Vico Acitillo 124
Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Amelia Rosselli: Sleep
di Gianna Sarra



Strega e folletto, tra frizzi e lazzi, di Gianna Sarra
Paese sera, 8 maggio 1992

Preceduta da qualche anticipazione su riviste e da un'edizione molto ridotta
(che Antonio Porta fece nel 1989 per la collana di poesia erotica Silvia di ossi e Spera)
escono ora al completo per la Garzanti, con lo stesso titolo interessantissimo - Sleep -
queste 126 poesie giovanili di Amelia Rosselli, composte in inglese negli anni fra 1953 3 1966,
quasi a formare un libro privato, o segreto, contemporaneo quindi agli èditi in italiano
Variazioni belliche (1964) e Serie ospedaliera (1969).
Per la Rosselli, "esule sradicata" e "apolide" (citiamo dalla postfazione della traduttrice
Emmanuella Tandello) "le tre lingue della sua formazione - il francese, imparato
nell'infanzia, l'italiano, lingua paterna, e l'inglese, lingua materna imparata solo
dopo la disastrosa fuga dalla Francia nazifascista - rappresentano punti di riferimento
di un'identità travagliata e non sempre certa di se stessa".
Su quest'ultimo punto - pur apprezzando la lunga e attenta fatica della curatrice,
condotta a buon fine con la guida e la stima della poetessa - non siamo del tutto d'accordo,
e proprio partendo non tanto dai dati biografici, che sempre larvatamente premono,
ma dalla pura presenza del testo, dalla qualità sinfonica di questa poesia. Una poesia,
che si risolve, sì, tornando più volte su se stessa, in una costante interrogazione
sull'io e sulle moralità (tonalità/facoltà) dell'io, ma che fin dagl'inizi (Primi scritti 1952-1963)
rivela una personalità sostanzialmente scissa fra due vocazioni: la necessità di costruzione
e definizione del "sé" (il coòpito della crescita umana, ma sentito quasi come innaturale)
e un'altra più forte pulsione: la pigrizia - o "sonno" - svogliatezza o renitenza, insomma
una ben motivata riluttanza che volentieri scarterebbe la leva, la rigidezza militare
dell'esistenza comune per trovare il suo impegno - invece - nella disubbidienza
della scrittura. Una "disubbidienza" per cui si può dare la vita, e ogni amore e pace

nessun amore sia concesso a colui che
odia ogni amore tranne la vita
scritta su carta

un duro apprendistato, una terribile iniziazione

devo proprio aspettare,
sopportare pregare e non rispondere
ad alcuna delle campane risuonanti
piacevolmente al largo del mare?

Ciò che emerge infine è un io irrefrenabile, scontento, fuori luogo, che nel "sonno" apparente
dei forti s'acqueta, dà luogo a realtà oniricizzate patetiche blasfeme, a profezie di lunga
gittata, con "il suo senso della distanza"

ella siede e attende e scopre il suo destino
scaccia le nuvole ridendo, languendo sulle
tende teneramente: siede e dormendo
dissipa difficoltà

"Metà Arlecchino metà diavolessa", la ragazza Amelia apre e chiude il suo giro d'ispezione,
svagato e filtratp, alle cose del mondo, con uno sberleffo e una piroetta: ha già capito
tutto, rifiutato tutto

gli intrichi della vita
di corte sono il pericolo

"Il sonno - nota la traduttrice - è quello stato in cui le tensioni si scatenano in una condizione
fisica altra, di inerte passività e vulnerabilità", una condizione che può rasentare lo stato
di veggenza. Sa molte cose la "follìa" di Amelia, molte ne ha scoperte, indagando su se stessa

tu cuore autodidatta che hai compreso
il tuo punto debole

e su altri

tutte le guardie di Dio erano codardi!
tutti gli uomini di Dio erano guardie

Anticipa molta livida saggezza femminista

la tua nostalgia, il tuo
bene non osteggiato: mio l'affare e tuo
il sollazzo

ingentilita da un'ancestrale (animale?) e mai rinnegata dedizione erotica: la giovane donna
non rinuncia alla femminilità, non la sacrifica, piuttosto sacrifica se stessa alle urgenze
dell'eros, riservandosi però una buona dose di lucidità e ironia... Tocca così la corda
tragica d'una condizione sessuale (sessuata) senza speranza perché senza contestazione
possibile, già segnalata nel biologico prima che nell'inconscio:

forse hai smarrito il mio cuore, lei pensava
pensò mentre lui la montava, ingrato
d'un sorriso

