Dall'inizio degli
anni Novanta, Luther Blissett si è affermato come personaggio
immaginario
sulla scena delle controculture giovanili europee. Adottando questo
pseudonimo
collettivo, migliaia di persone di diversi paesi hanno prodotto beffe
mediatiche,
controinchieste militanti, testi teorici e di narrativa. Con un
obiettivo
preciso: la guerriglia contro il sistema ufficiale dell'informazione.
Perché
centinaia, migliaia di persone decidono di adottare lo stesso
pseudonimo,
di condividere - non senza contrasti - la stessa reputazione, per
firmare azioni politico-culturali, performances, scritti teorici o di
narrativa
e, in generale, "opere dell'ingegno"? A cosa si deve il successo del
nome
"Luther Blissett" tanto sul world wide web quanto nel mondo "reale",
nelle
strade delle città europee, nell'editoria su carta stampata,
nelle
installazioni della Biennale di Venezia?
Da anni
semiologi, antropologi, studiosi delle sottoculture giovanili e del
loro
rapporto con le tecnologie si interrogano su quali siano esattamente le
caratteristiche di questa sfuggente comunità aperta... Come
può definirsi "comunità" quello che sembra soltanto un
incostante
flusso di informazioni palesemente contraddittorie? Da anni i
giornalisti
coniano strampalate definizioni, una meno calzante dell'altra:
«pirati
telematici», «terroristi culturali», «artisti
radicali»
ecc. Da anni Luther Blissett continua a spiazzare gli osservatori e a
mettere
in crisi ogni definizione che non nasca direttamente dalla prassi di
chi
sceglie di adottarne il nome.
1. Luther
Blissett Project.
Fin dai
primi anni Novanta, "Luther Blissett" si è affermato come
personaggio
immaginario sulla composita scena delle controculture giovanili (e non
solo) europee. Firmandosi con questo pseudonimo collettivo e multi-uso,
diverse persone in diversi paesi (attivisti politici e sociali,
artisti,
scrittori, saggisti - insomma, "operatori culturali" di vario genere)
hanno
prodotto riviste e fanzines (sia elettroniche sia cartacee), saggi e
opere
di fiction, dischi, performances, pièces teatrali, siti web,
controinchieste
militanti e soprattutto azioni di "guerriglia mass-mediatica" (beffe ai
danni degli organi di informazione: false notizie, depistaggi, messa in
circolazione di leggende urbane ecc). In Italia il nome inizia a
circolare
nell'estate 1994. Nel gennaio 1995, Blissett propina alla trasmissione
tv Chi l'ha visto? il caso di un inesistente artista inglese, tale
Harry Kipper (un pun inglese: "Kippered herring" significa "aringa
affumicata"), disperso tra Nord Italia ed ex-Jugoslavia. Una troupe
viene
sguinzagliata per mezza Europa a intervistare presunti amici e colleghi
di Harry, in realtà tutti complici della beffa, la cui
rivendicazione
fa scalpore e attira su Blissett l'attenzione dei media nazionali. Da
quel
momento, parte una lunga serie di beffe, sempre più clamorose.
Tra le tante
caratteristiche del pensiero e dell'azione di Blissett, quella che
più
lascia perplessi è la feroce, violenta critica al concetto di
"Individuo",
inteso come soggetto principe del diritto borghese («Uomo
Egoista»,
lo definì Karl Marx). In nome di che cosa questo concetto viene
continuamente sbertucciato, cortocircuitato, spinto al paradosso? In
certe
fasi del Progetto, è sembrato che Blissett opponesse
all'individualismo
liberale un collettivismo da Rivoluzione Culturale, cementato dal culto
di un inesistente Grande Timoniere (appunto, Luther Blissett); in
altre,
è sembrato che la critica all'in-dividuum fosse fatta in
nome della divisibilità del singolo, di un'apologia della
schizofrenia e del desiderio sfrenato, con evidenti echi
deleuzo-guattariani.
La mia immodesta opinione è che non si possa comprendere il
"comunitarismo"
di Blissett senza partire dal concetto di "mitopoiesi", creazioni di
mito.
Tempo al tempo.
