che a noi non è dato di conoscere, se è vero che tutto in
poesia è presunto). C’è un uliveto notturno immerso in un
silenzio angoscioso, tragico: c’è un figlio contro il padre che
sembra riesumare la frase evangelica.
C’è
un’aurea di mistero che aleggia in un buio che potremmo immaginare denso,
materico, palpabile. Nel finale il protagonista
ha giocato a dadi
con norme solo a lui conosciute; a noi non è dato di sapere chi
sia o non sia questa persona né quali norme usi in quest’atmosfera
purgatoriale: sappiamo solo che gioca a dadi: ma giocare a dadi in un uliveto
di notte è qualcosa di estremamente improbabile, praticamente inverosimile
se non impossibile: pare che sia stato commesso un atto iniquo, ma che
cosa non è dato di sapere ?
In
questo componimento Quattrucci esplora zone sconosciute al giorno, come
del resto è prerogativa di ogni forma artistica o letteraria e riesce
a creare un’atmosfera affascinante, dolente e rarefatta. C’è una
forte quota di originalità in questa poesia, soprattutto per quelle
che potremmo definirne le tematiche, attraverso la dizione nitida
e caratterizzata da una forte densità metaforica che, con sintagmi
di per se stessi chiari, ma che, tessuti insieme nell’ordito della pagina,
esprimono qualcosa di veramente oscuro.
Leggiamo
la Variazione n. 15:-“ Ha confuso l’enigma con il folto/degli intrichi
del tempo, le sue risposte col cenno/ benevolo del dio. / Atteso poi sulla
riva, vita dopo vita,/ il ritorno dell’ uomo. / Fisso alla luce di un vicino/
ultimo orizzonte, spogliato, nell’attesa della patria/ dell’abito/ della
stessa sua povertà, / sa infine dell’ inganno. // Incontra la fine
ora che si sbolla /- minima, contorta- la verità dall’alito/ della
dea grifagna: solo un miraggio, /niente di là se non la traccia/
l’increspatura di un vento, / il precipitare di un alcale, l’esporsi/ casuale
d’un acido/ ad un lampo.
Qui
la terza persona si stempera in un torrente di parole sottese ad
una forte connotazione mistica e politica storica: pare che questa persona
sia dilaniata, scissa braccata: quella che è poi la condizione esistenziale
dell’essere umano del postmoderno, estremizzata, ovviamente, in questo
componimento. Si tende anche qui ad un grado totale di disfacimento, ma
qui si sente il tema civile, di cui all’inizio si diceva, mentre,
nella precedente composizione esaminata, l’atmosfera verteva solo sul mistero,
anche se con riferimenti a oggetti concreti.
Questo
testo meriterebbe un’attenzione più approfondita che non possiamo
dare in questa sede: poeta dalla cifra originalissima, Quattrucci, si situa
in una posizione a sé stante nella poesia italiana contemporanea. 21 giugno 2002 Indice generaleImmagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare la direzione |