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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche Jackson
Mac Low, Representative works
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Come si
spiega nell’introduzione a Representative Works di J. Mac Low, (autore)
ancora (misteriosamente) ignorato in Italia, il titolo richiama l’emersoniano
Representative Men, opera cardine del filone ermetico-trascendentale della
letteratura americana, che poi confluirà nelle nuove poetiche del
dopoguerra. Si tratta di opere rappresentative, che è più
di selected, in quanto accoglie in sé il significato supplementare
di ciò che presenta o rap-presenta emblematicamente un percorso
di ricerca. Nello specifico, si tratta di un percorso durato più
di mezzo secolo.
Considerato
insieme a John Cage come l’iniziatore della chance poetry, Jackson Mac
Low scrive poesie dagli anni trenta con la lucida determinazione di “reagire
a quella proiezione di personalità usualmente associata “al poeta”.”
(J. Rothenberg). E ci riesce fino in fondo. Se riconosciamo il terreno
comune delle poetiche postmoderne nella tendenza ad abolire “l’interferenza
lirica del soggetto” (C. Olson), la poesia di Mac Low rappresenta una delle
strategie più incisive nel perseguire questo risultato: quella procedurale
basata sul caso. Tra gli esiti più significativi di questa attitudine
sperimentale verso il linguaggio, Representative Works ci presenta “simultaneità
& altre forme collettive, intersezioni di musica & linguaggio,
poesie sonore fonematiche, collages & assemblaggi, intermedia, lavori
high-tech al computer, poesia concreta & visuale, acrostici & sillabici.”
(J. Rothenberg, dalla Prefazione, p. vi).
Riprendendo
alcune fondamentali intuizioni di A. Breton & dei Surrealisti (caso
oggettivo) ma radicalizzandole alla luce delle estetiche Zen & taoiste,
Mac Low produce poesia in un’ottica seriale dalla quale è esclusa
l’intenzionalità cosciente dell’(autore). Al quale è riservato
semmai il ruolo decisamente marginale di stabilire le coordinate all’interno
delle quali si svolge il gioco (creativo? liberatorio?) della poesia. Così,
in The Presidents of the United States of America (1968), le lettere dei
nomi dei vari presidenti vengono interpretate alla luce dei significati
fenici delle stesse, riportati in The Roman Inscriptional Letter di Sandra
Lawrence: “George Washington non ebbe mai un cammello / ma guardava attraverso
gli occhi della sua testa / con la calma di un cammello e lo sguardo spento.
// Uncini che avrebbero irritato un bue / tenevano insieme i suoi denti
/ e sapeva costruire uno steccato con le sue mani / sebbene preferisse
andare a pesca / come chiunque altro / mentre altri facevano il lavoro
per lui / perché sebbene non avesse il cammello aveva abbastanza
schiavi” (p. 154). E’ evidente in che misura l’atteggiamento di MacLow
verso il reale, caustico e satirico a un tempo, si ispiri ai movimenti
eco-pacifisti degli anni ’60, reinterpretandoli alla luce del naturismo
di H. D. Thoreau & del Tao. Presupposto ideale di questa poesia basata
su sincronismi & simultaneità (a)casuali è l’idea di
un ordine non-gerarchico (non-lineare, non-sequenziale) della forma, cui
corrisponde la richiesta di una “free society of equals” in ambito politico
(“Sono stato un serio pacifista per tutta la mia vita, & all’incirca
dal ’45, mi sono anche identificato nell’anarchismo”).
L’idea di serialità proviene evidentemente da G. Stein, figura chiave
per comprendere il passaggio dalle poetiche imagiste & espressioniste
del primo modernismo al Postmoderno. Innovativo appare invece il particolare
bend che Mac Low imprime ai concetti cardine di processo & serialità,
in direzione degli aspetti performativi del testo. In linea con le coeve
esperienze teatrali del Living Theatre (che mette in scena nel 1960 una
sua piéce imperdibile, The Marrying Maiden, a play of changes, derivata
dall’I Ching) & con la ricerca musicale di Cage, MacLow estende la
sistematicità aleatoria delle sue procedure compositive alla lettura/interpretazione/messa
in azione (in gioco?) dei suoi testi. La sua poesia finisce così
per apparire spesso come una scarnificata notazione di scena per performances
poetico-musicali-teatrali (stile canovaccio per improvvisazioni?), in un’ottica
di opera totale che attinge a piene mani dalle avanguardie storiche. Buona
parte di Representative Works consiste infatti in spiegazioni introduttive
sulle procedure compositive & indicazioni per la performance del testo,
quasi a indicare come la disintegrazione dello stesso sia parallela alla
sovrapposizione di metatestualità generata dallo stesso. In un caso,
quello della composizione seriale condotta con il metodo dell’acrostico
Asymmetries (1961), MacLow suggerisce ben dieci metodi di lettura, che
possono essere impiegati separatamente o in simultanea da più performers.