2. Una definizione?
"Luther
Blissett" è uno pseudonimo multi-uso, adottabile da chiunque per
costruire un personaggio virtuale, una versione postmoderna del folk
hero, "anti-eroe dai mille volti", Waldganger la cui reputazione
è costantemente de-costruita e re-inventata da coloro che
adottano
il nome. "Luther Blissett" è metodologia dell'anti-copyright
e manifestazione della Gemeinwesen. Vi gira la testa?
3. Un glossario?
Anti-copyright.
«Per noi un individuo non è una entità, una
unità
compiuta e divisa dalle altre, una macchina per sé stante, o le
cui funzioni siano alimentate da un filo diretto che le unisca alla
potenza
creatrice divina o a quella qualsiasi astrazione filosofica che ne
tiene
il posto, come la immanenza, la assolutezza dello spirito, e simili
astruserie.
La manifestazione e la funzione del singolo sono determinate dalle
condizioni
generali dell'ambiente e della società e dalla storia di questa.
Quello che si elabora nel cervello di un uomo ha avuto la sua
preparazione
nei rapporti con altri uomini e nel fatto, anche di natura
intellettiva,
di altri uomini. Alcuni cervelli privilegiati ed esercitati, macchine
meglio
costruite e perfezionate, traducono ed esprimono e rielaborano meglio
un
patrimonio di conoscenze e di esperienze che non esisterebbe se non si
appoggiasse sulla vita della collettività [...]» (Amadeo
Bordiga,
1924). E ancora: «La tecnologia dapprima, poi la scienza, si
trasmettono
di generazione in generazione come una dotazione dell'Uomo Sociale,
della
Specie, che in tutti i suoi individui vi ha lavorato e collaborato.
Nella
nostra costruzione il Profeta, il Sacerdote, lo Scopritore,
l'Inventore,
vanno verso una pari liquidazione. L'Uomo Sociale in queste pagine
è
detto anche Individuo Sociale, il cui senso non è "persona
umana"
come cellula della Società; ma invece società umana
trattata
come un organismo unico che vive una sola vita [...] Questo organismo,
la cui vita è la Storia, ha un suo Cervello, organo costruito
dalla
sua millenaria funzione, e che non è retaggio di alcun Teschio e
di alcun Cranio. Il Sapere della specie, la Scienza, ben più che
l'Oro, non sono per noi privati retaggi, ed in Potenza appartengono
integri
all'uomo Sociale» (Amadeo Bordiga, 1957). In ossequio a questa
posizione
(oggi resa finalmente praticabile, grazie alle nuove tecnologie
di riproduzione/ compressione/distribuzione dei prodotti
intellettuali),
tutto quanto viene firmato col nome multiplo è rigorosamente
privo
di copyright, liberamente riproducibile, modificabile, perfezionabile
senza
dover rispondere ad alcuna Autorità.
Gemeinwesen.
[tedesco: essere comune] Termine usato da Karl Marx nei suoi scritti
giovanili
(1844) e poi "evocato" nelle pieghe dei celebri Grundrisse...
(Lineamenti
per la critica dell'economia politica, 1859). Indica la dimensione
collettiva della vera comunità umana, che non s'identifica con
alcuna
comunità esistente (Gemeinschaft) o gruppo limitato, ma con
la molteplicità e la ricchezza delle relazioni che il
proletariato
avrebbe potuto e dovuto creare nella stessa cooperazione sociale
capitalistica,
«una volta gettata via la limitata forma borghese», oltre
comunità
fittizie quali la "cittadinanza" e oltre la stessa lotta di classe. La
Gemeinwesen è il principio comunitario che non si
«rapprende»
mai in una data Gemeinschaft. Proprio come la comunità aperta
di Luther Blissett.
Le nuove
figure del lavoro vivo create dall'estendersi delle tecnologie
informatiche
- abituate a lavorare "in rete", a produrre comunicazione sociale, a
collaborare
(come richiede il modo di produzione post-fordista) - sono le
più
vicine a un'esperienza di Gemeinwesen. Nelle pieghe del lavoro
post-fordista
va formandosi una comunità allargata che vive con crescente
insofferenza
l'espropriazione e lo sfruttamento della ricchezza (anche
"immateriale",
relazionale, emotiva) che essa produce, a opera di parassitiche
multinazionali.
