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Correggere il tiro a sintassi interrompentesi per e in sintassi ricominciantesi secondo una misura consequenziale al diritto del poeta di lasciarsi sorprendere dal racconto senza oggetto fondante perché il soggetto fondante è il linguaggio ( e ancora, non l’ordinamento empiristico del poeta – “ uomo “ ). Correggere
il tiro: sulle questioni teoriche e di metodo del fare poesia, così
è per il poeta, così è per Bonessio di Terzet,
il quale non perde la virtù di decentrare il senso stesso della
didattica, quale professore universitario di Estetica, con lui, nella sua
poesia, siamo oltre il retaggio del surrealismo: egli prende da sé
e su di sé l’oltraggio ( ovvero l’oltre ) del lezioso testuale
affinché si evinca magmatica e fluente, la lezione del testo, limpida
sfera di cristallo in un rosato di pantera. Ad un Pound da me amato, mi
fu controbattuto l’ordine di un Eliot ( da Bonessio di Terzet ), infatti
il poeta
– Bonessio di Terzet è il teorico - Bonessio di Terzet disegnante
il “frammento organico”. Non nascondo il mio piacere del testo
nel sontuoso significante quando opera quale lettore e predatore
di imago mundi in idea mundi allorché vado incontro al tamburo di
guerra alfabetizzato fuori di schematismo. Bonessio di Terzet non ci prende
per mano ( il poeta schietto di sua vena ci prenderebbe forse per mano?
), getta il segno ( semainein ) che ci dice questa è
la mia carne, vedo me stesso per quello che io sono di segno. Lo
udii una volta farmi dono della presenza ( non certo come istituzionalità
) della lingua rammentandomi l’ufficio alto del poeta di porsi nell’aspettazione
della lingua medesima: “
Chi si ferma al linguaggio, perde la lingua. “ – “ La povertà semantica
porta all’autoritarismo.” E vi sono altezze, i necessari ascetismi per
respirarlo lambirne le vesti lussureggianti; sono categorizzate dallo spirito,
da quelle “Attenzione ed impazienza “ che contribuiscono a riuscire “
Santità ed eroismo sono ricercati, Perle erranti. “ E dunque , dettato
dell’in alto, una sorta e una sorte di epopea, d’arte, perché “
Vita è vita; natura è natura; dio è dio. L’arte è
un problema / L’arte fa capire vita, natura, dio. Anche la morte.” Tautologie
delle cose essenziali, non spiegabili, problematicità
il farne discorso, e pur tuttavia comprensione ( ermeneutica
) delle componenti il tautologico: comprensione ermenuetica, là
dove si intenda – ermenuetica – non quale disciplina ma quale connessione
con l’annunzio di parola, la Parola che non si lascia parlare se non nell’invasione
dei suoi segni all’impazzata del rigore artistico, cioè del rigore
con arte o/e ad arte. Arte a cui fa seguito la filosofia: “ La filosofia
è o devozione o tracotanza. “ “ Dopo Nietzsche”. E’
d’uopo chiarire, dopo Nietzsche, che cosa sia Nietzsche? e con Nietzsche
che cosa sia al suo bivio la filosofia? lo Hammer che filosofia è
lo strumento della filosofia nietzschiana dopo la filosofia storica: l’arte,
la poesia, e ancora più fortemente la musica sono i termini
entro i quali trova regno di traverso l’universale. La
poesia bonessiana si assume il compito di musicare il suo proprio
sé stesso: vano scorgervi la trama del tractatus della prosa
lineare trasparente di volti cosmici. Dopo Nietzsche, e dopo
Duchamp: “ Dopo Duchamp l’arte deve ancora venire. “ i volti cosmici,
già, i colori, i profumi, le regioni ontologiche della fenomenologia
preparatrice di Wissenschaft, le sfumature e piegature della gran piega
universalizzatrice degli universali senza nomi mortali, insomma il Tutto s-volgentesi
come tale sono a materia di discorso non discorsivo, non
formalizzabile, se non nel quid che si ordina nello stato-strato di aerità “ Disarmonia? Perché no se entro un ordine. “ Siamo
al punto nodale della possibilità di inventariare il patrimonio
eloquente in una lingua tutta da rifondare e di continuo, ouvrage per ouvrage,
l’oeuvre sta a mirare il nostro anelito. 30 novembre 2002 Indice generaleImmagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare la direzione |