Vico Acitillo 124
Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Alfredo Rienzi: Simmetrie
di Raffaele Piazza



Alfredo Rienzi, Simmetrie, Joker, Voltaggio (Al)
pag. 100,1999, lire 22000
 
 
 Con la composita raccolta "Simmetrie" Alfredo
Rienzi ci dà la prova di essere un poeta dalla cifra
originale nel panorama della poesia italiana
contemporanea. Tale originalità la si deve al fatto che
tutta la sua raccolta è sottesa ad un senso mistico
alchemico che ha come  referente le filosofie orientali
nelle loro teorie che, di solito, si applicano alla vita
quotidiana (vedi il buddismo zen), per rendere, nei Paesi
occidentali, dove l'industrializzazione, la
globalizzazione e il consumismo, tipici esempi del nostro
postmoderno, tendono a denaturare sempre di più
l'uomo, la vita più vivibile con un ritorno alla saggezza
di un rapporto Uomo-Universo più fondato e sano dal
punto di vista psicofisico e anche intellettuale e spirituale
e, trattandosi di poesia la materia che stiamo indagando,
il discorso si collega alla  capacità della  stessa poesia,
per quanto fatto del tutto elusivo e nelo stesso tempo
forte, di essere utile all'individuo, attraverso i due livelli,
spesso intercambiabili e sovrapponibili della scrittura e
della lettura, proprio per ritrovare qualcosa che il
progresso ha fatto perdere alle persone.
 Il testo è elegante e calibrato nelle sue quattro
scansioni: Antinomie (1997-1998), Arenile (1994-1997),
Nell'ora del male (1994-1997) e Nigredo (1995-1998).
 Il tessuto linguistico è costituito da sintagmi dei
quali le singole parole sono le unità minime: questo per
affermare che, nel gioco creativo, esiste la forte coerenza
di una struttura ben rarefatta e sorvegliata e che ogni
costrutto, di ogni singolo verso, appare ben "compresso"
nella forma metrica, spesso formata da endecasillabi, e
disposta, altro tratto piuttosto raro, attraverso il dipanarsi
dei versi "centrato" nella pagina, a darci la sensazione di
un movimento conchiuso in una forma, non rigida ma
elaborata e composta, dove la precisione e la
leggerezzza, sono le caratteristiche dominanti, pur senza
che sia presente nessuna espressione diluita,
mantenendosi tutta l'architettura, a partire dal singolo
vocabolo, per passare dalle composizioni, alle sezioni,
fino all'opera complessiva, coerente con quella suddetta
eleganza e nello stesso tempo costituita da "icastici
mattoni di segni".
 Nell'universo poetico di questo testo non c'è
spazio, non esiste la presenza del quotidiano, tutto si
risolve in una meditazione sulla vita, lo spazio, il tempo,
la natura fatta di animali, piante e naturalmente dall'io
poetante che contempla con sapienza la sua materia:
questo potrebbe farci pensare che le ripetizioni
potrebbero essere un pericolo per questo genere di
poesia: invece, quello che ci colpisce maggiormente è
proprio la capacità del poeta di rinnovarsi, di non dire
mai le stesse cose, "impastando" con rara maestria i
concetti-cardine di cui si diceva, articolandoli con una
forte dose di consapevolezza e di coscienza letteraria in
tutte le loro sfumature, i liricizzanti guizzi, non sparuti
segni di dottrine esoteriche, come dice Franco
Pappalardo La rosa nella prefazione.
 Tornando ai temi naturali, che giocano tanta
importanza nella partita di questo testo, si deve dire che
tra i topoi più frequentati di questo autore c'è il tema
dell'acqua, le "acque indefinite"  al cui interno cielo e
terra si confondono in un impasto melmoso e
primordiale, nel quale non c'è luce né monte, né caverna,
non centro né distanza:  il modo di riferirsi di questa
poesia che la rende estranea, a suo modo, dalla
tradizione italiana del dopoguerra e vicina a modelli
come quelli di Ginzberg, Corso, Ferlinghetti, tende a
confrontarsi e a fare proprio appunto, quei principi della
vita-yoga, che fu il modello espresso dalla Beat
Generation, nella ricerca di un senso di libertà e
rinascita e di pace.
 Così leggiamo nel quattordicesimo componimento
della sezione "Nigredo":-"La notte ha silenzi e mormorii
d'acqua,/ la nostra acqua lucente ed azzurrima/ ha
portato la fame e il sonno e pene/ d'ogni specie alle mani
e al corpo stanco.// Dèi sordi amano cambiar sembianze:/
la pietà e l'ondigavo capriccio/ la mezza vanità tra uomo
ed uomo./ Tacciano i Coribanti e l'universo/ Riscriva se
stesso in altre forme/ senza cielo né terre senz'ordine/ e
caos. Ma non nasconda più la mano/ chi ha raccolto le
ghiande per i porci./. Come per esempio leggiamo il
senso di una religiosità trasgressiva nel componimento
intitolato né arrivo, né ritorno:-" Non arrivo, non ritorno(
è che siamo rimasti in pochi/, dieci o/ forse meno certe
sere d'inverno, respirando muffe nella cappella/ della
chiesa sconsacrato. Un fuoco/ è sempre acceso e
danzano pallide/ memorie di fanciulle sulle note/ del
minuetto e dell'allegro maestoso,/ il silenzio è il suono
non udibile/ della terra che scorre nel cosmo/ a trentatré
chilometri al secondo/ (non veloce, non lenta)/; così la
chiesa sconsacrata di questo testo, nella cui cappella si
respirano muffe, diventa il simbolo innegabile di una
dimensione umana che, a prescindere dalle confessioni,
dalle filosofie e dalla storia è continuamente in forte
tensione con la vita che, appunto attraverso la poesia, si
abbevera di senso.

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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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