Giovanna
Frene, Immagine di voce, Antonio Facchin Editore, pag. 112, 1999, lire
20000
Giovanna
Frene, giovane poetessa, laureanda alla Facoltà di Lettere dell'Università
di Padova,
con
interessi a livello professionale per l'incisione e le arti plastiche,
con questo testo esordisce
felicemente
nel panorama della poesia italiana contemporanea: è raro che un'opera
prima riesca
ad
essere così convincente e precisa, visto anche che l'autrice l'ha
tenuta nel cassetto per qualche anno:
Immagine
di voce, libro non scandito, si può definire un libro di poesia
compatto ed omogeneo,
dove
il discorso si realizza elegante e strutturato, con l'articolarsi di temi
che si approfondiscono
e
si sviluppano in immagini leggere e icastiche e che hanno come denominatore
comune la natura
(la
vita e la morte, la memoria, e l'oblio, il nulla, e l'essere). La 'trattazione'
della natura avviene
a
livello profondo e trasfigurato, natura dell'essere umano nella sua fisicità
e corporeità nel confronto
con
il dato essenziale delle parti dalle quali è circondato, tasselli
del creato (leggiamo nel componimento
sulla
quarta di copertina:
.../Appena
morto il corpo si raffredda/ e sotto il sole ingiallisce/ come le foglie//
Lo sgomento
indicibile
generato/ dall'essenza del vuoto quando/ l'occhio roteava nel gioco:/ bisognerebbe
non avere
corpo/
né mente essere solo niente/ per non sentire l'abisso/, dove in
questo sperdersi nel nulla,
si
possono vedere sia il limite della vita che s'indifferenzia in un nirvana,
uno sperdersi dell'identità nel cosmo,
fondendosi
con esso, o, anche una ricerca di rinascita, quando, azzerato il dato naturale,
anche se 'solo'
in
una poesia, si potrebbe ricominciare tutto di nuovo, nell'eternità:
"
/L'eternità è cessata in un attimo/ di smarrimento quando
all'inizio/ stava per cominciare//..., divenire
dunque
e tema della destinazione creaturale, senza alcun compiacimento o retorica.
Non so se tramutiamo
in
morte/ ogni nostra angoscia/ o se l'angoscia non sia solo la parte unica/
visibile della morte che è dietro.
Esiste
anche quindi una valenza filosofica in questi componimenti nei quali la
parte si può inserire nel tutto
dando
così l'impressione di un risultato poematico in bilico tra grazia
e violenza, il cui binomio, fondendosi
porta
ad un risultato di compostezza che si potrebbe definire classica; si inserisce
qui anche il discorso
sulla
temporalità:
Che
il tempo debba passare/ che i nostri sentimenti spariscano/ accetta tu/
la solitudine di questo/ inferno
che
ghiaccia// dovremo svanire prima o poi// votati ai nostri sbiaditi pensieri/
le porte prima di uscire
ignari/
spranghiamo in questo e/ che tu non-ricordi/ devi accettare// dovremmo
svanire prima o poi// thou
know/
non puoi cogliere/ l'esile Sua mano/ che lo stelo/ recide// dovremo svanire,
invano.
Leggiamo,
nella ripetizione di 'dovremo svanire...', una ridondanza di grande bellezza,
ritmicamente
molto
leggera e veloce, che, al posto di appesantire il dettato concede un respiro
denso e veloce.
Molto
intrigante è anche il 'tema del Poeta', attraverso il quale, si
crea la dimensione della Poesia nella poesia,
in
un contesto nel quale pochissimo spazio viene lasciato al quotidiano: leggiamo
in Nascita del poeta:
Poeta
per terrore avvinghiato alla morte/ mi dibatto con furore appeso/ all'attimo
difeso delle cose/ scrivere
non
potrei più di una parola/ al giorno dalla bocca congestionata/ in
spasimo e la mano trema invano/ mentre
la
penna dalla carta leva/ ogni segreto e sembra fatta apposta/ per sverginare
bianchi//; come quando è
accennata
la figura di Orfeo, il poeta civilizzatore.
Colpisce
anche la trattazione del tema della memoria, che si collega al suddetto
tema del tempo: i rimpianti
sono
la forma/ del non essere: Dentro, esiste un momento in cui della morte/
non si ha sentore. E' appena
al
principio: prima assenza/ del dolore. Poi, senza transizione,/ l'immortalità
si sfascia su se stessa/ comprime
la
carne, l'addossa alla parola/ si cerca la sola cosa che non esiste/ si
attende senza amore che finisca
questa
lunga/ apparenza./...: qui leggiamo ancora l'angoscia per il limite, del
tempo, per la perdita della fisicità
della
vita, che tende a rivelarsi, angosciosamente, se anche il passato è
non essere; poesia dunque che tocca
le
categorie essenziali del tragitto umano, ragionamento, esercizio di conoscenza
che emerge, più che per esorcizzare
il
ripetitivo schiudersi dei giorni, per riflettere con grazia e incisività,
per portare avanti un discorso,
un'interrogazione,
che nel prossimo libro già scritto da Giovanna, troverà sicuramente
un seguito.