mi sìa
concesso parlare della fraternità, fuori del mercato recensionistico
che insozza
lo spirito
libero. lo sfondo del dicendo le due sillogi di Ettore Bonessio di Terzet
«lo splendore
del vuoto»
e «la bagnante dorata e altri aforismi» ( non escludendo <grande
frammento>
eo <las
botellas rojas> ) costituenti la voce alta, ferma eppur in fuga, del discorso
che,
nonostante
accetti la trama sintattica, non ne delinea che lo smalto del taglio incisivo
e pressante
interrompendosi "sul più bello" e aprendo oltre i confini del ritmo
misurato
a ben altri
confini celesti o altro che la nominanza del rammemoramento non dice
non potendo
dire. applicarsi al contenuto o al messaggio, nel caso dei due volumi sopra
titolati,
vorrebbe
dire sostenere la tesi di chi si oppone ai processi immaginanti conseguenziali
alla forma
mentis, come se stessimo ad attardarci all'ozioso dilemma Napoleone o Gance
e Gance
o Napoleone;
al contrario, con Bonessio di Terzet, ci fronteggia su campo?motore la
logica intensiva dell'arte metafisica intensiosamente incapace di determinarsi
e feticizzarsi ed estensivamente
in contrasto
con i parametri dei prezzi stracciati del senso comune della brava anonima
gente
che male?dice
il 'pericolo' benigno dell'esperienza ad alto mare in sul principio dell'andare
ad atto.
lettori
della scansione bonessiana non è nemmeno concepibile avvistare il
'montaggio' delle parole
sia dello
«splendore del vuoto» sia della «bagnante dorata»,
giacché le loro parole sono aperte
nel loro
àmbito di parola, implosivamente; sicché polisemie a seguire
polivalenze, come peraltro
si addice
a eloquio filtrato e rarefatto. dovremmo infatti imparare a rilevare lo
splendore
del provvido
significante passando per l'aereità della tautologia: io sono così
come io sono,
senza che
ontologia prefabbricata illustri nebulosamente il tondo patrimoniale. imperatività
o i senza?limite
del montaliano girasole impazzito di luce imprevedibile o dell' alba nell'incendio
che le
è congeniale, e a celebrarsi i confini da superare di nazione in
nazione e ben a sussistere
la variazione
della temporalità metatemporale, il cui categorismo è del
tutto intessuto nella stoffa scarlatta, comunque accesa e divampante, e
che fu una volta exemplum affinché si contenesse
la plausibilità
scientifica nella contrada del detto tinalmente superiore alla tassonomia,
la classificazione
che trova anche il Nostro suo acerrimo nemico.
Ettore
Bonessio di Terzet è lessematico ad apertura di parola; il lessema:
che si fa prestigio
di parola,
di una e di una e di una parola al confine dello sconfinamento, sì
che al complesso
succedono
i plessi?lessema di parola. in sì modo e maniera (non moda e non
manieristica)
Bonessio
di Terzet è nobile funzionario di singole parole nella lingua traversantesi
e travasantesi,
prezioso
scintillamento, splendida isola nonché beata, in?summa di singole
parole, universo
della diversità
in parola allontanandosi il cassare. l’applicazione della statistica lungo
la catena
del significante
suonerebbe non amorfa, non arida, ma dato d'onore al timbro dell'incessante
parlarsi
in parola di - una - parola e incatenamento-incantesimo di parole
sempre in ? una
e cangiante
?parola. farfalle, sì, le parole da Ettore Bonessio di Terzet, ma
farfalle che si acclimatano
sui fiori
del giardino sbocciante aure di dispiegamento semantico, e dove il significato
è l'opera
della testualità
integra. a sognare non c'è sempre tempo; qui-e-ora il sognare del
sogno?intelligenza.
i
nostri eroi? vero, Ettore? andremo a cercarli agli estremi dell'areté
paradigmatica avventurandoci
in buona
ventura, là dove si giunge inspiegabilmente. cioè per fatalità,
luogo privilegiato che ci fa dire
che siamo
giunti dove si doveva giungere? mèta aurea?, nel rimpatrio, perché
lo spazio retorico o/e poietico è da viversi alla sonanza e prestanza
del fuocale. l'attorialità? sui generis del 'genere'
Teatro?
non è fossilizzabile né nel personaggio specificamente del
dramma né in quello specificamente storico e accidentale. e siamo
a quel dopo Duchamp lapidariamente programmato e stabilito a venire d'arte
ars augustata nella seconda delle due sillogi. i silenzi si alternano agli
scambi degli scacchi
(del Duchamp
'giocatore di scacchi' e del Wittgenstein delle regole da giocare del Bergman
al settimo sigillo del cavaliere in gioco di lotta spasmodicamente con
la morte), la vita e la metatora (ma si dovrebbe, dopo? sempre un dopo!?
Aristotele, accerchiare, nel corno della lettera da non violare,
la figura
chiamata per l'appunto 'metafora') si approssimano alla loro unione di
simbolo
(letteralmente)
e non dell'estetismo, si badi, piuttosto dell'estetica, la cui dottrina
o scienza
o teoria
è professione al gioco degli scacchi (o con gli scacchi?).
(Ettore
Bonessio di Terzet è professore di Estetica all'università
di Genova: ben sanno i suoi
studenti,
ed io che collaboro con lui nella disciplina della istituzionalità,
come va a riempirsi
il contenitore
'estetico' quando sorge la problematica 'in vivo' d'esami: essa si spazia
dall' etica generalista alla filosofia generale comprendendo i fenomeni
psico?sociologici assunti al rigore ermeneutico; ciò è quanto,
mi pare di poter dire, distingue la didattica e-ducativa di Ettore Bonessio
di Terzet).
e credo di poter dire che il cómpito assegnatoci dal nostro autore
sia proprio nella considerevole scritta del dopo Duchamp, dove reale si
fa ogni cosa? della Cosa che cosa non è?
(ché
reificazione misconosce l'accoppiata Duchamp-Bonessio di Terzet), la non-cosa
dislocata
attendendo
a segno, il linguaggio che ne parli non alterando la posizione verginale
dei microcosmi,
e per vocabolaristica
di poeta con mano casta e robusta nel respiro delle parole. chiedere alla
Poesia
di questo suo scolaro la conta dell'ob-jectum? che, come tale, è
privo di proprium?
è
come chiedere alla forza primordiale 'in forma' di documentarne il primitivismo
indisciplinato
di brutalità.
il destino non ammette compravendite, non fissazioni, non precostituzioni:
la costituzione
destinale è intravedibile nel córso della Storia che s'incarna
ad posteros
in figure,
traslati, immagini, la pletora delle stellazioni, ovvero la persona che
si destina
agli occhi
esterrefatti e attoniti; e ri?cominciando agl’istinti dell’alfabeto affinché
sìa dono
all’ascolto
verace delle falci lunari e non dell'ordinamento (parola?significato?senso
che sappiamo
la palestra
di Bonessio di Terzet non gradire), bensì la 'creatività'
avente l'attitudine della stessa terra
al di là
delle radici indicanti la deriva delle condizioni magnificamente obbligate
alla fertilità di quell'informale bonessiaco che ànima il
buono dell' amicizia con la foresta italica dei segni.