|
||
Eugenio
Mazzarella, Un mondo ordinato
Palomar, Bari 1999, pagg. 95, lire 12000
Docente
ordinario di Filosofia teoretica, presso l’Università Federico II
di Napoli, Eugenio Mazzarella, in questa raccolta di poesie, coniuga la
sua formazione filosofica con un teso e angoscioso misticismo cristiano,
in bilico tra speranza di redenzione, e alla ricerca, in questo imprescindibile
postmoderno occidentale, di un discernimento, rispetto alla vita, nella
ricerca di Dio o di dio, entità misteriosa e nascosta che spesso
resta silenzioso verso il desiderio e l’invocazione dell’uomo, dell’essere
umano: nella sua doppia veste di creatura e persona, l’io poetante,
che è gettato dalle circostanze nel mare magnum della vita e che,
tanto più è caratterizzato, come dal nostro, da una mente
speculativa, cerca delle risposte a partire dalle più ovvie
domande che si può porre l’essere umano: chi siamo, da dove veniamo
dove andiamo: tutto ciò si traduce in una poesia alta.
Introdotto
da Una non-prefazione di Gianfranco Ravasi e concluso da una nota
sulla poesia dello stesso Mazzarella, il testo, composto da poesie per
lo più brevi e verticali, essenziali e scabre, luminose e precise,
leggere e nello stesso tempo icastiche, ci fornisce l’idea, fin da un primo
approccio critico, di una poesia luminosa e alta. Interessanti le considerazioni
di Ravasi sui rapporti instaurati nell’ordine del discorso poetico tra
poesia e filosofia: così leggiamo: …Filosofo e poeta non come
ossimoro, dunque, ma come oscillazione in un unico spazio sacro, come già
egli aveva fatto nel quaderno intitolato Il singolare tenace. Mazzarella
provoca con le sue poesie il filosofo e il critico letterario, il teologo
e il mistico, il pensatore e il cantore… A partire da Dio che spesso è
solo dio, Mazzarella è naruraliter teologo, anche nel rifiuto e
nel silenzio (“Tu, Signore Iddio, dove sei?). Qui viene in mente empaticamente
la poesia di Turoldo, sulla ricerca di Dio, sulla sua essenza, sulla sua
presenza e sulla sua ricerca sofferta e appassionata, carica di speranza
e nello stesso tempo di dolore, di tensione introspettiva e nello tesso
tempo permeata da una forte ricerca verso l’alterità, sia essa una
figura umana, o lo stesso Dio o dio. Perché poi dio con la d minuscola? Forse per sentirlo meno trascendente, non certo per paragonarlo ad una divinità classica, per sentirlo e viverlo in se stessi, se è vero che il suo regno è dentro di noi: tramite il medium della poesia, proprio quella poesia che per Borges viene da quello che i Greci chiamavano musa, gli psicoanalisti inconscio e la tradizione ebreogiudaica Spirito Santo, il discorso si articola nella presenza-assenza di Dio Padre e fa riflettere il poeta, privilegiato occidentale, inevitabilmente sui drammi della Storia, sulla guerra e le planetarie ingiustizie sociali, sull’Africa e sul terrorismo. Scrive il poeta:-“ho spento l’anima/ non sentirò più niente/ di questo sole marcio della vita/ questo grande tumulto sulla roccia/:/ sotto il calmo abisso// ho spento l’anima dove devo scendere/ il mio compagno non può/ il mio compagno più vero non capisce/ e Tu sostanza, Tu Vuoto ed Accidente,/ Tu volto, Tu Voce, Tu Persona,/ Tu Signore Iddio, dove se?/ io scendo e l’anima compagno/ dorme sulla mia spalla-// oh! Non guardare! Dormi!/ ti sveglierò passata la battaglia/ e negherò che il fumo/ acre/ sia vento di carne morta/ che è bruciata// oh! Non devi sapere/ dove nasce lo spirito:/ a quale prezzo si accende quella fiamma/ a quale l’olio santo!// dormi! Non puoi!/ io scendo, e tu riposa.
Credo
che, nonostante il lacerarsi dell’anima e della mente, nell’inseguimento
di Dio, nei suoi silenzi, nei suoi dolori e nelle sue gioie, speculari
a quelle dell’essere umano, e in particolare con quelle del poeta, tuttavia
il messaggio del libro sia ottimistico, a partire dal titolo Un mondo
ordinato: se un titolo è il leit-motiv di un testo poetico:
qui possiamo scorgere, anzi riconoscere, la possibilità di un riscatto
dal limite, dalla morte fisica, dall’infelicità della condizione
umana.
C’è
una stabile tensione verso il Creatore bene esemplificata in una recensione
di Pasquale Giaragnella su Critica letteraria in particolare quando il
critico afferma:-“La poesia di Eugenio Mazzarella pare articolarsi lungo
due fondamentali direttrici: l’anima in quiete lasciata in riposo; sperimentare
e guardare una battaglia mentre “ho spento l’anima/ non sentirò
più niente di questo sole marcio della vita”. L’altra chiave è
quella dell’annichilimento, all’anima spenta fa da contrappeso un’invocazione:”ho
spento l’anima (…).
Accensioni
e spegnimenti, quindi, tipici del procedere della poesia in generale e
qui vissuti in chiave mistica e filosofica oltre che creativa e artistica:
Mazzarella sembra proprio il biblico Giacobbe nella famosa Lotta con l’Angelo.
E come quell’Angelo, che poi è Dio, lotta, paradossalmente in alleanza
con il suo sfidante, così che possa realizzarsi un mondo nuovo,
così, con i suoi versi, Mazzarella, tra lacerazioni e annichilimenti,
ritrova tramite la poesia, la forma di una realtà anche immanentemente
possibile, quella, appunto, di Un mondo ordinato. 7 febbraio 2003 Indice generale Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare la direzione |