La maggior
parte delle persone che adottano il nome di Luther Blissett, infatti,
rientra
nella sempre più diffusa tipologia del lavoratore "immateriale"
e/o "atipico" (programmatori, web designers, operatori culturali,
grafici,
copy writers, traduttori, lavoratori del "terzo settore", "lavoratori
autonomi
di seconda generazione", "popolo delle partite Iva", ecc).
Folk
hero. L'eroe popolare non è semplicemente l'eroe della
mitologia,
colui che «s'avventura oltre il mondo del quotidiano, in una
regione
di meraviglie soprannaturali, dove s'imbatte in potenze favolose e
vince
una battaglia decisiva, dopodiché torna da questa misteriosa
avventura
recando in sé il potere di fare del bene agli altri
uomini»
(Joseph Campbell, 1949). No, l'eroe popolare è una leggenda
vivente,
la sua lotta non è un'allegoria del ritrarsi nella psiche,
bensì
ha luogo nel "mondo del quotidiano", o perlomeno in una sua versione
idealizzata.
Che quest'eroe sia realmente esistito o meno, i racconti delle sue
gesta
sono sempre stati materia di manipolazione collettiva, per dare una
speranza
di rivalsa e una temporanea consolazione a una limitata Gemeinschaft,
come una classe contadina oppressa da tiranni e feudatari di origine
straniera
(Robin Hood, Wong Fei Hung), o l'aristocrazia rovesciata dalla
Rivoluzione
Francese (la Primula Rossa), ecc. Questo mito rivive nelle narrazioni
guerrigliere,
da Ho Chi Mihn agli Zapatisti ecc. Luther Blissett è un folk
hero postmoderno, che non fa riferimento a un'etnia né a
un'élite,
bensì a un vasto bacino di "lavoro immateriale" che si estende
su
tutto il pianeta.
Waldganger.
Il mito nordico del ribelle che "va al bosco", come Robin Hood e altri
personaggi del genere. Nel 1951 lo scrittore reazionario tedesco Ernst
Jünger scrisse un pamphlet intitolato Der Waldgang (tit. it.
Trattato del ribelle, Adelphi, 1990), in cui descriveva la
società
come governata da modelli plebiscitari e sistemi panottici di controllo
sociale. Per sfuggire al controllo, il ribelle doveva darsi alla
macchia
e organizzare la resistenza. Nel millenovecentocinquantuno! Che
dovremmo
dire noi oggi? Intercettazioni, videosorveglianza ovunque, tracce
elettroniche
delle nostre operazioni bancarie, continue violazioni della nostra
privacy...
Darsi alla macchia è più importante che mai. Questo mito
è strettamente associato alla guerra di guerriglia, ai
cambiamenti
d'identità, alle operazioni clandestine e allo spargimento di
boatos...
4. Da che
parte è il bosco?
Lo sviluppo
orizzontale e trans-nazionale di Internet porta con sé una
cooperazione
sociale potenzialmente autonoma dalle imposizioni degli stati e
delle gendarmerie sovranazionali. Il paesaggio della Rete è la
sintesi
di diverse insubordinazioni e di alcune importanti vittorie politiche
(per
esempio la mancata approvazione del Computer Decency Act, grazie
alla campagna "Blue Ribbon" del 1996-97), ed è continuamente
modificato
dal conflitto. La Rete viene continuamente modificata dalla pirateria
informatica
e dalla violazione del copyright. La proprietà privata delle
idee
è continuamente sfidata e molto spesso sconfitta. Come
"istituzione",
la Rete sta attraversando una crisi di crescita che ha ripercussioni
sull'intera
società. A sua volta, questa crisi è un motore di
conflitto.
E' la Rete
il bosco da cui colpire. Questa non è una visione acritica (o
utopica)
del networking; ovviamente c'è un grande divario tra potenza e
atto,
ma potenza e atto sono ormai vis-à-vis, è un duello,
e la Rete è l'OK Corral. Dobbiamo mantenere questa nostra
"istituzione"
incompiuta e aperta a qualunque possibilità, impedendo allo
stato
di colmare il suddetto divario con la censura, e al capitale di
colmarlo
con la pura mercificazione. Non è solo una battaglia per la
libertà
d'espressione: è... guerra di popolo. Lotta di classe. Per
combatterla,
abbiamo bisogno di una nuova mitopoiesi. Ogni fase storica della guerra
tra classi ha bisogno di una propulsione mitologica. Oggi ci occorrono
mitologie aperte, interattive, nomadiche, nuovi folk heroes e
waldgangers,
ma anche inedite situazioni comunitarie, che Blissett chiama
«Picard
e Daton su El-Adril».
