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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche Amelia Rosselli:
Sleep
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Preceduta
da qualche anticipazione su riviste e da un'edizione molto ridotta
(che Antonio
Porta fece nel 1989 per la collana di poesia erotica Silvia di ossi
e Spera)
escono
ora al completo per la Garzanti, con lo stesso titolo interessantissimo
- Sleep -
queste
126 poesie giovanili di Amelia Rosselli, composte in inglese negli anni
fra 1953 3 1966,
quasi a
formare un libro privato, o segreto, contemporaneo quindi agli èditi
in italiano
Variazioni
belliche (1964) e Serie
ospedaliera (1969).
Per la
Rosselli, "esule sradicata" e "apolide" (citiamo dalla postfazione della
traduttrice
Emmanuella
Tandello) "le tre lingue della sua formazione - il francese, imparato
nell'infanzia,
l'italiano, lingua paterna, e l'inglese, lingua materna imparata solo
dopo la
disastrosa fuga dalla Francia nazifascista - rappresentano punti di riferimento
di un'identità
travagliata e non sempre certa di se stessa".
Su quest'ultimo
punto - pur apprezzando la lunga e attenta fatica della curatrice,
condotta
a buon fine con la guida e la stima della poetessa - non siamo del tutto
d'accordo,
e proprio
partendo non tanto dai dati biografici, che sempre larvatamente premono,
ma dalla
pura presenza del testo, dalla qualità sinfonica di questa poesia.
Una poesia,
che si
risolve, sì, tornando più volte su se stessa, in una costante
interrogazione
sull'io
e sulle moralità (tonalità/facoltà) dell'io, ma che
fin dagl'inizi (Primi scritti 1952-1963)
rivela
una personalità sostanzialmente scissa fra due vocazioni: la necessità
di costruzione
e definizione
del "sé" (il coòpito della crescita umana, ma sentito quasi
come innaturale)
e un'altra
più forte pulsione: la pigrizia - o "sonno" - svogliatezza o renitenza,
insomma
una ben
motivata riluttanza che volentieri scarterebbe la leva, la rigidezza militare
dell'esistenza
comune per trovare il suo impegno - invece - nella disubbidienza
della scrittura.
Una "disubbidienza" per cui si può dare la vita, e ogni amore e
pace
nessun amore
sia concesso a colui che
odia ogni
amore tranne la vita
scritta
su carta
un duro apprendistato, una terribile iniziazione
devo proprio
aspettare,
sopportare
pregare e non rispondere
ad alcuna
delle campane risuonanti
piacevolmente
al largo del mare?
Ciò
che emerge infine è un io irrefrenabile, scontento, fuori luogo,
che nel "sonno" apparente
dei forti
s'acqueta, dà luogo a realtà oniricizzate patetiche blasfeme,
a profezie di lunga
gittata,
con "il suo senso della distanza"
ella siede
e attende e scopre il suo destino
scaccia
le nuvole ridendo, languendo sulle
tende teneramente:
siede e dormendo
dissipa
difficoltà
"Metà
Arlecchino metà diavolessa", la ragazza Amelia apre e chiude il
suo giro d'ispezione,
svagato
e filtratp, alle cose del mondo, con uno sberleffo e una piroetta: ha già
capito
tutto,
rifiutato tutto
gli intrichi
della vita
di corte
sono il pericolo
"Il sonno
- nota la traduttrice - è quello stato in cui le tensioni si scatenano
in una condizione
fisica
altra, di inerte passività e vulnerabilità", una condizione
che può rasentare lo stato
di veggenza.
Sa molte cose la "follìa" di Amelia, molte ne ha scoperte, indagando
su se stessa
tu cuore
autodidatta che hai compreso
il tuo
punto debole
e su altri
tutte le
guardie di Dio erano codardi!
tutti gli
uomini di Dio erano guardie
Anticipa molta livida saggezza femminista
la tua nostalgia,
il tuo
bene non
osteggiato: mio l'affare e tuo
il sollazzo
ingentilita
da un'ancestrale (animale?) e mai rinnegata dedizione erotica: la giovane
donna
non rinuncia
alla femminilità, non la sacrifica, piuttosto sacrifica se stessa
alle urgenze
dell'eros,
riservandosi però una buona dose di lucidità e ironia...
