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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche Rossella
Fusco: Principe delle fiabe
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“Fui gatta
e gazzella nelle mie vite
precedenti,
sappilo. Ho ancora
sulla pelle
l’odore selvatico,
addosso
ho ancora il destino di femmina
braccata,
dentro gli occhi le dolcezze
e fughe
d’orizzonti. Abbracciata
al freddo
io ho vissuto, rintanata
tra rocce
e rocce di un’antica tana,
tra sassi
stracci e cocci di comete.
Solo la
mia lingua a leccare dolce
la ferita.
Oggi vesto parole
e con te
posso immaginare i rossi
d’un’alba
boreale. Nelle vite
che viviamo
con tenera ossessione
sempre
mi hai cercata, delineando
in ogni
donna che toccavi il volto
mio ancora
sconosciuto perché
sciogliessi
nell’inverno i miei capelli
e ti tenessi
caldo. Mi hai trovata
in una
fitta rete imprigionata
con le
tue carezze sciogli il tepore
delle alghe
del mio profondo mare.” (pag.47)
La sensualità
impressa nel luogo della poesia nuovamente distingue, con un carattere
pregnante
e personale,
le pagine che Rossella Fusco scrive quasi inebriata ancora dai suggerimenti
del subconscio.
Se Plinio
Perilli sottolinea nella prefazione , da par suo, le peculiarità
che appartengono alla prima parte
del volume,
nella quale il quasi diario di una giovane madre diviene policroma
proposta poetica intorno
ad Alessandro
: “ qui il figlioletto – quasi il Gesù bambino di madonna Rossella
– già naviga, certo
inconsapevole,
nel mare magnum delle implicazioni psicoanalitiche, felicemente orchestrata
e anzi ricamata
è
la tessitura, il contrappunto, la componente onirico fiabesca, che giunge
con profitto sino ad una fascinosa
e volitiva
liricizzazione, diciamo così, di quella ludoterapia cara a Melanie
Klein, Luisa Duss e Luis Corman.”
Da altro
versante la seconda parte del volume non ha tempo per dimenticare il giorno,
quando nella penombra riaffiorano le più calde sensazioni della
pelle e degli umori:
“Anni teneri
vissi con la morte
amica legata
ad un ipotetico
salto in
vuoto senza gravità,
Lei
fedele
a letto tra orgasmo e dolore
puntuale
in ogni uomo incontrato.
Respirai
sull’orlo del precipizio.
Tu non hai
ignorato l’umore mio
mughetto
di sottobosco e le labbra
rosse t’
hanno incatenato, eppure
le dita
tue hanno estratto veleno
da radici
di vit’amare. Cigno
nero abbandono
putrido lo stagno
di lucido
volo assetato e volo.” (pag. 41)
Le forme,
in un mondo di rumori e di grida, appaiono quasi avulse dal tocco
del reale, sospese
nell’atto
di transito fra gli episodi raccontati, che sono stralci di tentazioni
e di rappresentazioni,
di sussurri
e desideri, e la necessità di staccarsi con ogni sforzo dai
luoghi comuni o dagli stilemi
di facili
ammiccamenti.
Ecco la
donna-femmina rosicchiare ogni pagina per dire di se e dell’amore, per
urlare ogni luce
che sia
in movimento, e per sottolineare la forza della voce narrante con una maestria
degna di
ogni attenzione.