oh
questi voli d’angelo alla ricerca delle mani di dio
scomparse
nelle pieghe dell’universo
questi
slittamenti
e rallentamenti
di sensi
intelletto e cuore
come i
tram di notte sulle rotaie
lucide
di pioggia e consunzione
che le
guardi
e sembrano
non finire mai
come se
qualcuno avesse progettato
di ricoprire
il mondo intero
di spazi
ordinati
di scadenze
e appuntamenti
mentre
tu ripensi a Monsieur Teste
a Pound
e qualcun altro
e dentro
ti scattano per fortuna
eruzioni
terremoti
e progetti
rigorosi di disinfestazione
ché
di tanto in tanto l’erba va falciata
e solo
così i giardini pubblici
sono tutti
da calpestare
a piedi
nudi alle 5.00 del mattino
un mattino
qualunque
in cui
se uno stuolo di angeli vendicatori
teste tagliasse
e braccia e piedi
là
nelle case di spaccanapoli
o sulle
colline del vomero
il problema
l’unico
importante
sarebbe
organizzare posti in ospedale
e visioni
telematiche
quelle
fuori dell’iride e del ventre
e parole
biascicate sui computers
da mettere
in ordine bello e sparso
sui giornali
della sera
in bell’ordine
funerario
che non
ci sia uno strappo
nei veli
dei sogni né interruzioni
nelle pisciate
allegre in compagnia
in redingote
e doppiopetto
giù
a via dei mille
nelle case
belle che sanno d’antico
di nervi
saldi di morali e gesuiti
sotto mutande
costose
e reggiseni
senza ferretti
oh questi
voli d’angelo
che una
volta al minuto ti fanno morire
come stessi
al lunapark
dove si
cresce
per accelerazioni
di movimenti e d’impatti
di spigoli
mentali
d’impacchi
e pacchi culturali
da trasferire
all’ingrosso
su ordinazione
oggi per
domani
da dortmund
a pittsburgh via casavatore
per allegria
per costruirsi
un sogno
per rivisitare
memorie e scale e fiche profumate
come dopo
una canna
un litro
di vino
un amore
imprevisto
perché
da domani stesso, mi raccomando,
è
necessario aggrapparsi all’ultimo tram della notte
all’ultimo
gratta e vinci
all’ultima
donna che s’innamora di te
per incontinenza
perché
non ha nulla da fare
per i mille
giorni e le mille notti che ti ha cercato
e poi con
calma provvederemo
a trasferire
a piazza del plebliscito
il centro
del lunapark
l’occhio
del ciclone
l’ombelico
del mondo
dove l’aria
si conta a granelli di tempo
che all’imbrunire
sembrano avere un solo colore
quello
degli occhi di un corvo
di un venditore
levantino
di una
donna che vorrebbe soltanto scopare
senza tempo
e senza pietà
senza gioia
e senza regole
perché
le sta bene
perché
le va come le va
perché
gli accoppiamenti sono così
un giorno
ti svegli e pensi che tutto sia facile
senza costruzioni
e senza cultura
senza videogames
e senza scacchi
senza nominarsi
e senza spendersi
e un giorno
che le mani di dio
le trovi
a costruire un altro mondo
sospeso
fra le leggi e i voli degli angeli
le cadute
e le redenzioni
un mondo
provvisorio, dico,
quello
delle visioni dei santi
dei poeti
degli ubriachi
quando
una folla che è nella testa
esce allo
scoperto
di gnomi
folletti e uomini sapienti
e vedi
al di là
degli oggetti
con gli
occhi granulari delle mosche
un mondo
a strappi e senza confini
teso tra
le cosce e i tuoi occhi
teso come
il ventre teso delle donne coraggiose
così
che di lì a un giorno a un mese o chi sa quando
ce ne andremo,
amore, come gli angeli
in attesa
che dio la smetta di sognare