da:
MIRICAE (1891-1903)
da: PRIMI POEMETTI
(1897-1904)
da: CANTI DI
CASTELVECCHIO (1903-071912)
da: ODI E INNI
(1906-071913)
I - da: MIRICAE
(1891-1903)
Romagna
a
Severino
Sempre un villaggio, sempre una
campagna
mi ride al cuore (o piange),
Severino:
il paese ove, andando, ci
accompagna
l'azzurra vision di San Marino:
sempre mi torna al cuore il mio
paese
cui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator
cortese,
re della strada, re della foresta.
Là nelle stoppie dove
singhiozzando
va la tacchina con l'altrui
covata,
presso gli stagni lustreggianti,
quando
lenta vi guazza l'anatra iridata,
oh! fossi io teco; e perderci nel
verde,
e di tra gli olmi, nido alle
ghiandaie,
gettarci l'urlo che lungi si perde
dentro il meridiano ozio dell'aie;
mentre il villano pone dalle
spalle
gobbe la ronca e afferra la
scodella,
e '1 bue rumina nelle opache
stalle
la sua laborïosa lupinella.
Da' borghi sparsi le campane in
tanto
si rincorron coi lor gridi
argentini:
chiamano al rezzo, alla quiete,
al santo
desco fiorito d'occhi di bambini.
Già m'accoglieva in quelle
ore bruciate
sotto ombrello di trine una
mimosa,
che fioria la mia casa ai
dì d'estate
co' suoi pennacchi di color di
rosa;
e s'abbracciava per lo sgretolato
muro un folto rosaio a un
gelsomino;
guardava il tutto un pioppo alto
e slanciato,
chiassoso a giorni come un
biricchino.
Era il mio nido: dove
immobilmente,
io galoppava con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente
l'imperatore nell'eremitaggio.
E mentre aereo mi poneva in via
con l'ippogrifo pel sognato alone,
o risonava nella stanza mia
muta il dettare di Napoleone;
udia tra i fieni allor allor
falciati
da' grilli il verso che perpetuo
trema,
udiva dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema.
E lunghi, e interminati, erano
quelli
ch'io meditai, mirabili a sognare:
stormir di frondi, cinguettio
d'uccelli,
risa di donne, strepito di mare.
Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno
nero;
io, la mia patria or è
dove si vive:
gli altri son poco lungi; in
cimitero.
Così più non
verrò per la calura
tra que' tuoi polverosi
biancospini,
ch'io non ritrovi nella mia
verzura
del cuculo ozïoso i
piccolini,
Romagna solatia, dolce paese,
cui regnarono Guidi e Malatesta;
cui tenne pure il Passator
cortese,
re della strada, re della foresta.
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