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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche Riccardo
Duranti: L'affettuosa fantasia
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Quando si
ha di fronte un libro di versi non si può fare a meno di cercare,
nelle frasi
che scorrono
sotto gli occhi, il viso, lo sguardo, il cuore del poeta. C'è una
mano
che scrive,
il più delle volte senza intenzioni, ma con la volontà di
fare arrivare
alle labbra
ciò che la parolapuò rendere della propria esperienza del
vivere.
In poesia
non si entra nei panni dell’altro, non si cuce un vestito per ricoprire
una forma
e farla
diventare maschera, ma si scende in profondità e si tocca un punto
estremo
lasciato
all'azzardo di chi sa di attraversare una regioneione nuova.
L’ffettuosa
fantasia di Riccardo Duranti si apre con
dedica
a un'amica-poeta morta suicida, un evento tragico che l'autore cristallizza
in uno
stile secco e parabolico, dove la pena si cela in un'equazione matematica
“che annulla
il peso ed esalta il senso delle parole". E questa scelta di apparente
oggettività
stilistica e sentimentale è e sarà, nel corso della lettura,
il tratto distintivo
della raccolta,
la sua fisionomia.
Chi scrive
poesia conosce l'esperienza del silenzio da cui nasce la parola.
Ne l’affettuosa
fantasia (titolo la cui matrice michelangiolesca ritroveremo in uno dei
versi
finali)
questa esperienza ricorre sin dal primo testo anche se qui è di
un silenzio definitivo
che si
parla. li silenzio si diffonde come una dura presenza sulle pagine del
libro, come una tentazione, un rischio, un'entità necessaria che
allarma per la sua insondabile profondità
e al tempo
stesso conforta perché protegge la durata della lingua dal suo inevitabile
degrado.
E per contrastare
il silenzio della morte e dare invece senso a quello da cui prende forma
la poesia,
Duranti si affida alla concretezza, allo spessore della parola. La sua
fisicità
è
il peso che ci fa tenere i piedi in terra e gli occhi aperti fino all'ultima
e unica verità
che non
concede elusione.
C'è
sempre una regola per ogni forma di vita, per ogni scrittura. La regola
che qui l'autore
sembra
aver fatto sua si lega alla geometria della visione, a un ordine che consenta
di raddrizzare
l'incoerenza della realtà. l'invenzione arriva dal pensiero, dallo
strenuo
ragionare,
sul perché o sul come della poesia, del sogno, dei male che incide
di cicatrici le storie
personali
e le vicende del mondo. E questo ragionare si dipana per sentieri di vita
e di memoria tracciando il percorso esistenziale di un uomo che riconosce,
osserva, dà nome alle cose
e ai sentimenti
e costruisce uno spazio dove vorrebbe contenere tutto e dove tutto dovrebbe
avere senso.
Ma è difficile se non impossibile mantenere "l'equilibrio dei quadrati"
o l’”utopia”
di una
retta e questa impossibilità sembra ,essere la malinconia o la dannazione
di un poeta
come Duranti.
La poesia rischia di annullare, con quel suo scavo nel profondo che sconvolge
margini
e confini, la geografia del mondo. Così una specie di ansia muove
i versi de
L'affettuosa
fantasia, l'ansia di rimanere attanagliati dal mistero del silenzio, di
non potere
più
dire, di cadere in una impotente afasia simile alla morte. È qui
che la regola della sintassi
e dei metro
viene in aiuto al poeta nella sua ricerca di "tracciare la mappa/dei sentieri
e dei ponti/che
aggirano le macerie mute"; una strategia di aggiramento che non sempre
riesce
ad annullare il vuoto e l'inquietudine. La felicità e il dolore
erompono lo stesso come trovassero uno sbocco nella trama spessa della
scrittura, come se oltre al senso
caparbiamente
cercato emergesse un residuo di verità che non ha certezze né
dà spiegazioni.
Allora
quella trama di linee che Duranti sembra prediligere e perseguire si lacera
e lascia
scorrere
le lacrime; "Lacrimano stremati gli occhi/maledicendo le interferenze"
è detto
in una
delle più belle poesie della raccolta.
Anche la
natura a volte rimanda immagini di vuoto e di inesistenza e di nuovo si
ripete
lo sforzo
per rintracciare una regola che organizzi la visione del mondo e la riempia
di significati.
Nella sezione che chiude il libro, Fondali naturali (ultima delle quattro
che lo
compongono), l'occhio del poeta trova conforto nell'osservazione del paesaggio
e nel mutamento
delle stagioni, in una realtà palpabile che segna tempo e spazio
con segmenti
definiti, con colori e dove, ad occhi aperti, si riscopre la regola semplice
della vita.
Qui sembra
fondersi il vuoto con il pieno, l'astrazione dell'idea con la concretezza
delle cose,
la precarietà di un clima con la certezza della durata. La vita
muove la terra
e il cielo,
alla terra si attaccano le radici e i semi, "mormorano nei rami/sottilissime
marce",
il vento
sposta i confini, li rinnova e in questo ciclo di alternanti stagioni trascorre
la semplice
verità
della nostra esistenza. In un’intensa poesia di chiusura del libro, Sestina,
è il vento
che agisce
come fosse il deus ex machina non di una tragedia ma di un racconto.
Questa
costante corrente d'aria accompagna la narrazione di un paesaggio e di
un dolore
e rimanendo
viva colma le distanze, lenisce la pena dell'esilio, fa sciogliere lacrime
e confini.
Il vento
muove la natura e lascia circolare un’eco di parole che si rincorrono e
si perdono
seguendo
un ritmo di scrittura e di pensiero. Chi è questo vento, un’idea,
l'amore, un’entità trascendente alla quale non si sa dare nome,
la ragione, la vita? Duranti lascia che le risposte
trovino
spazio nelle tante storie del mondo, ma nel verso finale scrive: "e tutti
i vuoti li riempie
ormai il
vento". E certo non si può fare a meno di pensare che questo soffio
carico di verità
non sia
in fondo proprio la poesia.