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Vincenzo
Maria Frungillo, Fanciulli sulla via maestra
Indice
generale
Palomar, Bari, 2002, pagg. 140, € 6.50
Fanciulli
sulla via maestra è la raccolta d’esordio di Vincenzo Maria
Frungillo, poeta nato nel 1973 che ha già una fisionomia autonoma
ed originale; come dice Milo De Angelis è una scrittura la sua
densa di riflessione e di silenzio: il verso viene alla luce dopo una lunga
permanenza in zone d’ombra e di quest’ombra porta la traccia e il turbamento:
si può dire che c’è splendore in queste zone d’ombra
e di luce nei singoli sintagmi. nei versi sospesi tra immagini antinomiche
solari o ombrose pervase da inquietudine e mistero, che provoca
sensazioni nel lettore spesso di gran turbamento, tuttavia controllato
e icastico: questo forte turbamento è legato indissolubilmente
al tema dell’infanzia: come dice Eugenio Mazzarella nella prefazione: una
vocazione certa muove qui i suoi primi passi sulla” via maestra” di una
fanciullezza poetica precocemente invecchiata. Tale pare essere la cifra
del giovane poeta in questi versi: un bambino che si scopre invecchiato
tra amarezza e sorpresa mentre assapora il retrogusto della vita al primo
bilancio dell’incipiente maturità: un intimismo a volte crepuscolare,
che sa farsi descrizione di una generazione che perde i suoi passi mentre
cerca qualcosa o si cerca…
C’è
in queste poesie, caratterizzate da un pensiero corposo e fluente, il sentimento
dei toni tragici di un bambino che forse, si potrebbe ipotizzare, è
la personificazione della provenienza del poeta a livello temporale, una
memoria inconscia e ancestrale, una senso onirico inquietante che trova
la sua esemplificazione in due poesie Il suicidio di un bambino che
qui riportiamo “Può essere che tutto sia così secco…/
come la sogliola lessa/ che mia madre mi serve ogni sera per cena!”/ Sale
il malumore sulla balaustra di un armadio,/ fino a quando l’URRA’ del cappio/
non restituisce la forza di un grido: è una poesia molto inquietante
che colta nel senso più ovvio farebbe pensare ad un’infanzia sofferta,
una solitudine madre-bambino, il rito della cena. Il suicidio di un bambino
è una cosa molto preoccupante e risente fortemente del disagio di
questo postmoderno occidentale… in ogni caso questa poesia così
icastica e leggera e, nello stesso tempo, glaciale e inquietante, è
l’esemplificazione di un dolore lacerante, di una inappartenenza al mondo,
che dovrebbe essere tipica dell’adolescenza o della maturità, del
senso terribile di sentire le cose e di viverle tragicamente senza speranza:
non c’è gioia e il poeta-uomo ridiventa bambino, presumibilmente
per toccare la morte o l’atto stesso del concepimento, dal non esserci
all’esserci per poi tornare nel non essere con l’atto stesso del suicidio
per impiccagione: il cappio rappresenta il momento più assoluto
e metafisico di una vita e l’amarissima ironia nel sintagma l’urrà
del cappio, testimonia il nero assoluto di questa forte poesia…
Un’altra
poesia che turba molto è Non si sevizia un paperino, nella
quale è affrontato un tema terribile e tragico dei nostri giorni,
quello della pedofilia. Dice lo stesso Frungillo nella nota su questa poesia:”
Il titolo Non si sevizia un paperino è ripreso dal nome del
film del 1973 di Lucio Fulci. Questo è ambientato in un arretrato
paese del sud Italia e racconta la storia di un prete che abusa dei bambini
che frequentano la sua parrocchia…”. La mostruosità della pedofilia
si stempera in un’amara e blasfema ironia sul servizio sacerdotale:’La
frase del prete che ancora mi tocca/ una confessione con una lista/ di
che Dio ti benedica( e il sapore della salvia nella bocca. // Non si sevizia
un paperino” predicava,/ mentre mio cugino eroe popolare,/ passava il suo
tempo a incitare/ la lotta-offriva diamanti all’uscita della messa// Era
la pietra netta e dura -buona per la guainella) senso angoscioso e
angosciante in un tessuto metaforico che fa trapelare ancora una volta
una inquietante vena in questo componimento che ha per centro la religione:
ci dovrebbe essere la figura di un prete morbosa: /Non si sevizia un
paperino! Recita l’ultima omelia/ mentre i bambini si fanno avanti per
ricevere ostie piccanti/.
Il
libro è scandito in due parti la prima parte prima che comprende
la sezione Fanciulli sulla via maestra e Il giorno della nostra
defezione ed Epica del bianco e la Parte seconda che comprende
Poesie civili per la città spaziale: seguono alla fine le
note al testo dell’autore.
Notiamo
anche temi meno tetri in questo libro di Frungillo come quello della donna:
così leggiamo nella poesia La bracciata di Daniela: E’ un riflesso
d’acqua-l’arco della medusa./ Affonda il braccio nella vasca/ per saggiare
il tutto pieno/ e il senso della misura// Nuota Daniela, /sfidando la ripercussione
del silenzio,/ senza per questo sprecare/ neanche il più piccolo
movimento. Questa poesia testimonia una vena filosofica mista ad una
vena erotica: Daniela è nella vasca (forse una piscina), e la voce
antilirica del poeta va oltre ogni descrittività cercando un senso
profondo anche in questo atto elementare. 23 febbraio 2003 Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997 Per informazioni, si prega contattare la direzione |