La preferenza accordata a uno o più metodi appare anche qui dettata
dalla sistematicità del caso (carte, I Ching o altro), dal momento
che “vi è un collegamento acasuale, “sincronico” (secondo la definizione
di C. G. Jung) tra tutti gli eventi che avvengono in un tempo dato.” (p.
112)
Acrostici
& altri sistemi casuali producono testi che sono per Mac Low, “autogenerativi”,
escludono cioè la scelta consapevole della mente. In questo senso,
l’acrostico appare alternativo (o almeno integrativo) ai metodi che ricorrono
a mezzi ausiliari, come l’I Ching, basandosi su procedure di intreccio
tra i numeri & le lettere. E’ quanto succede nelle Stanzas for Iris
Lezak (1960), dove il testo base (“La mia ragazza è la più
grande chiavata della città. Mi piace chiavare la mia ragazza.”)
fornisce lo spunto per tutta una serie di permutazioni linguistiche derivate
da Gitanjali di R. Tagore, secondo l’associazione lettera-numero corrispondente
dell’alfabeto-pagina del libro:
I
My you
Gain is
the rainy life
See
The Here
end
Gain rainy
end again the end see the
Feet. Utter.
Cry now
Is Now,
The outside
when Now,
(18 seconds of silence)
Is
Life outside
void end
The outside
Feet. Utter.
Cry now
My you
Gain is
rainy life
(“Mio te
/ Guadagno è la vita di pioggia / Vedi / Il Qui fine / Guadagno
fine di pioggia ancora la fine vedi i / Piedi. Esprimi. Urla conosci /
E’ Adesso, / Il di fuori quando Adesso, // (18 secondi di silenzio) //
E’ / Vita fuori vuoto fine / Il di fuori / Piedi. Esprimi. Urla adesso
/ Mio te / Guadagno è la vita di pioggia.”) L’indeterminazione,
correlato oggettivo della sistematicità casuale, rende ovviamente
il testo arduo da decodificare ed elude ogni possibile interpretazione
simbolica del reale. Il presentare frammenti irrelati di visione, sprovvisti
di linearità & consequenzialità, costituisce, da Rimbaud
in poi, uno dei segni più evidenti delle poetiche d’avanguardia.
Che nel caso di Mac Low tale risultato sia raggiunto attraverso procedimenti
sistematici, non diminuisce il valore dell’operazione.
Altrove
la poesia di Mac Low si nutre di una quotidianità sottratta al dominio
del banale & illuminata da barlumi di gioiosa, liberatoria estaticità,
esperita a partire dalle maglie sfilacciate di un linguaggio logoro &
abusato, quello appunto della quotidianità:
Is there
anything you need downstairs?
I’m going
to the store.
What’s
that red mark on him?
What’s
that red mark on him?
What’s
the matter with the baby?
Is the baby
crying?
Let’s have
eggs for breakfast.
I wish
it wasn’t always so noisy.
(“Hai bisogno
di qualcosa dal piano di sotto? / Sto andando al supermercato. / Cos’è
quel segno rosso che ha addosso? / Cos’è quel segno rosso che ha
addosso? / Cosa ha il bambino? // Sta piangendo il bambino? / Mangiamo
uova a colazione. / Vorrei che non fosse sempre così rumoroso.”)
[da: “Happy New Year 1964 to Barney and Mary Childs” (a DAILY LIFE poem,
drawn from DAILY LIFE 1, p.174.)]