5. Picard
e Daton su El-Adril.
In una
puntata di Star Trek - The Next Generation, intitolata "Darmok"(data
astrale 45047.2) l'equipaggio dell'Enterprise s'imbatte nei criptici e
misteriosi Tamariani, il cui modo di esprimersi è totalmente
incomprensibile
agli umani e agli altri popoli della Federazione dei pianeti. I
Tamariani
sembrano comunicare tra loro enumerando nomi e date, nessuna loro frase
segue una consequenzialità logica o linguistica. Ai nostri eroi
occorre un po' di tempo per capire che i Tamariani citano episodi della
loro storia e mitologia, episodi che costituiscono dei veri e propri
"precedenti
segnico-linguistici"a cui ricondurre la situazione in cui ci si trova.
Ad esempio: «Sha'kah quando caddero le mura» può
significare
«Fallimento», «Ho sbagliato!», oppure
«Che
sfortuna!»; «Temba'h, le sue braccia aperte» si
può
tradurre con «Generosità», «Prendi questo
dono»,
o «Grazie di questo dono»; «Mira'h, le sue vele
spiegate»
sta per «fuga», «Andiamo via !» o «Io me
ne vado»; «Il fiume Temark durante l'inverno»
significa
più o meno «immobilità», «Fermo!»
o «Stai zitto!»; «Sindah, la sua faccia nera e gli
occhi
rossi» significa «morte», «moribondo»,
«sto
per morire» ecc. Il linguaggio tamariano non è
logico-referenziale
ma immaginativo-simbolico, iconico, analogico, ed evolvendosi non ha
dato
luogo a quella che noi chiamiamo "identità".
Da quel
poco che lo spettatore riesce a capire, non si tratta di una
"omologazione"
totalitaria all'interno di una società intesa in maniera
organicistica,
o (in parole più povere) di un livellamento delle differenze
individuali
in nome di una tradizione, di una memoria acritica e monumentale. Al
contrario,
i tamariani attingono collettivamente a un patrimonio di storie e di
immagini
che si modifica costantemente, e i loro rapporti interpersonali sono
una
specie di gioco di ruolo nel quale il singolo si appropria e/o si
sveste
di tutti i ruoli e di tutte le "identità"; la condivisione delle
esperienze, la comunanza e la compartecipazione emotiva, sono per loro
tutt'uno con l'essere "singoli", in quanto prescindono dal concetto di
individuo: l'Io dei tamariani è molteplice e multiverso, la loro
soggettività è decentrata. Per questo non c'è una
vera e propria distinzione tra soggetto, predicato e complemento
oggetto:
nelle frasi che ho riportato ci sono, genericamente, un "non riuscire",
un "donare", un "andare via" e un "non-agire", azioni di cui si
ammettono
serenamente la complessità, la ricchezza di significati e
l'irriducibilità
a una analisi logica. La situazione che si crea non viene definita e
intrappolata
nel linguaggio.
Il linguaggio
tamariano non è segreto né esclusivo, non è un
argot
che la comunità crea per difendersi dal mondo esterno. Anzi, i
Tamariani
vogliono condividere il loro immaginario e la loro memoria, vogliono
ampliarli
e contaminarli per capire e farsi capire. Difatti, poiché
è
impossibile capirsi senza conoscere gli stessi miti, occorre crearne
assieme
di nuovi, così Daton, il capitano della nave tamariana, si fa
teletrasportare
assieme al capitano dell'Enterprise Jean-Luc Picard su El-Adril IV, un
pianeta disabitato e inospitale, dove essi devono collaborare per
sopravvivere
e difendersi dalle irradiazioni di una energia distruttiva. Questa
situazione
si ispira a quella definita «Darmok e Tjalad a Tanagra»
(due
eroi della mitologia tamariana, intrappolati su un'isola abitata da una
Bestia pericolosa). Resta scolpito nella memoria dello spettatore il
grido
d'esultanza di Daton allorché Picard inizia a capire i suoi
messaggi:
«SUQAT, I SUOI OCCHI NON PIU' COPERTI!». Dei due si salva
solo
Picard, ma ormai il precedente è stabilito: d'ora in poi,
tamariani
e federati potranno manifestare l'intenzione di comunicare dicendo:
«Picard
e Daton su El-Adril».