Tocca così la corda
tragica
d'una condizione sessuale (sessuata) senza speranza perché senza
contestazione
possibile,
già segnalata nel biologico prima che nell'inconscio:
forse hai
smarrito il mio cuore, lei pensava
pensò
mentre lui la montava, ingrato
d'un sorriso
(la versione,
impercettibilmente più fine, di Porta era: "forse hai smarrito il
mio cuore,
lei pensava/
quando lui montò il suo corpo, senza il/ ringraziamento d'un sorriso"
-
nel testo:
"thank less of a smile"); una dimensione tragicomica, sostenuta linguisticamente
da certi
buffi travestitismi
fummo lasciati
soli con la nostra soralla
ombelico.
Bene, impareremo a stuprarla. Sola
o goffi ed esilaranti plurali di maestà
cantiamo,
allora,
dico, cantiamo,
sollevati da
terra e
ancora non
proprio
ai cieli
Molti animali
- il coniglio, la gallina, l'elefante "dalla bianca coda", il pollo allo
speido,
la rana
"di legno", l'ape "ronzante", le mosche, "l'ape/ciliegia" - molti oggetti
magici o fatati
(la teiera
- crogiuolo? -, lo specchio) collocano il lessico di Sleep
nell'ambito di una fiaba
acre, ormonale,
molto inglese - come può essere "Alice" (o anagrammando "Celia"):
si veda
l'incipit
della poesia che dà il titolo al volume
Leggermente
nauseata d'ogni piangere caddi
in uno
stupito sonno
e si confronti
con le prime battute del racconto di Lewis Carrol. "Presa da un leggero
torpore,
che l'aria
calda e afosa della giornata conciliava, Alice stava ora considerando se
proprio
valesse
la pena di alzarsi e di affaticarsi a cogliere delle margherite..." - dove
c'è più di una
memoria
involontaria, se i versi di Amelia proseguono:
oh le pericolose
tenere
vergini
in cima alla montagna vegliano un sonno
che non
è il mio poiché il radiante letto
della terra
mi copriva come muschio
infine,
se vogliamo credere all'ipotesi di un'etimologia, per cui il bel nome di
Narciso
deriverebbe
da "narché" (torpore), questo tipo di sonno - simile a quello, infausto,
della ragione
- ci riconduce alla sventata forma di autoerotismo che si consuma nell'adolescenza,
che è
fonte di pericoli e può indurre a una mortale malinconia.
Giocoso
e fiabesco è pure spesso lo stile, che fa sprizzare scintille di
humour dalle contiguità
più
azzardate. Misticismo e ironia, barocco e modernità, attualità
e ottocento ("interurbane
e patrioti")
si sollecitanto reciprocamente in una serie di lazzi arguzie e linguacce,
proprio
come nelle
esibizioni di "un'erede al femminile del fool shakespeariano": ecco dunque
l'identità
prescelta, a metà fra la strega e il folletto (peter Pan e uncino,
Ariel e Calibano,
Mary Poppins
e lo spazzacamino, Pippi Calzelunghe e il Capitano) in un giuoco di elegante
androginia
- che ben aveva appoggiato con la sua grafica argentea Lorenzo Torbabuoni
nell'edizione
di Sleep dell'89.
Nessuna meraviglia, dunque, che uno dei luoghi più
frequentati
da questa poesia sia un domestico Ade, o precipizio inconscio, o tana
per conigli
in ritardo al té della Regina: " hell", "l'inferno tessuto/da mani
perfette".
Così,
il "libro del sonno" chiude il giro d'un giovanile di bordo già
cinico, già sapiente -
nwllo sfacelo,
la via d'uscita:
il sonno
scese, la ragione
se ne andò,
e l'ospite ricordò d'aver scordato
il potere
e la gloria.