Vico Acitillo 124
Poetry Wave
 
 

Recensioni e note critiche

Raffaele Piazza, Da lei ad Internet
di Adriano Napoli

Raffaele Piazza, Da lei ad Internet, (e-book) ,Poetry Wave, 2003

Il primo fattore di sorpresa che ci viene incontro fin sulla soglia di questa nuova opera di Raffaele Piazza , è l’equilibrio , fragile eppure tenace, fra una vocazione per gli elementi concreti (soprattutto la terra e l’acqua) e un rigore astratto-geometrico , in cui si compenetra felicemente la materia poetica, senza rinunciare a un tono alto , carico di responsabilità e attenzione.

Un secondo fattore di sorpresa potrebbe emergere in tutta evidenza compilando un lessico di frequenza delle parole accolte nel vasto pomerio del libro . 

A fronte di una immediata impressione di ipertrofia(la raccolta si compone di più di cento poesie) è oltremodo flagrante un movimento centripeto nella compagine dei testi che riconduce , attraverso la frenetica ripetizione di parole-emblemi ,alla pregnanza di un nucleo essenziale, vitale per così dire all’ispirazione dell’autore , quasi una agostiniana “cittadella dell’anima” in cui pensiero parola e destino celebrano la loro rituale avventura dell’essere.

Eccone di seguito un rapido ma suggestivo campionario : fragole, ippocampo, mare, marea, , orologi, clessidre, meridiane, telefono. E-mail, Internet, monitor, conchiglie, tempo, postmoderno stanza, duale,musa (a quest’ultimo termine è spesso associato l’aggettivo prenatale, o anche amniotico). Si potrebbe continuare a lungo senza rischio alcuno di sciupio. Piazza è riuscito con coerenza e con la previdenza di chi affida alla prassi poetica la pazienza dell’ascolto e dell’osservazione , a costituire un repertorio di “oggetti eterni”, di emblemi incessanti capaci di farsi mondo . Poesia emblematica dunque, ma emblematismo vuol dire anche affidare la ricerca del senso , prima che alla semantica delle parole, al loro aspetto grafico-fonetico e al potenziale evocativo che ne scaturisce.Di qui la certosina lavorazione di un verso ricco di echi interni, assonanze, bisticci fonici, allitterazioni , al fine di evocare un clima musicale in cui -percorrendo lo spazio di sistemi strofici liberi eppure simpateticamente consonanti con l’organicità e la coerenza interna di schemi chiusi della lirica antica : e penso a quante poesie di questa raccolta “rasentano” la forma del sonetto o del madrigale e del sirventese- la pregnanza dei concetti (il corsivo serve a sottolineare la convinzione di essere al cospetto di un poeta che coniuga bene gli insegnamenti del petrarchismo con il gusto della agudezas barocche) si amplifica fino ad avvolgere le cose in un’ aura inconfondibile. Di qui la prevalenza di sonorità liquide ( si veda la poesia intitolata : La rotta del mare domestico , pag. 9 con il suo ritmo ondoso e nel contempo composto e solenne ) che moltiplicano ulteriormente l’evidenza nei testi dell’emblema marino , simbolo di totalità , pienezza e di quel senso passionato della vastità il cui incanto si rifrange nella intera raccolta come una musica di fondo.

Di qui il caleidoscopio di inesauribili microcosmi vegetali, minerali, animali , per non tacere della continua ricerca di cromatismi (si veda quante volte nella raccolta ricorre il nome e lo spettro dei colori, in una teoria che va dalle sfumature del rosa all’azzurro) che moltiplicano la sfera percettiva del poeta e di chi lo segue in questa cartografia variegata e sensuale che si staglia nell’orizzonte della raccolta. Sembra che in Piazza resista vitale e nutritiva, quasi un senso in più in dote del poeta, quella simpatia un po’ magica fantastica e alogica quanto si vuole ma feconda di scoperte che vigeva tra l’uomo della società premoderna e il mondo naturale presentito come un misterioso ma onniconmprensivo e non del tutto impenetrabile geroglifico divino.Accanto a questo serbatoio antico, immutabile, materiale acquisito nei secoli all’imaginario fecondo della creazione poetica, non passerà inosservata la coesistenza di un mondo che riassunto dalla parola postmoderno annovera la nomenclatura ostica ma a sua modo non del tutto vuota di suggestioni della terminologia informatica . Sono gli geroglifici dell’età coeva : Internet, le e-mail , il monitor e via di seguito. Il futuro , è proprio vero, ha un cuore antico , e ad essere bene attenti dietro l’impoetico di queste parole spicca sorprendentemente l’iconologia di una storia e di un tempo meno instabile e mutevole di quanto appaia. A ben riflettere, l’interfaccia amichevole e accattivante dei nuovi sistemi operativi che hanno diffuso la religio del Personal Computer si sorregge su un’anfibologica coesistenza di nuovo e di antico, di astratto e concreto: “finestra”, “scrivania” , dette in italiano o nell’inglese del neoimperialidsmo ipertecnologico sono parole che significano contemporaneamente due mondi in irrinunciabile osmosi tra loro: il mondo precedente alla rivoluzione tecnologica con il suo artigianato e la sua “poiesis” e il mondo dei microcircuiti, dei bus dati e dei microprocessori che per essere pienamente comprensivo e fruibile ha bisogno di attingere ai “phantasmata et sensibilia” del suo antigrafo. Ecco quindi che “clessidra”, altra parola ricorrente nella raccolta, può indicare un arcaico strumento di misurazione del tempo e nel contempo l’icona che in Internet scandisce l’avvio di un’applicazione o di un programma. Piazza, concettosamente, sembra tener in gran conto il fascino e la suggestione di simili anfibologie, al punto che tutta la raccolta si apre ad un dualismo (duale, non a caso ci sembra fra tutte la parola più carica di sapienza e destino, la madre di tutti gli emblemi) tra concreto e astratto, antico e (post)moderno, poetico e impoetico, idillio atemporale e quotidianità carnalmente rivissuta attraverso il veicolo privilegiato della rimemorazione affettiva ed amorosa (l’opera potrebbe anche essere letta, in uno dei suoi strati più flagranti e ricorrenti, come un dantesco sirventese amoroso, una loda appassionata dell’universo femminile evocato e partecipato attraverso il canto d’amore e la magica evocatività del nome pronunciato aperto coelo).