(la versione, impercettibilmente più fine, di Porta era: "forse hai smarrito il mio cuore,
lei pensava/ quando lui montò il suo corpo, senza il/ ringraziamento d'un sorriso" -
nel testo: "thank less of a smile"); una dimensione tragicomica, sostenuta linguisticamente
da certi buffi travestitismi

fummo lasciati soli con la nostra soralla
ombelico. Bene, impareremo a stuprarla. Sola

o goffi ed esilaranti plurali di maestà

cantiamo, allora,
dico, cantiamo, sollevati da
terra e ancora non
proprio ai cieli

Molti animali - il coniglio, la gallina, l'elefante "dalla bianca coda", il pollo allo speido,
la rana "di legno", l'ape "ronzante", le mosche, "l'ape/ciliegia" - molti oggetti magici o fatati
(la teiera - crogiuolo? -, lo specchio) collocano il lessico di Sleep nell'ambito di una fiaba
acre, ormonale, molto inglese - come può essere "Alice" (o anagrammando "Celia"): si veda
l'incipit della poesia che dà il titolo al volume

Leggermente nauseata d'ogni piangere caddi
in uno stupito sonno

e si confronti con le prime battute del racconto di Lewis Carrol. "Presa da un leggero torpore,
che l'aria calda e afosa della giornata conciliava, Alice stava ora considerando se proprio
valesse la pena di alzarsi e di affaticarsi a cogliere delle margherite..." - dove c'è più di una
memoria involontaria, se i versi di Amelia proseguono:

oh le pericolose tenere
vergini in cima alla montagna vegliano un sonno
che non è il mio poiché il radiante letto
della terra mi copriva come muschio

infine, se vogliamo credere all'ipotesi di un'etimologia, per cui il bel nome di Narciso
deriverebbe da "narché" (torpore), questo tipo di sonno - simile a quello, infausto,
della ragione - ci riconduce alla sventata forma di autoerotismo che si consuma nell'adolescenza,
che è fonte di pericoli e può indurre a una mortale malinconia.
Giocoso e fiabesco è pure spesso lo stile, che fa sprizzare scintille di humour dalle contiguità
più azzardate. Misticismo e ironia, barocco e modernità, attualità e ottocento ("interurbane
e patrioti") si sollecitanto reciprocamente in una serie di lazzi arguzie e linguacce, proprio
come nelle esibizioni di "un'erede al femminile del fool shakespeariano": ecco dunque
l'identità prescelta, a metà fra la strega e il folletto (peter Pan e uncino, Ariel e Calibano,
Mary Poppins e lo spazzacamino, Pippi Calzelunghe e il Capitano) in un giuoco di elegante
androginia - che ben aveva appoggiato con la sua grafica argentea Lorenzo Torbabuoni
nell'edizione di Sleep dell'89. Nessuna meraviglia, dunque, che uno dei luoghi più
frequentati da questa poesia sia un domestico Ade, o precipizio inconscio, o tana
per conigli in ritardo al té della Regina: " hell", "l'inferno tessuto/da mani perfette".
Così, il "libro del sonno" chiude il giro d'un giovanile di bordo già cinico, già sapiente -
nwllo sfacelo, la via d'uscita:

il sonno scese, la ragione
se ne andò, e l'ospite ricordò d'aver scordato
il potere e la gloria.


Indice recensioni e note critiche
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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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