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Aa. V.v, Compagni di strada caminando
Edizioni Riccardi, Quarto Napoli pagg. 50
Il
presente testo collettivo nasce dall’esigenza progettuale di Nino Contiliano,
poeta siciliano, di creare un’opera composita (infatti è costituito
dall’assemblaggio di diversi brani poetici, di diverse voci, tra le quali
quelle di Antonio Spagnuolo, Emilio Piccolo e dello stesso Contiliano).
Il criterio unificante di questo ipertesto lo si coglie nella tematica che fa da filo rosso all’opera che, per certi versi, ha un carattere poematico; infatti,caratteristica saliente dell’operazione letteraria, che è dedicata al popolo palestinese e a tutti i popoli oppressi, è quella di scagliarsi contro ogni tipo di guerra o di terrorismo, proponendo così un ideale, probabilmente utopico, di pace, o, perlomeno, attraverso il medium della poesia, di presa di coscienza, dissacratoria e ironica, dell’attuale disastroso panorama politico internazionale. C’è da notare che, in ognicaso, è presente nell’opera una forte diversità
di registri e di stili, proprio per, l’etereogeneità dei contenuti
presenti nell’opera (questo attraverso le diverse voci degli autori.) Altra
caratteristica saliente è la mancanza del punto di riferimento classico
della firma di chi scrive alla fine di ogni testo, per cui il lettore
non può sapere, di ogni singolo brano chi l’abbia scritto, anche se,
in quarta di copertina sono riportati i nomi degli autori. Scrive l’editore, nella sua nota iniziale
collocata all’inizio del lavoro:-“L’idea nasce nella testa di Nino Contiliano
all’inizio di quest’estate (2002) un’idea che gli venne, mi confidò,
quando me la propose, dopo aver letto ed evidentemente apprezzato il numero
8 di “Risvolti”, particolarmente la parte riguardante l’antologia minima dal
titolo “Contro tutti i guerrafondai”, che in esso è ospitata (era ancora
impressa, in noi occidentali la guerriglia da poco terminata inAfghanistan, l’attacco alle torri gemelle dell’undici settembre,
e lo spettro di un altro attacco americano nei confronti dell’Iraq, per non
parlare dell’ancora innescata guerriglia fratricida tra israeliani e palestinesi.” “Contiliano cercava
complicità per agire insieme, mi scrisse in una delle prime lettere
di cui si è andata via via ingrossata la nostra corrispondenza, “quanto
meno con la poesia nella poesia. Si trattava di un’idea ancora tutta in fieri,
da svilupparsi strada facendo, a partire da un incipit poetico a cui aggiungere
altri autori da aggregare per la realizzazione dell’ipertesto”. Quella che è venuta alla luce è una scrittura ibrida
tra poesia e prosa, una poesia civile e spesso sperimentale, caratterizzata
da auratica magia per l’enigma del non possibile riconoscimento dell’autore
di ogni singolo brano, visto che, come si diceva, non ci sono le firme dei
singoli poeti ai singoli testi. Il poeta diventa testimone attento e profondo
del proprio tempo, di questo velocissimo postmoderno e getta il sua sguardo
dissacratore sullo scenario internazionale che lo circonda, sensibile e attento
a traslare, a dire in versi, quello che lo circonda a livello della barbarie
da cui è costellato lo scenario. Quale può essere il senso di un’operazione
del genere? Se la poesia non può cambiare il mondo, può però
trasformarsi, attraverso un testo collettivo, in testimonianza e giungere
ai lettori come preziosa forma per esprimere dei contenuti profondi sublimati
dalla scrittura: in altre parole leggendo questi versi si entra in empatia
con un modo di trattare il tema della guerra in maniera ben più nobile
di quanto possano farlo i mass-media, che come la televisione ci gettano addosso
immagini agghiaccianti che però non possono contenere il senso
profondo del dramma, cosa che solo la poesia può raggiungere. Interessanti anche le immagini di poesia
visuale inserite in queste pagine, vere e proprie estrinsecazioni di un’estensione
del messaggio che il testo scritto può dare. Conclude l’editore il suo interessante intervento
introduttivo con queste parole:-“Spero che questo testo susciti nel lettore
una sollecitazione a intravedere più livelli e psicologie che si fondono
e si aprono a un discorso non omologato né teologato per una poesia
“lunga” di sovrapposizioni mentali e umorali che si perdono e si ritrovano
nella concatenazione dell’azione spazio-temporale, siderale, per una molteplicità
e complessità di pensiero, per una frattura con l’ossequiosa banalità
del presente”; presente, potremmo aggiungere, che spesso viene riproposto,
appunto in modo ridondante e banale dai media, a costo, per i giornalisti
inviati, di perdere la vita, come nel caso di Ilaria Alpi in Afghanistan. 8 giugno
2003
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