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Giampiero
Neri, Erbario con figure
Lietocollelibri,
Faloppio (CO) 2000, pagg. 28
Pubblicato
nelle Edizioni Lietocolle, che ormai da anni è presente nel panorama
italiano con i suoi libbriccini da collezione, raffinate plaquette curate
da Michelangelo Camilliti, intraprendente editore che, nelle sue collane,
tra gli altri, vede la presenza di Maurizio Cucchi, Alda Merini e della
giovane e validissima Giovanna Frene, che con il suo Spostamento
è arrivata alla quarta edizione e nel 2002 ha vinto il prestigioso
premio Montano, Erbario con figure è l’opera di un poeta
che, giustamente, viene annoverato tra i più grandi poeti italiani
viventi.
Neri,
in questo Erbario, con poesie elegantissime, ben dosate ed essenziali,
si conferma poeta raffinatissimo scabro ed essenziale, dal tono epigrammatico,
vista anche la brevità dei suoi componimenti, profondo conoscitore
della tassonomia vegetale e animale, perizia scientifica di nomi precisi
che tuttavia non appesantisce per nulla la sua scrittura caratterizzata
da un nitore e da una icasticità raggiunta da pochi nel panorama
italiano di questo terzo millennio. Scandito in due sezioni Botaniche
e Sequenza, il testo diviene un vero e proprio erbario, quasi
che ogni componimento fosse una foglia o un fiore con tutta la sua complessità
di venature e prodotto da natura e in questo caso, anche da cultura e da
quella cosa insondabile e misteriosa che si chiama creatività o
ispirazione.
Il
naturalismo di Neri parte dall’esperienza percettiva, ma poi, quasi per
una forma di metempsicosi, i versi, a volte quasi elementari, si trasformano
in descrizioni simboliche per cui si realizza una forte dose d’ipersegno
e di evocatività: leggiamo Intermezzo:-“ Quello stormo di uccelli/
si abbatteva vociante/ sui rami di un albero/ come a un traguardo. / Ma
era un’ altra la posta in gioco,/ a dirigere il volo impetuoso. Questa
poesia è messa come incipit del libro e non è inserita, quindi,
nelle suddette scansioni: qui si nota qualcosa che va oltre il mero volo
degli uccelli, si parla di un traguardo o di una posta in gioco e i volatili,
evocati con leggerezza e precisione e velocità da Neri, volano e
traggono dal loro volo gioia, una gioia senza peso per dirla con Schelley,
che potrebbe essere una felicità umana, un equilibrio raggiunto
dal poeta e dal lettore per la forza del componimento: infatti era un’altra
la posta in gioco e, quindi, dal piano animale ci si sposta al piano
umano, perché è difficile credere che gli uccelli, pur non
essendo delle semplici macchine guidate solo dall’istinto, possano discernere
tra due tipi di mete, possano comprendere che vi può essere qualcosa
che vada oltre il piano naturale delle cose, seppur venato da qualche
tonalità affettiva come gioia o dolore.
Del
resto Neri, che ha pubblicato poco nella sua carriera di poeta, e ha raccolto
i suoi testi in Teatro Naturale, che viene prima di questa plaquette
ha sempre scritto di animali, dal pesce rosso, alla lumaca, animali simbolo
di una tensione verso una natura interiorizzata oltre ad essere amata:
il poeta, pur essendo milanese esce da ogni schema precostituito della
cosiddetta linea lombarda, portata più all’astrazione e alla concettualizzazione
(vedi, per esempio Cucchi e Raboni)
In
Sequenza,
seconda parte del libro i personaggi non sono più gli animali
e nemmeno un io lirico e, in ogni caso, la presenza della natura è
ancora esistente: nel componimento numero uno leggiamo: Si scendeva
tra le alte mura/ vicino al parco di una villa/ fino a raggiungere un bivio,
/ di lì si vedeva la pianura/ e la cornice delle colline/verso il
fondo: si scendeva, ma chi? Chi scendeva e quale era mai questa villa
il cui riferimento è taciuto? Qui non si hanno coordinate o elementi
di realtà: è tutto sospeso in uno spazio geografico e in
un tempo indeterminati.
Si
cerca una dose di concretezza che resta indeterminata: è tutto un
mistero, un fascino grande a plasmare queste immagini, nelle quali c’è
una vera magia e una sospensione, una vaga brezza di soprannaturale. Leggiamo
nel componimento numero sette: Correndo si allontanavano / dal luogo
dell’appostamento, / andavano in un dedalo di viuzze/ appena rischiarato
dal coprifuoco ./ A distanza di anni/ qualcuno ricordava di averli visti,
/ giovani dal volto scoperto. Qui c’è anche una vaga dimensione
politica e tutto resta indeterminato e sospeso come è tipico di
questa poetica.
Una
natura contratta, quella di Neri, una voce appartata che crea descrizioni,
animata dalla tensione dell’affermare, e da una grande visibilità:
le parole non sono solo suono, sembra di osservare le tinte nei sintagmi
rarefatti e salienti, nella scrittura sempre sorvegliatissima, originale
e veramente unica come sa solo essere solo l’alta poesia.
Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare la direzione |