La dimensione
politica di questa poesia trapela appunto dalle pagine di una quotidianità
più intensamente trasfigurata quanto più investita dalla
illuminante prospettiva della creatività: per Mac Low non c’è
un altrove identificabile in una progettualità politica calata dall’alto,
bensì una pluralità di universi comunicativi in perenne
interscambio tra di loro. Politica è appunto l’intrecciarsi/scontrarsi
di questi universi strutturati secondo mutevoli forme biologiche &
sociali (linguistiche), in un processo di divenire che non ammette soste
o ripensamenti metafisici. La poesia costituisce, in un’ottica decisamente
materialistica (che non contraddice affatto le premesse mistiche &
misteriche), il locus di rivelazione per eccellenza dei nessi che regolano
tale processo, secondo procedimenti di matrice squisitamente casuale e
permutativa:
Politically
we take our breath
wherever breath may be
we respect
it profits us
more than any news or writing
poor
breath
to news a vessel
a weather
or it may be a committee
with a
weather of disgust for the brain’s middle
and after its tail
money
(“Politicamente
prendiamo respiro / dovunque il respiro possa essere / rispettiamo / ci
conviene / più di qualsiasi notiziario o scrittura / povero / respiro
/ per le notizie un vaso / un tempo / o può essere un comitato /
con un tempo di disgusto per il centro del cervello / e dietro la sua coda
/ i soldi”) [da : From Nuclei 1,2,a, p. 128.; il testo riportato viene
permutato secondo procedure sistematiche nelle 5 strofe seguenti.]
In
tempi più recenti, Mac Low ha chiarito come per lui chance &
choice non si escludano vicendevolmente, ma facciano parte di un insieme
eterogeneo di tecniche e procedimenti interscambiabili di cui avvalersi
a seconda delle circostanze. Rimane fermo il proposito di realizzare un’arte
non-egoica, capace di sondare “quel livello della mente al di sotto dell’Inconscio,
gli impulsi, gli istinti, l’Id, il livello più profondo, che è
comune a tutte le persone: la Non-Mente (il Sunyata visto come un aspetto
della mentalità).” Tra le cose degli ultimi quindici anni coperti
dall'antologia, troviamo così componimenti più o meno "spontanei",
come i Selected Later Light Poems 1971-1979 in cui MacLow sviluppa un suo
particolare registro elegiaco, rivolto ad amici & persone care scomparse
& modulato intorno al nucleo centrale della parola "light" (luce, ma
anche leggero). Accanto a questi, i Selected Gathas (1961-1980), "una serie
aperta di testi da performance", composti secondo criteri procedurali casuali
& ispirati a una "de-enfatizzazione buddhista dell'ego del compositore",
introducono l'ultima fase della produzione di Mac Low. Una fase che lo
vede ancora attivamente impegnato nella sperimentazione di nuove forme
verbali & non di poesia, come ad esempio i Vocabularies (for Custer
LaRue, 1978; for Clarinda Mac Low, 1979; for Annie Brigitte Tardos, 1980),
basati su anagrammi derivati dai nomi dei destinatari, & strutturati
in funzione dell'effetto visivo sulla pagina o della performance vocale
e/o musicale. O come ancora la Dream Meditation, sequenza visiva anagrammata
dal titolo e da realizzare durante gli stati meditativi onirici e, last
but not least, il poema seriale ispirato ai Cantos di Pound Words nd ends
from Ez (1981), in cui i singoli versi sono costituiti da parole tratte
dai singoli Cantos contenenti lettere del nome dell'autore ("En aZir ouRs
in nAme P tO e bUilt f VeNice // a loaD-", p. 321). Di fronte all'apparente
difficoltà & impermeabilità di questi testi, che chiudono
un ciclo alquanto vitale della ricerca poetica americana, viene da pensare
che non è un caso se la poesia di Mac Low è stata così
a lungo ignorata (e continua a esserlo ancora oggi) in Italia. In un panorama
poetico ancora dominato da moduli ermetico-petrarcheschi, l'esperimento
maclowiano può ancora dare fastidio a chi considera la poesia una
faccenda da sbrigare tra pochi addetti ai lavori nel chiuso di un laboratorio.
Proprio per questo appare indispensabile oggi più che mai la lettura
& lo studio assiduo di questi Representative Works, che ci aiutano
a concepire in maniera più adeguata le molteplici possibilità
della poesia.