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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche Daniele
Baldinotti: Segni dal tempo
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Incontrare
i giovani poeti è, per me, sempre motivo di panico. Molte sono le
ragioni
che ormai
mi pongono, da decenni, in posizione di difesa, e prima fra tutte la quasi
certezza
che l’interlocutore
non voglia confrontarsi sul piano della discussione e della lettura dei
testi,
perché
immerso nella argentea sensazione di essere il nuovo vate pronto a cercare
soltanto consensi.
Perché
non accettare il dibattito? Perché non leggere insieme alcuni versi
e crescere ambedue
nella ricerca
del più attento?
Spero che
Baldinotti non me ne voglia per questo incipit così arido, ma l’occasione
del suo volumetto
“Segni
dal tempo” mi ha confortato nella speranza che finalmente si possa colloquiare
con serenità
intorno
alla poesia scritta e da scrivere.
“Eravamo
l’infinito dove
lo sguardo
non può arrivare,
la gioia
della vita nascosta
dalle tenebre
del giorno.
Eravamo
le cime più alte,
nessuno
ci poteva capire,
ora siamo
solo le parti di un
mosaico
senza più valore.” (pag. 19)
Il coraggio
di dire, senza infingimenti , il pessimismo che alimenta il subconscio
ed il preconscio
della quotidianità
non accetta rischi di sorta e pone il lettore in bilico fra un Dio sconosciuto
e la chiusura fortunatamente non ermetica degli spiragli malleabili…Di
qui la cautela ed il rispetto dell’insignificante
“Ho attaccato
il tempo,
come il
cane la preda,
mentre
sbocciavano rose nei
giardini
bruciati dal vento gelido,
portato
da chi non comprese.
Io,
piccolo
giunco,
prato calpestato,
tela che
nessuno ha mai
osato dipingere:”
(pag. 21)
E poiché
l’umano è sempre l’umano, in una ripetizione orgogliosa del dispetto
e dell’orgoglio
di un tramonto
che ritorna, la melodia ed il ritmo potrebbero gonfiar vela
verso l’orizzonte
per offrire
al mendicante cieco il suono di una chitarra indifferente ai costumi ed
al paesaggio.
“I versi
di Baldinotti – scrive Davide Argnani nella prefazione – si slegano con
tono pacato,
senza esibizionismi,
piano, razionali, con tutta una loro particolare preferenza esistenziale
del pessimismo,
mascherato spesso dal ghigno del nichilismo.”
“Ho levigato
il tempo,
lì,
dove lasciai l’anima
inghiottendo
i resti
di un amore
che era
solo mio” (pag. 28)
Il riscatto
di una rabbia contenuta riesce a passare attraverso alcuni versi, ove le
scelte diventano
involontariamente
o sapientemente passaggi fuori del tempo , ma entro il tempo stesso della
vita,
innanzi
a quelle cronologie della mente, che spesso offrono soltanto contorsioni
e invisibili ripensamenti.
Qui la
conquista affrontata dall’autore per rendersi libero nella espressione
di una scrittura tutta propria.