Preliminarmente
viene da chiedersi se esista realmente una poesia al femminile
(e una
al maschile): una domanda così apparentemente banale è però
portatrice
di interrogativi
che richiederebbero un approfondimento in sede di critica letteraria
di stampo
psicoanalitico: per quello che riguarda la mia esperienza, posto come assioma
che il
poeta (come afferma Hermann Hesse), è una persona che trova la felicità
più profonda
non secondo
le normali categorie umane, ricchezza, piacere, possesso (e che sente
così
anche il dolore, fanciullino pascoliano, o passero leopardiano) (ma anche
superuomo
dannunziano),
insomma che il poeta soffre a gioisce per la profonda ferita esistenziale
a lui connaturata
(Pavese) e che per essere felice deve trovare il consenso dei lettori
e dei critici
(Bertrand Russel), dobbiamo, fedeli al postulato di Donatella Bisutti,
(e cioè
che la pratica della poesia, ovviamente dominante le emozioni e non
dominata,
salvi la
vita a livello di connessione tra fisico e psichico, conscio e inconscio),
chiederci
se tutte
queste emozioni gioie e dolori si diversificano ai due livelli poeta-poetessa
(anche
per i dati biologici delle due categorie) o, se questa barriera non esiste,
e se si
possono unificare versificatori e versificatrici con l'etichetta di poeti,
una poeta...
Entrando
nel merito della poesia di Marisa Papa Ruggiero: nell'introduzione Mariella
Bettarini
a 'Origine
inversa' (Alfredo Guida Editore, Napoli, 1995, pagg. 103, lire 12000) parla,
della 'voce'
di questa poetessa nata a Roma e vivente e operante a Napoli); leggiamo:
'Voce tenera,
anche voce inteneritasi da sé, di sé. androgina voce e voce
maschia...'.
e qui la
questione assume un'altra pervicace sfumatura... se poi è questa
poesia da abitare
(come dice
sempre la Bettarini), abitata da lettore o lettrice?, amplesso tra lettore
e autore
(Italo
Calvino).
\ Dalle
mie letture di poetesse e poeti soggettivamente, mi accorgo che esiste
differenza
tra autore
e autrice di poesia: al centro è proprio il dato biologico (senza
dover scomodare
Freud che
parla dell'arte come sublimazione di pulsioni, o investimento libidico)
(nella moderna psicoanalisi affettivo). E' sicuro che la donna-poetessa,
nel suo vissuto faccia esperienze
diverse
dal maschio-poeta e, senza estremizzare, cogliendo l'assunto di Goethe
che dice
che la
poesia è sempre d'occasione, è ovvio dire che le occasioni
di una donna sono diverse
da quelle
di un uomo, negativo fotografico di una realtà che è la fotografia,
fotografia
che comunque
è noumeno rispetto alla realtà data all'esterno del sé,
sé che comunque
non può
cogliere nemmeno la realtà naturale e forse neanche la propria
Entrando
nel merito di questa poetessa, attraverso la lettura, oltre che del testo
suddetto
anche di
Limite interdetto'(Ripostes, Salerno-Roma, 1993, pagg. 80, lire 15000)
e di Campo
Giroscopico, (Edizioni Ricciardi, Quarto Napoli 1998, pagg. 64 lire 12000
non direi
minimamente che la sua possa definirsi un'esperienza sperimentale (sono
in possesso
solo di
questi tre libri), si può dire, ripeto relativamente questi tre
testi, che la sua poesia
si allontani,
ma non troppo, da una norma standard delle lirica (che forse non esiste),
mantenendo costante un forte scarto rispetto al linguaggio, una densità
metaforica, che tende a ricomporre,
con buoni
risultati, brandelli lacerati di vita, in un dettato teso e vibrante nel
suo accumulo... per esemplificare:
-'Attorno
all'asta spiralica/ l'inesplicabile/ addestra i segni/ per nevischi e sdruccioli/
u piani
scorrevoli/ o su scale ròse ai pioli// per gomene senza imbarco/
istoriate
su antiche mappe/ reggendo l'ordine dei fili// o quello scarto in più/
in bilico sul fianco.
In questo
componimento, trattto da Campo giroscopico la gomena è senza imbarco
e il centro
di gravità permanente sembra lontano, la tensione è forte.
A conferma
di quanto
suddetto scrive Michele Sovente nella prefazione a questo volume:
-' Cercare
con la poesia la parte segreta di sé non è facile richiede
un impegno... se poi si tratta di una ricerca d'identità al feminile
l'impresa è ancora più ardua e difficile... Il corpo
dunque come protagonista in presenza e in assenza, per fasi di drammatica
messa a fuoco e di raggelata dissolvenza...:-'Giro di ruota è corpo/
ruota di fibre e spore/ che fa scudo/ ventosa di se stessa/ che si guarda,
ora dentro/ il suo sguardo: ESISTE: l
Là
s'addensa una sete/ che divora il viola cupo/ brivido di corde spezzate
segnerà/ l'orma e il passo,/ ecco/ il seme d'abisso,/ ecco il libro
impensabile/ che non saprà pronunciarci.// Indosserà una
marea/ di alghe notturne/ e la profezia si scarta/ fino al tuo gelo d'ovulo//
seguimi alla prima neve al limite del parco/ seguimi nelle mie ombre/
annusa una coniata morte./ E' questo il luogo dove accade.../ e questo/
il punto della gola/ tu... non tremare. La forma qui si alleggerisce, diviene
fluida, vibrante,
ma nello
stesso tempo sorvegliata: c'è un tu al quale rivolgersi, sfondo
naturalistico d'immagini
erotiche
che ricordano il veterotestamentario Cantico dei Cantici. Interessante
anche il gioco dell'alternanza delle strofe da sinistra a destra sulla
pagina. La Bettarini parla nella prefazione di Libro-Voce cangianti:, aggiungerei
che, se questa poesia è abitabile, cronotopo tra spazio e tempo
la dimensione
dello spazio è inserita in quella della parola, non vi è
né interno, né esterno e il tempo è fuori del tempo
degli orologi o anche al di fuori di quello reale di Internet, fax, E-Mail.,
c'è qui grazia e durezza e una voce originale e anche la natura,
compresa quella della poetessa si fa parola e non scenario protetto, microcosmo
pascoliano, o infinito leopardiano: le alghe e il parco sono segnali di
significanti, prima di esserlo di significati, senso e non visione o epifania
di materia: così qui
la poetessa
scopre e rivela il proprio mondo con una grande fede nel segno poetico,
dominato
e redento
con una forte originalità, in una poesia alta dove l'erotismo vibrante
si trasfigura
come parte
costituente, esibito o metaforizzato, letto, spiato dipinto con mano ferma
e sicura. Interessanti anche i componimenti di apertura di Limite interdetto,
poesia che arriva alla fine
della pagina
o prosa poetica: qui e forse sempre quel tu al quale la poetessa si rivolge
potrebbe
essere l''altro, il sosia o forse la forma di se stessa sulla quale riflettersi.
Ti guardo/
ma non so come toccarti:/ si arresta l'occhio e alla sua/ visione si separa/
dove cavo giace/ l'evento// e le cose sono divise alle cose.// Eppure vede/
C'è forse un gene che da quel punto/ nasce? Quale/ senso su questo
scoglio, o nervo/ t'ha ascoltato tacere?// Fummo ragione sotto il sole,
arsa// Remota nel sangue porto/ tutta la memoria.