C’è un po’ dello spirito avventuroso degli antichi geografi, cartografi, esploratori in questo libro che si nutre di vastità, ma c’è anche l’ossessione del ritorno, la nostalgia, l’istinto di convertire la rotta verso le acque del ritorno e dell’origine.

E questo movimento di andata e ritorno ,”duale” appunto, questo transito che asseconda un’inquietudine di ricerca sempre sostenuta da passione e stupore, è già presagita dal titolo : Da lei ad Internet , purchè questo movimento di transizione non venga appiattito in un un’unica direzione, di sola andata , ma colto purtuttavia in un moto pendolare , in una direzione bivalenteper cui i due mondi frequentati dal poeta , naturale e tecnologico, non siano visti come due entità separate, estremi che non si toccano, ma piuttosto come i due bracci di un compasso che misura (o almeno ci prova , per approssimazione) la vastità in cui si espande l’esperienza , l’intelligenza e il sentire umano .

Sembra questo in fondo il sentimento irrequieto e partecipe che guida nel suo perenne movimento di misurazione (l’ossessiva ricorrenza di clessidre, orologi e meridiane) il poeta : un’ansia di attraversare la cosmologia umana, il suo rapporto vitale e problematico con il mondo e di evocarne, sia pure per suggestione, la totalità che è fatta di spazio e soprattutto di Tempo. 

Ritorniamo alla ricorrenza di metofore legate all’elemento acquatico e alla vastità del mare: “Il panno azzurro del mare”, le “maree dell’anima”, “la perfezione dell’acqua del mare” ecc….

E’ significativo che alll’elemento acquatico si sovrapponga a più riprese una costellazione di immagini semanticamente affini , ad es. la ricorrenza del termine “amniotica” spesso associato come già detto a una presenza divina: la musa.

Nella poesia intitolata “Parola convalescenza”, è scritto (pag.61) : 

…..ma vedi che dura ,

tessuto di singola dolcezza la parola
dono della musa prenatale per natura
da noi distante i voli dei quaderni .

La parola è dunque il carisma , il dono che ci viene incontro da una memoria (che la Musa sia proprio Mnemosyne?) prenatale , come il bambino nasce al mondo dall’amnio materno che custodisce , come in un mare interno e viscerale , il primo geroglifico, fetale ,della vita. 

Ma questa parola , pur custodendo in sé l’essenza, il nucleo da cui germina tutto l’essere, è anche il segnacolo di una nostalgia , di una distanza che nessuno sforzo di comprensione riesce a colmare. La parola è anch’essa duale, lo avvertiamo nella biforcazione che i testi sottolineano tra una sintassi colloquiale, confidenziale che procede rasoterra in un colloquio con un tu femminile complice e avvertito, e la vertigine e l’intensità del discorso amoroso e la combustione che l’io poetante patisce da una simile intensità al punto da annichilire la parola al culmine della sua significazione , bruciando con essa anche l'identità.

Potremmo continuare a lungo , ma insomma , è evidente che ogni ogni nostra intuizione, ogni riflessione critica segue per induzione lo stesso percorso circolare, come di un serpente che si morde la coda, di questo diario poetico.

Perché la sua ossessione di pienezza ,di totalità sfocia e si disperde nella più paradossale e spiazzante assolutezza: il Tempo, non a caso sorgente e foce di molte poesie di questa raccolta. Nel mondo di natura e nella “stanze” o “finestre” di Internet , dalla carnalità di un discorso amoroso che misura l’armonia e la grazia dell’universo femminile al labirintico microcosmo telematico, c’è un tempo ciclico, rotante su sé stesso in cui tutto si confonde per rinascere uguale e diverso da sé. E’ il tempo del sapere frenato dei contadini e dei pastori, ma è ancora per sorprendente continuità il tempo del “Postmoderno” (ennesima parola chiave della raccolta) che rifrange ogni identità e destino in giocosa e parodica ripetizione . Alla parola del poeta , alla sua memoria amniotica altro non resta che percorrere nella sua duale direzione il perimetro di questo crudele tetrarca per esorcizzarne il potere corrosivo( le conchiglie ridotte in frantumi ne sono un emblema raffinato ed accorante), per strappare alla sua inarrestabile metamorfosi un brandello di destino in cui riconoscersi e consistere . E soprattutto continuare , tramite il compendium mundi dei nomi, a innamorarsi.


14 settembre 2003 


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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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