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Luigi Durazzo, Rosa dei venti ed altri
versi Edizioni Valtrend, Pozzuoli, Na 2003, € 12,50, pagg. 80
A livello stilistico, lo stile di Durazzo è caratterizzato da un ritmo incalzante, attraverso il susseguirsi delle strofe sicuro e musicale; la dizione è rarefatta e sorvegliatissima e, da composizione in composizione, da sezione a sezione, si crea un senso percepibile direttamente dal lettore di armonia scabra ed essenziale; proprio quell’armonia dalla quale è caratterizzato tutto il testo di Durazzo, che diviene fattore unificante di un’unità che si potrebbe dire poematica. C’è, come dice Roversi nell’acuta prefazione, la ricerca di un senso da ritrovare in un’antica e ebbra armonia: dice Roversi:-“ Questi testi, come ho detto per me lettore, inducono a respingere la consolazione e la soluzione dei nostri continui compromessi comunque camuffati e (invece) ad allungare la mano su fuoco della verità, che non riflette altro, come uno specchio impietoso, se non il gusto ossessivo che l’uomo ha perpetrato(e continua, ritenendosi libero e assolto a fare) contro se stesso e contro questo mondo che sembra in disarmo: appagandosi soltanto e stringendosi convulsamente ad esso”: ecco dunque il senso salvifico della poesia contro un mondo dilapidato, un mondo che non è a misura d’Uomo e dove si sono perse le coordinate di un fattivo progresso. Pur senza essere assolutamente vincolata ad un’immagine civile, quella di Durazzo è una poesia che sottende una forte capacità etica, una responsabilità che il poeta si carica su se stesso e che trasmette ad ogni suo lettore. Si sente fortemente, in questi versi una forte tensione verso il limite che è la morte,senso della morte che possiamo ritrovare esemplarmente, quando non è una morte privata, individuale, ma una morte collettiva, che getta il suo dolore atrocissimo, innestandosi nella Storia: è questo il caso del bel testo Hiroshima, racconto d’inverno, testo che ripensa alla tragica vicenda dell’isola giapponese, distrutta nella seconda guerra mondiale e collocato nella sezione Rosa dei venti:-“Radioso mattino d’un agosto/ è duro ricordare/ il corpo d’albero sfibrato/ in un diluvio che mutava il tempo./// Corrono nuovi calendari/ qui non racconto non misuro gli anni/ forse saranno gli astri a ricordare/ se tornerranno ad innalzarsi/ inni titanici inauditi pesi/ dal corpo fecondo del metallo…/: in questa poesia è stridente il contrasto tra il primo verso imbevutodi solarità tragica e il resto che si affida alla memoria con immagini agghiaccianti che rendono bene il senso della distruzione e del dolore che permane, attraverso il tramite della parola, il limite raggiunto attraverso la metafora. 15
giugno 2003
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