6. Una conclusione?
«Picard
e Daton su El-Adril» è la necessità di trovare un
mito
di lotta, una mitologia comune a tutto l'odierno "lavoro immateriale",
quella vasta cooperazione sociale resa possibile dalle tecnologie
informatiche
(e non solo), quella galassia di soggetti che si dibatte per il
controllo
poliziesco esercitato dai rentiers della proprietà intellettuale.
La comunità
del Lbp è sempre stata tesa a creare una situazione come
«Picard
e Daton su El-Adril», il cui risultato sarebbe stato una
tipologia
completamente nuova di folk hero, eroe mosso sulla scena del mondo
dai più importanti settori dell'odierno lavoro vivo, quelli che
di fatto rappresentano al meglio lo sviluppo del cervello sociale.
Luther
Blissett è stato un primo esperimento, certo coi suoi difetti,
ma
importante, perché tendeva al superamento della miseria, della
completa
assenza di adeguati miti di lotta, della cristologia d'accatto dei Che
Guevara da T-shirt.
Diventa
anche tu Luther Blissett!
Note
Per saperne
di più sul fenomeno Luther Blissett: Luther Blissett, Mind
Invaders.
Come fottere i media, Castelvecchi, Roma, 1995; Luther Blissett,
Totò,
Peppino e la guerra psichica. Materiali dal Luther Blissett Project,
AAA, Udine, 1996; Luther Blissett, Lasciate che i bimbi. "Pedofilia":
un pretesto per la caccia alle streghe, Castelvecchi, Roma, 1997;
Luther
Blissett, Q, Einaudi, Torino, 1999; Luther Blissett Project, Nemici
dello Stato. Criminali, "mostri" e leggi speciali nella società
di controllo, DeriveApprodi, Roma, 1999. I primi due libri saranno
presto ripubblicati da Einaudi nella collana Stile Libero.
Su come
possano conciliarsi l'anti-individualismo di Blissett e la difesa di un
concetto apparentemente borghese come quello della privacy, cfr Luther
Blissett Project, Nemici dello Stato: criminali, "mostri" e leggi
speciali
nella società di controllo, DeriveApprodi, Roma 1999, pagg
165-169.
Alcuni giornalisti
hanno descritto Luther Blissett come un "pirata" o un "corsaro". E' un
errore. Ok, la net-culture e le culture underground ortodosse sono
piene zeppe di metafore marinare e, certo, "pirata" è anche chi
riproduce illegalmente materiale protetto da copyright. Ma Luther
Blissett
è un mito di terra. Non si respira aria salmastra nei boschi. Il
mare è lontano, magari un orizzonte utopico verso cui il
fuorilegge
si muove gradualmente. Se c'è un elemento utopico nella
narrazione
di Luther Blissett, si tratta dell'utopia della classe criminale:
«mettiglielo
in culo e dattela a gambe», utopia malinconicamente evocata nel
film
di Gary Fleder Cosa fare a Denver quando sei morto, un gangster-movie
i cui personaggi si salutano dicendo «Boat drinks!» (nella
versione italiana: «Al panfilo!»). E' il lieto fine di
tutti
i film i cui protagonisti riescono a fare il colpo grosso (una truffa,
o una rapina): nell'ultima sequenza, li si vede alle Antille, in barca,
col Daiquiri nel bicchiere. E' ovvio che «boat drinks!»
può
solo essere una sotto-mitologia propulsiva, non un progetto realistico,
perché non c'è più alcun "altrove", la miseria
è
dappertutto. A questo proposito, è molto istruttivo l'epilogo di
Getaway di Jim Thompson. A qualcuno è andata bene: Ronald
Biggs, l'inglese che fece la grande rapina al treno del 1963,
scappò
in Brasile e, a quanto mi risulta, è ancora lì. Ma il
Waldganger
è troppo lontano dal mare, anzi, solo chi sta nel bel mezzo
della
terraferma può coltivare «boat drinks!» come la
propria
utopia.