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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Verso l’inizio. Percorsi della ricerca poetica oltre il novecento
di Antonio Spagnuolo


Verso l’inizio. Percorsi della ricerca poetica oltre il novecento
Anterem edizioni, 2000, pagine 304, lire 40.000

Il volume presentato dalle edizioni Anterem raccoglie testi che sono in vario modo
esemplari delle varie poetiche espresse dai poeti che danno vita dal 1976 alla rivista
omonima e si suddivide in due parti: un’antologia poetica ed un nucleo saggistico.
Difficile, data la mole, iniziare un discorso recensivo senza sottolineare la presenza
di numerosi autori, elencandoli in ordine alfabetico: Paolo Badini, Giacomo Bergamini,
Giorgio Bonacini, Brandolino Brandolini d’Adda, Davide Campi, Mara Cini, Flavio Ermini,
Marco Furia, Vito Giuliana, Marica Larocchi, Madison Morrison, Rosa Pierno, Ranieri Teti,
Siro Tommasoli, Ida Travi, per i “testi poetici” e Stefano Agosti,  Alberto Bertoni,
Vitaniello Bonito, Marisa Bulgheroni, Peter Carravetta, Silvia Ferrari, Gabriele Frasca,
Ugo Fracassa, Carlo Gentili, Giovanni Infelise, Antonio Pietropaoli, Cesare Ruffato,
Lucio Saviani, Angelo Stella, Chiara Zamboni, Andrea Zanzotto per le varie
introduzioni critiche.
C’era una volta un’Italia che sognava versi o sonetti, e poeti come Pascoli, d’Annunzio,
Carducci che riuscivano a proporli ad un popolo felice di bagnarsi nel mare nostrum,
o di recitare al lume raccolto e silenzioso del crepuscolo pagine d’amore e di rime baciate.
Lo stesso popolo si è improvvisamente trovato a recitare la fine di mani pulite, le mille
disavventure giudiziarie del cavaliere, i successi strappati con arguzie ai tribunali,
le assurde e pur vere prescrizioni dei reati. Il cambiamento degli umori collettivi
non poteva essere più spettacolare, giungendo sino al disinteresse  clamoroso
della cosa pubblica e di pari passo alla disattenzione più sincera per la poesia.
Quanti sono oggi i  lettori, parlanti la nostra lingua, che la sera, spegnendo il riflesso
inebriante e sciocco della televisione, prendono da uno scaffale Myricae, e vanno
a rileggersi “quelle nel vespro tinnule campane”?
La poesia, il poeta, non è capace di far denunce rabbiose, anche se fasulle, non offre
risposte alla quotidianità, non risolve i problemi della sopravvivenza, non illumina
un pubblico spesso e volentieri disinformato, poco interessato alla politica, alle prese
con le difficoltà economiche e, risolte qualche volta queste, con la noia in agguato.
Andrea Cortellessa stende per questa antologia un saggio dal titolo “Per una parola
liminare”, proprio in contrasto con la recettività della massa, in vista della non consapevolezza
della parola poetica, bagnata dal silenzio, tra le ombre e le luci che delineano quel non se che,
che in fondo alimenta la vita umana.
Egli propone un excursus esaustivo ripercorrendo le caratteristiche del linguaggio che hanno
attraversato gli strumenti di crescita letteraria, ma anche le diffidenze dei gruppi precostituiti
e delle amalgame consorziali.
Dal “gruppo 63” ai tumultuosi seminari del Club Turati, dai progetti dei premi Viareggio e Montale,
alla “logica della esclusione” dei Meridiani , dalle esperienze di “Altri termini”, del citato
Franco Cavallo ed alle quali parteciparono anche Franco Capasso, Felice Piemontese,
Antonio Spagnuolo e Ciro Vitello, al “gruppo 93” , Cortellessa taglia una riflessione originale
sugli avvenimenti degli ultimi trent’anni, scrutati con lucidità, intelligenza e pazienza,
precisando che molta poesia e molti poeti, che pur lavorano con impegno, rimangono a lui
sconosciuti, per la irraggiungibilità di gran parte della produzione editoriale.
Un lavoro eseguito con una prospettiva che non capovolge il senso dei fatti, attraverso una lettura
dei testi  che riesca a far degli autori i veri protagonisti della antologia.
Da par suo Gio Ferri riscrive la presenza di “Anterem” nel suo breve saggio
“Per una parola liminare”, segnalando le capacità di questo laboratorio, che negli ultimi venticinque
anni ha senza dubbio partecipato ad una linea costruttiva e non costituzionale.
Sempre Gio Ferri, con meticolosa precisione, traccia per ogni autore delle “note ai testi”,
che commentano le sequenze, le associazioni, le declinazioni delle varie poesie, rosicchiando
pesso come un tarlo sapiente fra verso e verso, per porre in risalto le varie traiettorie,
i diversi ritmi, le più inebrianti rifrazioni.
Ricca di esplosioni la premessa firmata da Edoardo Sanguineti “noi che riceviamo la qualità
dei tempi”, indicando in pochi righi la convinzione durevole che la poesia muta con il mutar
dei tempi, e indicando con sottile ironia, ma con forte persuasione che tutta la “modernità
che ancora viviamo nella forma di una inesaurita e inesauribile anarchia” prende vita proprio
dall’anarchia stessa.
Flavio Ermini apre il volume con un : “I poeti proposti in questa antologia ci indicano
che si tratta di ricominciare la storia della parola o piuttosto di strappare la parola alla storia,
facendone compiutamente luogo della sporgenza dell’essere sul pensiero che pretende
di contenerlo”.
La costruzione nasce e regge contro le illusioni di una singolare anonimia, che potrebbe
controllare la lingua e con essa differenziarsi dai codici della lingua materna, dove
la memoria e i ritrovamenti vengono progettati individualmente, fra l’esistere ed il pensare
o fra il pensare e la fantasmagoria della parola.


Indice recensioni e note critiche
La realizzazione informatica della rivista è curata da Dedalus srl
Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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