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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave Recensioni e note critiche L'agitarsi del contenuto
(della
poesia di Antonio Porta)
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l'angelo
parlò
ed
Ettore ripreso lo scudo si sdraiò nel campo dei mirti
dalla cattedrale
i filtri del vetro stavano nell'aspetto che sei.
Prendimi
tutto il tempo mio
lo spazio
mio disse la Voce dal coro trasparente sino all'altra parte
velata
della luce dello spigolo nugolo.
Prendimi
prima che gli altri mi rapiscano mi lacerino disse la Voce raschiante
prima che
mi lasci tutto agli altri
ai divoratori
della carne quelli che leccano lo spirito, istrici.
Aspetto
con testardaggine e agitazione come fui quando calpestavo i sassi leonardeschi
mi ponevo
nelle pose più provate mai dimenticata la singolare.
Dalla cattedrale
il cuore antico dice
il suo
amore all'angolo che con lo spigolo
non risolve
il problema del numero. Solamente quella immobile pulsazione verdefissa
che
scopriamo
blu bizantino appropriato transita la tempesta tra gli asfodeli nello smarrimento
del vento
sopito raccolti i brandelli o Voce nella mano strombata quello che ti dobbiamo
tempo ch'eterno
si ricompone.
Il “diario”
delle “invasioni” s'aggira, gira e s'impernia su una dichiarazione ditale
poetica,
quasi gettata, nascosta “senza data” come sempre è la poesia, invenzione
di tempo.
Palinsesto a specchi che elude l'esplicitazione totale per il giuoco della
temporalità
dato che le cose si danno al poeta che registra operando e scorge
(fa scorgere)
l'insorgere del timore, di una paura del dire, dell'entrare definitivamente
nello spazio
della luce, di bucare la coda balenifera, di circumconoscere le isole
del mare
- male come certa poesia senza idea, divertimenti senza il giuoco - di
tentare
gli arcipelaghi
della Bibbia, di Melville, di patronimici della cultura occidentale.
Il poeta
tenta una difesa per non rimanere “senza lingua” nella pagina successiva,
per poter
continuare l'oralità scritta ancora una volta: la biologicità
dell'io dove i sintagmi
dell'ontico
e del teologico sono frenati, s'infrangono nella sospensione estraniante
della
situazione
in atto che già trasporta il materiale in altro margine: nella religiosità.
Cammino:
viaggiare antico della poesia tra simbolo e metafora comunque sottesi a
trascurare
l'organizzazione formale, nuova mascheratura dell'io che appare e scompare
“pieno
di gioia” e “vuoto di spiegazioni”, poli consapevoli della contraddizione
mantenuta
che ricaccia
dentro il problema del tempo nostro: il dopo Nietzsche (non il post-moderno).
Il poeta
allaga i campi degli astri, gli dei, della natura e il “volo” scoppia dopo
cinquecentoquarantasette
brevi metri, affascina e impaura, assicura del misterico
fare non
più dissolte in schegge e frammentazioni, ma risolto in frammenti
organici
dove il
dire vuole essere detto, dato.
Sino all'opera
dove sentimento, senso, tragicità del tempo sono in quell'equilibrio
attimale
che trasforma i segnali in segni per cui il mondo rinasce e apre la “bocca
congelata”
a “tracce
luminose in pochi minuti di luce”.